Opinioni & Commenti
Quaresima, un bagno d’umiltà per costruire relazioni autentiche
di Franco Vaccari
Nell’epoca in cui se non sei una notizia non esisti, entrare nei quaranta giorni dell’umiltà sarà difficile per tutti. Ciò non di meno necessario. Anche per chi non è cristiano, per chi non vive analoghe esperienze in altre appartenenze religiose, c’è bisogno di qualcosa di simile alla Quaresima. Perché questa antica tradizione condensa una profonda conoscenza dell’uomo: il suo bisogno di silenzio, di interiorità, di ricentratura, per costruire relazioni autentiche. Urgenze che possono essere soddisfatte con semplici mezzi che diremmo trasversali, interculturali, in una certa misura universali.
Però lo sappiamo: prima del digiuno, dell’elemosina, della preghiera e delle opere di misericordia occorre rivestirsi di umiltà, regina di ogni virtù. Senza umiltà i mezzi offerti restano tecniche e non si entra in Quaresima. Teodora, madre del deserto, ammonisce che «non l’ascesi, non le veglie, né alcun’altra fatica salvano, ma soltanto l’umiltà sincera». L’umiltà è un prerequisito per amare, per cercare l’altro senza strumentalizzarlo, per non essere un cembalo che vibra o un tamburo che assorda. L’umiltà è, così, un terreno su cui esercitare non solo la propria ascesi cristiana, ma anche la chiamata al dialogo di chi cristiano non è, un appello apocalittico in un’epoca di crisi. Mai come in una crisi, infatti, personale o comunitaria, si può diventare umili: sine humiliatione, nulla humilitas! Pur sapendo bene che si può anche morire umiliati e presuntuosi.
Nell’epoca in cui il virtuale domina sul reale e la realtà è surclassata dalla finzione, in cui gli strumenti dell’apparire seducono molto più dell’intima gioia dell’essere, il tempo è davvero propizio per fare Quaresima e da qui selezionare i compagni di strada, lasciando i buontemponi e gli storditi al loro finale già noto. Perché l’autosufficienza, l’idea di un dominio assoluto sulla vita propria o altrui, la strisciante ideologia della libertà idolatrata e fondata su se stessi, è la radice di ogni chiusura. Mai dichiarata. Anzi, mascherata della più alta dignità e presentata come unica affascinante prospettiva, la libertà svuotata dell’umiltà è l’astuzia dell’Ego che non si misura con gli altri. Chiusura. Per costoro la Quaresima si presenta come un’eco sbiadita di un rito d’altri tempi, come una fuga mundi, una rinuncia al piacere.
Da chi invece ritiene di non essere la prima e l’ultima parola su se stesso, per chi si pensa creatura, la Quaresima o un qualsiasi altro percorso verso l’umiltà è l’occasione per una visione profonda dell’uomo, per la stessa salvezza personale e comunitaria. Certo, apertura non è ancora salvezza – che viene dall’Alto – ma è certo la forma umana entro cui la Salvezza si manifesta. La gioia luminosa di essere cristiani ci spinge a invitare alla Quaresima uomini e donne di ogni pensiero e di ogni fede, per imparare ad amare e, così, diventare liberi. Il Beato Angelico ci racconta mirabilmente l’inizio del cammino di amore di Maria. La risposta all’angelo che le annuncia la nascita del Figlio la pone in quell’istante misterioso che ogni donna incinta sa e altro non è che la prima apertura. In quel presagio il suo volto e tutto il suo corpo diventano l’icona dell’umiltà che si apre per divenire grembo accogliente di un amore dolcissimo e al tempo stesso straziante.