Opinioni & Commenti

Pietro torna alla sua Terra, alla Terra di ognuno di noi

di Rodolfo Cetolonivescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza

Buon Pellegrinaggio, Papa Benedetto! È atteso, pare da tutti, con una certa ansia, come per le cose delicate e preziose che si desiderano, ma per le quali si ha anche tanto tremore al momento del loro realizzarsi. Il viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa ha il valore simbolico e i contenuti di fede di ogni pellegrinaggio del Papa quando si reca in un luogo santo: c’è il suo ministero che quasi si mette in ginocchio, che cerca luce, si affida… e c’è anche il suo alto magistero che, con gli stessi gesti e attraverso le stesse parole, manda importanti messaggi.

«Pietro» torna ai luoghi della chiamata, dell’amicizia, della morte e della resurrezione del suo Maestro… ai luoghi del primo articolarsi della Chiesa attorno a lui…

È un passo che la Chiesa deve fare sempre di nuovo verso le proprie origini evangeliche, e la Terra Santa ne dà la consistenza storicizzata, lo spessore di evento nella carne umana, il legame col sangue, il suo situarsi i  quelle valli, tra quelle colline, nei villaggi e nelle città di quel fazzoletto di terra.

Una fede cristiana che lì, in particolare, si scopre nata da un Dio che ama la storia, se ne fa protagonista, vuole incidere in essa e muoverla verso il nuovo, l’eterno. Un Dio che nella storia si espone ad esserne vittima, proprio per esserne anima.

Per questo è un viaggio più trepidamente atteso di tanti altri. Dal Papa stesso, ma anche da tutti noi, nella Chiesa, che proprio dalla storia riceve doni e stimoli, appelli e umiliazioni, ferite e provocazioni.

Andare a Gerusalemme è come guardare alla Gerusalemme della storia e alla Gerusalemme del cielo, un tornare al passato e un aprire brecce nel futuro, un affondare le radici e un respirare a pieni polmoni lo Spirito che vorrebbe fare di ogni casa un cenacolo, di ogni piazza una città santa, di ogni croce un albero della vita…

Correndo il rischio sempre nuovo che ha corso l’Incarnazione: quello dell’inafferrabilità del suo mistero tra il perdersi nel temporalismo e il fuggire nello spiritualismo.

Anche per Benedetto XVI è la sfida che la sua persona dà al nostro tempo e che lui stesso riceve dal nostro tempo… Lui va a quei luoghi dove «ognuno è nato», a guardare, ad ascoltare: «cercando di raccogliere qualche eco della sua parola di Maestro», come diceva Paolo VI nel suo viaggio del 1964.

La storia però è anche attualità e il viaggio avviene in un momento per nulla facile, timoroso quasi di sperare, tanto è indurito da infiniti smacchi nel percorso della giustizia e della pace.

Chiediamo per il nostro Papa il dono della parresia forte e amorosa verso quella Terra, quelle religioni, quelle chiese, quei popoli, quelle nazioni, quelle minoranze, quei governi e quei movimenti.

C’è tanta attesa, quasi ansiosa da parte di alcuni, nel timore che il suo viaggio sia strattonato verso questa o quella parte, che il suo sguardo non abbia tempo di fermarsi su questa o su quella piaga, che proprio gli infiniti giochi di una situazione troppo complessa lo distolgano dai nodi più duri, quali l’occupazione, le insicurezze, le alleanze, i rifiuti di riconoscimento, le difficoltà di movimento per gli abitanti, i documenti incerti, i permessi… i passi all’indietro rispetto a grandi momenti di speranza vissuti anche nel viaggio del suo predecessore nel 2000.

Benedetto XVI va per tutti e tutti lo attendono, ma potranno i cristiani dirgli che loro, più di tutti hanno bisogno di lui, del loro Pastore?

Va, scegliendo questo o quel luogo, e ognuno ha la sua valenza interpretabile a secondo dei punti di vista, ma quella terra tutta ha bisogno che tutti i suoi abitanti sussultino di gioia e di speranza alla sua visita.

Ha bisogno di essere sorpresa  in un momento in cui tutto sembra condizionato da calcoli e misure politiche, di parti contrapposte…

Pietro torna alla sua terra… che, anche attraverso di lui, è diventata la nostra terra. Là sono i nostri fratelli di fede e tanti uomini e donne che hanno diritto alla pace, alla terra, alla speranza, al futuro loro e dei loro figli.

Quella terra non è solo uno spazio geografico importante nello scacchiere del mondo: questo guardarla così l’ha fatta indurire come un grembo invecchiato, incapace di generare vita, fraternità, pace giusta…

Se questo pellegrinaggio fosse come la visita di Maria ad Elisabetta! «Appena giunta la salutò e il bambino sussultò nel grembo…».

Che la tua piccola figura bianca arrivi là, come una carezza, umile, forte e feconda.

Ci vai anche con tutti noi e tutti, quelli che vi abitano e noi che siamo qua… Attendiamo tutti un battito d’ali nuovo: ebrei, cristiani, musulmani…palestinesi e israeliani… tutti, al di là di ogni denominazione e razza, figli di un Dio che ama la storia, che lì si è fatto carne.

Tutti i bambini, tutte le mamme, tutta la gente…

I grandi piani sembrano aver stancato il cuore di troppi, fino a farli credere inutili…

Se il tuo sguardo, incrociando quello dei potenti di una parte  sapesse farlo incontrare con quello gli altri e se, abbassando con te gli occhi, incrociassero quello dei poveri, dei piccoli, dei feriti!…

Se il tuo saluto facesse sussultare la speranza di pace!…

Se il tuo affiancarti al loro cammino, leggendo con loro la storia, riuscisse a scaldargli il cuore in petto… quanti sentirebbero di nuovo la parola Pace!

È il saluto del Risorto: Vai verso di Lui, sia con te nella sua Terra!

LO SPECIALE: Benedetto XVI in Terra Santa