Opinioni & Commenti
Internet, i cattolici chiamati a portare un senso nella Rete
di Domenico Delle Foglie
«Voglio trovare un senso a questa vita», cantava qualche tempo fa Vasco Rossi, offrendo una colonna sonora a tante storie d’amore. Ebbene sì, c’è una missione per i cattolici che «abitano» il Web, e in particolare i Social Network: portare un senso nella Rete. Con questa consapevolezza si è concluso il convegno nazionale «Abitanti digitali» che ha visto convergere, a Macerata, oltre 250 fra operatori, animatori e professionisti della comunicazione via internet. Un appuntamento che suggella un cammino iniziato con «Parabole mediatiche» (Roma, 2002) , arricchito da «Testimoni digitali» (Roma 2010) e concluso, appunto, con «Abitanti digitali». Un trittico che segna una svolta nell’approccio della Chiesa italiana al tema della comunicazione e che ha visto nascere nelle diocesi e nelle comunità la figura dell’animatore della cultura e della comunicazione.
A Macerata si è manifestata una stagione della maturità e della consapevolezza. La maturità di chi ha scelto il proprio campo di testimonianza e la consapevolezza che nuove sfide ci attendono, prima fra tutte, quella digitale. Con la certezza che ormai tutti noi, nessuno escluso, siamo letteralmente immersi nell’ambiente digitale. Un nuovo territorio, un nuovo continente, abitato da milioni (presto miliardi) di persone. L’illudersi che qualcuno possa sottrarsi a questa nuova dimensione, è semplicemente illusorio. Basti pensare alla diffusione esponenziale dei telefoni cellulari, e all’estensione delle loro proprietà e funzioni, per rendersi conto di come il sottrarsi sia impossibile. Ma l’esserci richiede un supplemento di coscienza vigile.
Se di «ambiente» si tratta, già stiamo intuendo la necessità di applicare anche a questa dimensione dell’umano, un procedimento precauzionale al quale gli esperti già danno il nome di «ecologia digitale». Una definizione che ci restituisce la preoccupazione di chi sa bene che la tecnologia può prendere il sopravvento sull’uomo e farne uno schiavo, un dipendente. Non a caso, a più riprese, è stato sottolineato il valore del silenzio. Così come sono state messe in campo immagini piene di significato, come quella della campana, per sottolineare come in un mondo assordante com’è quello della Rete e del Web2.0 è assolutamente necessario porgersi come la campana che con il suo rintocco ha un rimando orizzontale e verticale. Ricorda cioè che un’ora importante del giorno è scoccata (dimensione orizzontale) ma che quell’ora ha sempre anche un suo significato «altro» (dimensione verticale). Ecco, portare un senso nella Rete è la missione dei credenti, con il distacco necessario che può nascere solo da una coscienza fortemente allenata a porsi interrogativi, a distinguere il reale dal virtuale, a non sottomettersi supinamente alle «regole» imposte da altri ma a dettare l’agenda della Rete. Verrà un tempo, forse, in cui i conflitti verranno regolati virtualmente, sulla e nella Rete. Come può accadere, già domani, che lo scontro culturale o la competizione culturale si spostino principalmente sul Web. Il passaggio dalla competizione commerciale nella Rete, già in atto, a quella culturale e valoriale può accadere da un momento all’altro. E per noi credenti, la scommessa sarà grande. Perché ci toccherà salvaguardare un’antropologia, quella cristiana, dentro un ambiente che mostra soprattutto nei Social Network una nostalgia dell’umano che va colta e valorizzata. Una nostalgia dell’umano che reca in sé il sigillo del senso religioso, impossibile da estirpare dal cuore dell’uomo.
Non siamo, dunque, spaventati dinanzi a questa sfida nuova dell’ambiente digitale, con tutte le sue seduzioni. In fondo, non siamo neanche impreparati a gestire la convergenza digitale con tutta la potenza della sua tecnologia. Di sicuro, però, non cantiamo, con Vasco Rossi «Voglio trovare un senso a questa vita. Anche se questa vita un senso non ce l’ha». Ce l’ha un senso la vita, eccome. La tua, la nostra vita. Anche se digitale.