Opinioni & Commenti
Cinema, una legge fatta apposta per quel «multiplex»
«Multiplex must go on», sembra questo l’imperativo che sta dietro all’ultima versione della legge sul cinema approvata dalla Regione Toscana al prezzo di non indifferenti lacerazioni della stessa coalizione di maggioranza. Certamente lascia perplessi il fatto che si sia licenziato un testo che sembra tagliato esattamente sulla controversa edificanda multisala cinematografica che si vuol far nascere nel quartiere fiorentino di Novoli. Dopo notevoli tentativi (vedi tentativo di acquisto della licenza del cinema Aurora di Scandicci) per riuscire a far rientrare la nuova struttura nella legge precedente, si è dovuto scegliere di riscrivere una legge che di positivo ha ben poco. Soprattutto si è licenziato un testo diverso da quello proposto in giunta e presentato alle realtà sociali in occasione delle audizioni.
Si comprende poco il significato e lo scopo di suddividere le sale cinematografiche in tre categorie: la prima fino a 4 schermi, la seconda fino ad 8 e la terza oltre questi limiti: solo per la terza rimangono in vigore i limiti di distanza che ne limiterebbero il proliferare incontrollato. Ciò che manca in tutta questa logica è il parametro relativo al numero di posti così che 10 schermi da 100 posti sono considerati in una categoria diversa e più controllata che 8 schermi da 200 (tipologia in cui dovrebbe rientrare il nascituro multiplex di Novoli).
Si dice che la legge dovrebbe favorire la nascita non solo di piccoli esercizi cinematografici ma addirittura facilitare quella di realtà di quartiere: conosciamo benissimo come il piccolo esercizio si dibatte spesso in grandi difficoltà per continuare a mantenere una presenza che in molti casi nei territori più disagiati ha più un valore sociale e culturale che economico. È questa, per esempio, la situazione di molte «sale della comunità» associate all’Acec (l’Associazione cattolica esercenti cinema) che possono continuare ad operare grazie al contributo di volontari, ma che rappresentano un legame fortissimo con le proprie realtà locali di base; sono questi i contesti in cui operano gruppi culturali, espressione dell’ambito sociale di riferimento e che rappresentano il vero anello legante fra cultura e realtà territoriali spesso disagiate.
Come può, questa legge essere di aiuto? Se è possibile facilmente realizzare strutture di 4 o 8 sale negli immediati pressi del piccolo esercizio, come si può dire di aiutarlo? Dalla nuova legge regionale non traspare inoltre un qualche interesse al sostegno alle piccole sale, reale anello legante con i contesti locali. Esiste infatti,giacente in regione, una proposta di legge mirante a supportare e a favorire la nascita di piccoli esercizi che non è riuscita, in 6 anni, a suscitare alcun interesse e che è passata nel dimenticatoio.
Oggi, l’interesse del legislatore regionale è stato assorbito chiaramente dal mero aspetto economico dell’intervento per nulla considerando i risvolti sociali e culturali: non vi è infatti presente, non dico un qualche sostegno agli operatori culturali delle piccole realtà, ma neppure il loro riconoscimento come avviene a livello nazionale nella legge sul cinema del 2004 e come era stato richiesto dal coordinamento delle associazioni di cultura cinematografica cattolica della Toscana quale emendamento alla legge regionale. In sostanza una legge che per risolvere alcuni problemi specifici ne apre molti altri lasciando insolute questioni fondamentali.