Opinioni & Commenti

Decoro e sicurezza, volti indissolubili della dignità

di Franco Vaccari

Sicurezza. Decoro. Sembrerebbero riguardare aree semantiche assai distanti tra loro, la prima legata a questioni primordiali, la seconda a quelle estetiche. Le due parole invece si coniugano fra loro molto più di quanto non si pensi. Si tratta di abbandonare retaggi ideologici di vecchia data, per approdare a una cultura integrale della persona e della città. La solidarietà, infatti, genera una società bella oltre che buona e il decoro è il primo segno di una cultura della dignità. A tutte le latitudini una baracca di profughi, ordinata e pulita, rivela chi la abita.

La vita sociale si esprime in sequenze simmetriche di parole: fiducia, crescita, apertura, sviluppo oppure diffidenza, difesa, chiusura, regressione, degrado. Sotto tutto soggiacciono paura, aggressività, violenza.

La paura è una cosa seria: fa paura. Chi non vuole farci i conti sostiene – statistiche alla mano – che non c’è da averne. Errore: non si può affrontare solo sul piano razionale ciò che per definizione è irrazionale. Chi soffre di claustrofobia sa bene che l’ascensore può essere aperto anche se si ferma tra un piano e l’altro e chi soffre di vertigini non pensa che qualcuno voglia buttarlo giù, ha paura e basta. A nulla valgono le pacche sulle spalle o le bonarie rassicurazioni che richiamano l’attenzione sui dati reali. Non consolano, anzi esasperano. Non includono i fatti irrazionali tra i fatti reali e l’interlocutore che conserva questo atteggiamento perde autorevolezza. Produce fastidio, per cui se ne cerca un altro.

C’è in giro una grande paura e gli umani fanno le cose più orrende per paura. La paura va ascoltata. Non si sconfigge con le ideologie. Dare il segno che esiste una sponda, che il gioco – la vita sociale – può continuare, che non precipiteremo tutti, è l’unico modo efficace per prevenire il senso di disarmante incapacità che, al pari di un subdolo virus mortale, sembra devastare un corpo potenzialmente sano. Seguire la prognosi dopo un’azzeccata diagnosi è necessario, perché le regole condivise vanno poi applicate. Alla stessa stregua lo schifo produce schifo. Generalizzato. Più i bagni pubblici sono puliti e più gli utenti sono spontaneamente portati a mantenerli tali. Più sono sporchi e più scatta una patologica legittimazione a sporcarli.

Sono molti i piccoli comportamenti della legalità che dobbiamo recuperare, perché tutti ne abbiamo perso l’uso, dal semplice cittadino al custode della legge. Tra banalizzazioni ideologiche e enfatizzazioni strumentali, il vigile non fischia al ragazzetto che con sfrontata allegria attraversa con il rosso sotto al suo naso, quasi nessuno riprende chi sporca, molesta una ragazza, compie atti di vandalismo, perché ha paura. E quando questa è troppa, inascoltata, incontenibile esce allo scoperto e si attrezza per una violenza che si chiama giustizia-fai-da-te.

Non è faccenda di ricchezza o povertà. Bontà e cattiveria si distribuiscono nelle vicende umane come il sale e il pepe nel pane con l’olio. Ciò che dà unicità al gusto è l’equilibrio degli elementi di cui però si conserva il sapore originario. Così decoro e sicurezza sono due volti indissolubili della dignità. Questa necessita di molti ingredienti, ma ne conserva uno fondamentale: la certezza del diritto-dovere. E su questo possiamo unirci tutti: mea culpa!