Opinioni & Commenti
In attesa per la vita di Eluana Englaro
di Marco Doldi
E’ noto che la Corte di appello di Milano ha autorizzato la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione per Eluana Englaro, la ragazza che da tanti anni si trova in stato vegetativo permanente. La decisione comporta la morte certa della ragazza per fame e disidratazione, la morte peggiore che possa essere inflitta ad un essere umano. Tante sono le reazioni dal mondo medico e da quello giuridico; per esempio, l’Associazione «Medicina & Persona» ha ricordato che non è compito di un giudice stabilire criteri clinici in base ai quali dichiarare non più assistibile un paziente; inoltre, la condizione di stato vegetativo permanente non è mai identificabile con uno stato di coma irreversibile, dal quale si differenzia per la presenza di risveglio spontaneo o stimolato, di attività elettrica cerebrale presente e variabile, di movimenti di apertura degli occhi spontanei o sotto stimolo ambientale.
In medicina, il giudizio di irreversibilità di una condizione patologica, qualunque essa sia, non è criterio sufficiente per richiedere la sospensione delle cure: con questa sentenza viene data priorità assoluta a una selezione della persona, in base al solo criterio della qualità della vita. Infine, il paziente in stato vegetativo persistente non è un paziente terminale e per questo è inappropriato e antiscientifico legare la sua «idoneità a vivere» ad una eventuale condizione di reversibilità questa decisione su Eluana è una condanna a morte perpetrata per legge in nome della pietà. Pertanto, la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione a una persona in condizioni generali stabili, in stato di coma permanente da anni, senza l’evidenza di alcun peggioramento clinico che ne indichi l’approssimarsi della fine, è eutanasia.
Per il fatto, poi, che non esiste oggi una legge in Italia che abbia approvato l’eutanasia, la quale neppure è ammessa dal Codice deontologico della professione medica 2006, la decisione è doppiamente ingiusta.
Al di là delle considerazioni mediche e giuridiche, c’è da registrare il clima di affetto che circonda la ragazza. Da 14 anni, le Suore misericordine di Lecco accudiscono Eluana come una figlia. In un’intervista, resa nota dall’arcidiocesi di Milano, si apprende che le religiose non le hanno mai prestato nessuna particolare cura medica. È una persona e viene trattata come tale. È alimentata con il sondino naso-gastrico durante la notte ed è in buone condizioni di salute. Fisiologicamente ha tutte le funzioni sane. Dicono sia una ragazza bellissima. Tutte le mattine la paziente viene alzata dal letto, lavata, messa in poltrona. Quotidianamente la portano in palestra, dove c’è un fisioterapista che le pratica la riabilitazione passiva; in stanza c’è spesso la radio accesa con la musica. È arrivata nella struttura, tenuta dalle Misericordine, nel 1994 su iniziativa dei genitori. Il padre desiderava che chiudesse gli occhi laddove era venuta alla luce. Eluana, seppure in stato vegetativo, non è stata mai lasciata sola, è inserita in una rete di relazioni: le fanno visita i famigliari, vengono anche alcuni conoscenti. C’è una rete di relazioni intorno a lei, non è abbandonata. Assicurano le religiose. Spesso ad accompagnarla in giardino sulla carrozzina sono i genitori. Regolarmente vengono due amiche. Ora le suore della clinica «Talamoni» rimangono in attesa. Vorrebbero, però, dire al papà, Beppino Englaro, che, se davvero la considera morta, allora la lasci qui da loro. Eluana è parte ormai della loro famiglia. Anche la Chiesa locale pensa ad Eluana. Lo ha fatto il cardinale Tettamanzi, ricordando che, di fronte all’inestimabile realtà della vita umana, che è sempre un bene in sé, si deve coniugare rispetto ed amore. Un amore che chiede di raggiungere la profondità propria della venerazione per ogni vita umana. E la venerazione non si ferma al riconoscimento del valore trascendente della nostra esistenza, ma esige anche l’umile consapevolezza e il coraggio di assumersi le responsabilità personali e sociali di difesa e promozione del bene della vita umana. Il parroco della chiesa vicina ha promosso una veglia di preghiera per la vita di Eluana Englaro e per tutte le persone che vivono nelle sue condizioni.
Era questo il senso del momento che ha riunito a Lecco, nella Basilica di San Nicolò, alcune centinaia di persone sotto la guida del prevosto monsignor Franco Cecchin. Una veglia per tenere aperte le porte alla vita, ma anche stare vicino a Eluana e alla sua famiglia. Intanto il papà, ha visitato l’hospice di Airuno, vicino a Lecco, dove potrebbe essere trasferita la figlia per morire, una volta che le fosse stato tolto il sondino nasogastrico che permette di alimentarla.