Opinioni & Commenti
Settimana sociale, un confronto per trovare la direzione da seguire
di Giuseppe Savagnone
La 46a Settimana sociale dei cattolici italiani (Reggio Calabria 14-17 ottobre) si svolge in un momento estremamente complesso e delicato della vita del Paese. È sotto i nostri occhi la crisi di una classe politica che ha dimostrato tutte le proprie carenze, non solo dal punto di vista dei contenuti ideali da molto tempo, ormai, latitanti sia nel polo di destra che in quello di sinistra , ma anche da quello etico. Ne è conseguita, in questi ultimi mesi, una drammatica paralisi della vita pubblica, avvitata sull’interminabile, squallido gioco al massacro che ha diviso la stessa maggioranza, vanificando il vantaggio che le veniva dal larghissimo consenso degli elettori. Né dall’opposizione anch’essa divisa e sbandata si è data l’impressione di poter offrire un’alternativa credibile allo sfascio in corso. Tutto questo, nel pieno di una difficilissima situazione economica che, malgrado le reiterate assicurazioni degli esponenti del governo, appare sempre meno passeggera o forse lo è solo per i ricchi e rischia di spingere verso i livelli più bassi di vita il ceto medio. Contemporaneamente, le denunzie della Corte dei Conti e le cronache dei giornali segnalano che la corruzione e le malversazioni sono addirittura superiori a quelle dei tempi di Tangentopoli, con la differenza che nella Prima Repubblica spesso si rubava per rifornire le casse dei rispettivi partiti, adesso lo si fa per le proprie. Mai come oggi, insomma, il richiamo al classico tema del bene comune sembra ridotto a una formula vuota e anacronistica. E mai come oggi gli appelli all’ottimismo suonano frutto di una fatua retorica.
Acquistano un singolare rilievo, in questo contesto, il titolo della Settimana sociale «Cattolici nell’Italia di oggi» e soprattutto il sottotitolo: «Un’agenda di speranza per il futuro del Paese». Tra i due vi è indubbiamente una connessione. L’avvento della Seconda Repubblica ha segnato una diaspora del mondo cattolico non soltanto per la fine della Democrazia cristiana, ma anche sul piano dell’incidenza politica. I cattolici, più che «presenti» in entrambi gli schieramenti, allo stato attuale vi sembrano assenti. Almeno quanto a peso culturale e influsso etico. Ma questa loro irrilevanza non ha portato fortuna, evidentemente, all’Italia. È dunque ora che essi si risveglino e riprendano un ruolo da protagonisti. Non per sete di potere, ma per restituire al nostro Paese un futuro che gli è stato rubato. Solo loro, allo stato attuale, possono proporre un’agenda di speranza di cui si sente un’estrema urgenza, se non si vuole che la disperazione esasperi lo scontro sociale, aprendo lo spazio al ritorno di oscuri fenomeni di cieca violenza.
Non si tratta di ricostituire un partito unico. Il passato non ritorna. Il problema non è di riesumare esperienze ormai concluse, ma di inventare forme nuove di presenza, che consentano ai cattolici di passare dal piano dell’impegno nella società civile, dove essi sono da sempre protagonisti attraverso un nutrito volontariato, a quello della propositività e della creatività specificamente politiche. Non a caso in questi ultimi mesi si sono fatti sempre più frequenti e pressanti i richiami del cardinale Bagnasco e della Cei alla necessità che una nuova generazione di politici emerga dal mondo cattolico. C’è un vuoto immenso da riempire e la gerarchia ecclesiastica avverte il disagio di dover a volte esercitare un ruolo di supplenza, nei confronti del laicato, quando si tratta di affrontare le grandi questioni della vita pubblica. La Chiesa istituzionale sa bene che il suo compito è, come ha scritto Benedetto XVI, di «illuminare le coscienze» e che spetta ai credenti laici gestire, in quanto cittadini anche se pur sempre da cristiani le questioni sul tappeto. Di fronte a tutto questo, la Settimana sociale di Reggio Calabria non si propone, evidentemente, di fornire «ricette». Ma può essere un momento di confronto e far emergere una direzione da seguire.