Opinioni & Commenti
Il messaggio di Lourdes
di Fabio Zavattaro
La grotta di Massabielle dista poca strada; anche se nascosta dagli alberi, tutti sembrano voltarsi verso quel luogo, quell’immagine. Sono uomini e donne sofferenti, feriti nel corpo, costretti su una sedia a rotelle o in una delle carrozzelle che l’Unitalsi utilizza a Lourdes per trasportare i malati. Forse sono cinquanta, attorno a due anziani che suonano una armonica a bocca: piccolo concerto che gli altri malati accompagnano con il canto, alcuni; altri, con il battito delle mani. La gioia nonostante la sofferenza; la voglia di vivere affidandosi a Maria. Torna alla mente questa immagine ascoltando le parole di Papa Benedetto che dice: «la Vergine Immacolata ci mostra che la fede cristiana non è un peso, ma è come un’ala che ci permette di volare più in alto per rifugiarci tra le braccia del Signore». Ancora, «davanti a Maria, in virtù proprio della sua purezza, l’uomo non esita a mostrarsi nella sua debolezza, a consegnare le sue domande e i suoi dubbi, a formulare le sue speranze e i suoi desideri più segreti. L’amore materno della Vergine Maria disarma ogni forma d’orgoglio».
Una seconda immagine: due bambine, poco più di una decina d’anni d’età, con una brocca in mano e dei bicchieri. Ad ogni malato la stessa domanda: ha sete? Vuole dell’acqua? Il miracolo di Lourdes è anche questo trasformare l’uomo: renderlo attento ai bisogni più piccoli, capace di aiutare chi soffre; saper gioire anche nella prova più difficile.
Questo è il messaggio che viene dalla grotta di Lourdes. Lo ricorda Papa Benedetto nelle parole che pronuncia domenica alla messa presieduta nella grande spianata, la Prairie, davanti a circa 150 mila persone. È messaggio di conversione e di speranza che parte proprio dalla grotta e da quel segno di croce che è, in qualche modo, «la sintesi della nostra fede, perché ci dice quanto Dio ci ha amati; ci dice che, nel mondo, c’è un amore più forte della morte, più forte delle nostre debolezze e dei nostri peccati. La potenza dell’amore è più forte del male che ci minaccia. È questo mistero dell’universalità dell’amore di Dio per gli uomini che Maria è venuta a rivelare qui, a Lourdes. Essa invita tutti gli uomini di buona volontà, tutti coloro che soffrono nel cuore o nel corpo, ad alzare gli occhi verso la Croce di Gesù per trovarvi la sorgente della vita, la sorgente della salvezza».
La sofferenza prolungata «rompe gli equilibri di una vita, scuote le più ferme certezze della fiducia e giunge a far disperare del senso e del valore della vita». Vi sono combattimenti «che l’uomo non può sostenere da solo» e quando la parola «non sa più trovare espressioni adeguate, si afferma il bisogno di una presenza amorevole». Le parole di Lourdes sono un messaggio di fede, di speranza; là dove la ragione non arriva a comprendere appieno i segni e le prove, ecco l’abbandonarsi nelle mani di Maria, il confidare in un medico che non resta fuori della sofferenza; medico non alla maniera del mondo: Cristo.
La tappa di Lourdes di Benedetto XVI è Vangelo della sofferenza, pagine di amore per l’uomo, parole che si coniugano con la gratuità dei gesti e dell’amore. Ma la sofferenza è lì, interpella tutti noi, incapaci di trovare risposte. Papa Ratzinger amministra il sacramento dell’unzione degli infermi. Occasione per lui di dire: «la sofferenza è sempre una straniera. La sua presenza non è mai addomesticabile. Per questo è difficile sopportarla, e più difficile ancora accoglierla come parte integrante della propria vocazione». Ecco allora che la presenza di Cristo «viene a rompere l’isolamento che il dolore provoca. L’uomo non porta più da solo la sua prova ma». Senza l’aiuto del Signore, «il giogo della malattia e della sofferenza è crudelmente pesante». E il Papa può esprimere la «convinzione che i tempi sono favorevoli a un ritorno a Dio».
Ecco così il messaggio che viene da quella grotta dove la Madonna è apparsa 18 volte a Bernadette Soubirou: il sorriso di Maria è per tutti, in esso trovano conforto e sollievo coloro che soffrono. Quel sorriso non è questione di sentimentalismo devoto e antiquato; non è un pio infantilismo. È un sorriso che illumina il mondo.