Opinioni & Commenti
Nelle difficoltà del presente un’esperienza di futuro e di speranza
di Adriano Fabris
C’è una portata simbolica molto forte nell’immagine che campeggia sui manifesti del convegno diocesano di Lucca. È l’immagine di un luogo che si apre, nella prospettiva di un colonnato, a una dimensione ulteriore. Si tratta di un abside (quello della chiesa di San Frediano) verso il quale lo sguardo tende. «Cristo e il futuro dell’uomo», il titolo del convegno, indica appunto questa prospettiva di apertura: qualcosa che è già ma non è ancora compiuto; qualcosa che è capace di orientare il cammino ma che richiede di essere pienamente realizzato.
A ben vedere, però, il simbolo prescelto per il manifesto indica anche altro. Non c’è soltanto una prospettiva che apre verso uno sfondo da raggiungere. C’è anche la possibilità, nello spazio del colonnato, di sperimentare il movimento inverso: quello per cui il futuro è già nel presente e lo anima; quello per cui l’uomo può porsi in cammino perché Cristo è già venuto a lui. E in effetti proprio sul tema «Dio alla ricerca dell’uomo» ha condotto la sua riflessione introduttiva ai lavori della seconda giornata don Federico Giuntoli, mostrando come Dio si riveli anche nel conflitto e come, nel conflitto, sia già contenuta la speranza. Ma l’incontro non può essere unicamente interiore, non può avvenire solo nello spirito. Dev’essere visibile. Deve farsi concreta testimonianza.
E qui interviene l’intuizione felice dell’Arcivescovo Castellani: quella di aprire, con questi convegni diocesani, la Chiesa alla città. Non solo in termini metaforici, ma realmente. Durante il convegno sono state proprio le chiese, gli edifici delle chiese del centro storico di Lucca ad essere aperte, la sera, per ospitare un dibattito al quali chiunque fosse interessato, credente o no, poteva partecipare. I temi affrontati, dunque, hanno riguardato le nostre esperienze quotidiane.
Il filo conduttore della prima giornata è stato il modo in cui viviamo le nostre relazioni. Se infatti ciascuno di noi è un essere in relazione non dunque un individuo isolato, come certa cultura c’induce a credere , allora ciò che va davvero pensato sono le forme in cui questa relazione si declina e si sviluppa.
Riprendendo in parte la griglia degli ambiti del Convegno di Verona del 2006, ciò che è stato proposto alla riflessione e al dibattito, molto partecipato, è stato il tema della relazione che interessa la vita, la vita umana (le questioni di bioetica), quella che si sviluppa fra le varie generazioni (le questioni connesse all’educazione), quella che riguarda il lavoro e le nuove povertà (le questioni legate alla crisi economica), quella che investe le problematiche dell’accoglienza (le questioni della convivenza interculturale e interreligiosa), quella che concerne propriamente la dimensione religiosa (la questione del rapporto con Dio).
Si tratta, come si vede, di questioni concrete. Che sono state affrontare senza preconcetti ideologici, ma anzi con una grande volontà di ascolto e di dialogo. Un dialogo che è la diretta conseguenza di quel tentativo di «pensare umanamente l’uomo» che era stato compiuto da Emilio Baccarini nella sua conferenza introduttiva. Ma questo, come dicevo, è solamente un modo di vivere quella prospettiva che, nell’esperienza della relazione, rende l’uomo consapevole di essere già sempre al di là di se stesso. Il percorso indicato dal colonnato può infatti essere pensato e vissuto come simbolo di un movimento ulteriore.
E allora lo stesso titolo del convegno di Lucca cambia di senso con la semplice aggiunta di un piccolo segno, di un accento: «Cristo è il futuro dell’uomo». Si tratta di un annuncio. Si tratta di una promessa. Che è già contenuta nei testi evangelici. Ecco allora che la seconda giornata del convegno lucchese ha preso l’avvio per il dibattito da alcune citazioni dal Nuovo Testamento. Esse hanno offerto l’occasione di approfondire, da un punto di vista specificamente cristiano, le stesse tematiche discusse nella giornata precedente. E appunto in questa luce i temi della vita, dell’educazione, del lavoro, della convivenza, del rapporto con Dio sono stati ricondotti a quella dimensione di cui parlano appunto i Vangeli: la dimensione, cioè, nel quale l’azione umana trova il suo senso nel quadro di uno specifico legame con Dio. Che cos’è, allora, il convegno diocesano che si svolge a Lucca ogni giugno? Per l’Arcivescovo «è un appuntamento ormai consueto che vuole farci incontrare con la bellezza dell’annuncio cristiano per ritrovare l’entusiasmo e la gioia della nostra fede».
In altre parole, è un modo, per i credenti, di uscire dagli ambiti ristretti della propria attività quotidiana e di trovare nuove possibilità di confronto. Ma forse è anche qualcosa di più: è l’occasione, anche nelle difficoltà del presente, di fare un’esperienza di futuro e di speranza. Cioè per vivere pienamente, tutti, le nostre relazioni con tutti, e per cercare di viverle in modo buono.