Opinioni & Commenti
La sceneggiata di Gheddafi. Perché da noi succede?
di Riccardo Moro
Quanto inchiostro versato per l’ennesima sceneggiata di Muammar Gheddafi È difficile formulare considerazioni sensate in mezzo a tutto il clamore generato dalla visita del colonnello in Italia. Vorremmo sottrarci al gioco di chi consapevolmente o meno alimenta reazioni e provocazioni, in una confusione che ha come obiettivo quello di nascondere da un lato l’inconsistenza politica, dall’altro gli affari. Sì, inconsistenza. La “Guida della grande rivoluzione della Jamahiriya araba socialista libica del 1° settembre, come ama farsi definire ufficialmente in alternativa alle altre due formule, Capo fraterno e guida della rivoluzione o Re dei re dell’Africa, ha tentato negli ultimi anni di giocare un ruolo internazionale rilevante, ma senza successo.
Messo nell’angolo dalle potenze occidentali a seguito dell’evidenza delle sue responsabilità nell’attentato di Lockerbie del 1988, Gheddafi, dopo anni passati a finanziare i movimenti antioccidentali più fondamentalisti e violenti, ha cambiato diametralmente negli ultimi anni le sue posizioni, cedendo il ruolo di nemico irriducibile degli Usa e dei suoi alleati per trasformarsi nei fatti in un leader dalle posizioni moderate in campo internazionale. Braccato dai servizi segreti anglo-americani e dal Mossad, preoccupato della sua sopravvivenza, fisica e politica, e sentendo venir meno anche il consenso in patria, ha cercato di vendersi nella maniera migliore, offrendo, in cambio del suo mantenimento al potere, disponibilità politica e accordi commerciali.
Così sul piano politico Gheddafi, abbandonata la causa pan-araba e il terrorismo, ha iniziato con la stessa esuberanza a promuovere il processo di aggregazione che ha portato all’Unione africana (Ua), finanziandone passi importanti, con la benedizione segreta dell’Occidente. Durante l’anno scorso i leader africani lo hanno nominato alla presidenza pro tempore dell’Ua, sperando che il suo ruolo potesse essere utile per migliorare i rapporti sia con l’Occidente sia con il mondo arabo e musulmano. Ma Gheddafi oltre l’indipendenza politica ha esaurito anche il suo credito: la sua presidenza è stata del tutto inefficace e con suo dispetto a gennaio di quest’anno l’incarico non gli è stato rinnovato. Interessante in proposito è leggere i commenti della stampa nei vari Paesi africani. Indispettiti i commenti dopo la penosa figura all’assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre, addirittura spocchiosi gli editoriali pubblicati dopo l’ultima riunione del Consiglio di pace e sicurezza dell’Ua a Kampala all’inizio di agosto, che definiscono il leader libico folklore vecchio e irrilevante.
Gheddafi ha bisogno dell’Italia, che gli offre un palcoscenico unico per mostrarsi, soprattutto alla tv libica, come paladino dell’orgoglio nazionale, arabo e musulmano. La spirale di provocazioni ad effetto in cui Gheddafi si avvita sempre di più, per essere chiari, è efficace solo in Italia. Nessuno all’estero gli offre spazi per una tenda inutile e inutilizzata, né aspiranti veline ad ascoltarlo a pagamento. Perché da noi succede?