Sport

La «vita buona» del Vangelo passa anche dai campi da gioco

Parlare di «umanesimo» a Firenze può sembrare scontato. Che lo faccia un’associazione che si occupa di promozione sportiva è invece una bella notizia. Nella festa regionale che il Csi toscano organizza al Parco delle Cascine di Firenze questo fine settimana spicca, tra tanti giochi e gare, una tavola rotonda su «Nuovo umanesimo e sport» (sabato, alle 9, nell’area convegni). Coordinata dal nostro direttore Andrea Fagioli vedrà la partecipazione di mons. Carlo Ciattini (delegato Cet per lo sport), Edo Patriarca (presidente Centro Nazionale per il volontariato), Michele Tridente (vice-presidente nazionale Ac giovani) e del presidente nazionale del Csi, Massimo Achini. Previsto anche il saluto del vice presidente della Regione, Stefania Saccardi.

«Papa Francesco, incontrando il Csi in occasione del nostro 70° – ci spiega Massimo Achini – ci ha invitato a non essere mediocri, a abbandonare le nostre comodità ed a giocare in attacco nello sport e nella vita. Rilanciare un nuovo umanesimo della società di oggi attraverso lo sport vuol dire questo. Vuol dire tornare a mettere al centro “l’uomo” e considerare lo sport non il fine ma uno strumento meraviglioso per educare alla vita tutti ed in particolare i giovani. Questo è il messaggio che il Csi testimonia dal 1944. Un messaggio che oggi vogliamo rilanciare con forza, vitalità e tantissimo entusiasmo».

Presidente Achini, di nuovo umanesimo si parlerà al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze. Avete pensato ad un contributo su questo tema? Cosa può dire il mondo dello sport alla Chiesa italiana?

«Lo sport è di casa nella Chiesa e la Chiesa è di casa nello sport. In questi anni abbiamo affrontato tante sfide entusiasmanti e realizzato tanti sogni. Ma la priorità delle priorità per noi resta il progetto “un gruppo sportivo in ogni parrocchia”. Ci vorranno anni, ma vogliamo fare in modo che ciascuna delle 29 mila parrocchie che ci sono in Italia abbia il suo gruppo sportivo. Papa Francesco ha detto che “se in parrocchia manca il gruppo sportivo manca qualcosa”. Il Csi è nato per volontà dell’Azione cattolica e da sempre svolge la sua azione educativa al servizio della Chiesa italiana e di ogni singola Diocesi. Ovviamente guardando al mondo. Non vogliamo infatti dare vita ad uno sport cattolico chiuso in se stesso, ma al contrario fare dello sport (tutto lo sport) una grande occasione per testimoniare la vita buona del Vangelo».

Assistiamo purtroppo a scontri tra tifosi, bombe carta negli stadi… Cosa si può fare perché lo sport, ad ogni livello, sia sempre una palestra di rispetto e di lealtà?

«Non abbiamo ricette ma abbiamo la convinzione che questa ferita vada affrontata una volta per tutte con coraggio e rimarginata. Per fare questo servono scelte forti e coraggiose con provvedimenti chiari ed esemplari per chi trasforma lo stadio in un terreno di guerra… Serve lungimiranza, investendo davvero nella cultura sportiva e valorizzando le società sportive di base. Serve anche speranza. Guardiamo ad esempio al Sassuolo. Siamo sempre in Serie A eppure le famiglie vanno in curva, fuori dallo stadio i tifosi di casa offrono panini alla tifoseria ospite e ultimamente si è giocato senza poliziotti in assetto antisommossa dentro e fuori dallo stadio. Faccio l’esempio del Sassuolo per dire che questo dramma della violenza negli stadi può essere sconfitto».

Da alcuni anni avete lanciato la Junior Tim Cup, torneo giovanile abbinato alle partite del campionato di Serie A. Una commistione che può sembrare… pericolosa. Come valuta questa esperienza?

«Straordinariamente positiva. Il ragionamento è semplice. Si tratta di una grande alleanza educativa tra i campioni di serie A e il mondo dei ragazzi dello sport in oratorio. Da 3 anni portiamo i campioni ad allenarsi in oratorio e i ragazzi a giocare negli stadi in anteprima alle partite di serie A. Questo è uno scambio di “bene e gioia” a pari livello. I campioni devono sentire la responsabilità di essere modelli educativi per i ragazzi. I ragazzi possono portare nel mondo del calcio professionistico quella gioia e quella allegria che manca da troppo tempo. La Junior Tim Cup ha fatto giocare più di mille oratori in Italia in modo completamente gratuito grazie ad una parte del fondo per le multe della serie A ed ha costruito 3 campi di calcio in oratorio (Napoli, Genova, Cagliari). Noi siamo convinti che lo sport in oratorio debba tornare ad essere il centro di gravità dello sport italiano. Abbiamo fatto la stessa esperienza anche nella pallavolo femminile con la Volley Tim Cup. Alcune squadre di oratorio di Firenze hanno partecipato. Chiedete a loro che esperienze è stata».

Anche nei campionati giovanili si assiste spesso ad episodi di tifo violento o di razzismo, magari da parte dei genitori. Nella vostra attività di base cosa fate per diffondere anche tra i genitori degli atleti una cultura autenticamente sportiva?

«Noi vogliamo provare a rovesciare la clessidra. Non ci basta dire che i genitori sono un problema (e lo sono) e che a volte fanno passare ai ragazzi la voglia di giocare. Vogliamo trasformare i genitori in una opportunità. Per questo abbiamo predisposto il format “genitori a bordocampo” con il quale aiutiamo i genitori a riflettere sul loro comportamento e sul loro ruolo. Il prossimo anno concentreremo molto l’attenzione sul tema dei genitori».

70 anni di vita del Csi. Che bilancio può trarre e che obiettivi vi proponete per il futuro?

«Alle spalle ci lasciamo più di 25.500 giorni di impegno generoso e faticoso nelle società sportive e nelle parrocchie di tutta Italia. Centinaia di migliaia di persone in questi 70 anni hanno speso una parte importante della loro vita per educare attraverso lo sport nelle società sportive Csi. Anno dopo anno siamo cresciuti tantissimo ed oggi abbiamo più di un milione di tesserati e oltre 13 mila società sportive. I numeri per i numeri non ci interessano e non ci dicono niente. Ma sono un indicatore di un Csi che cresce e che senza mai abbandonare nemmeno di un centimetro la sua identità e la sua passione educativa. Guardiamo al futuro con grande speranza e con tanto entusiasmo. Il 7 giugno del 2014, in una piazza San Pietro gremita da 100 mila persone, Papa Francesco ci ha detto che ha grande fiducia in noi e ci ha chiesto di portare in ogni periferia umana, esistenziale, fisica, geografica un pallone per regalare speranza. È esattamente quello che vogliamo fare».

E per quanto riguarda in particolare la Toscana?

«Vorrei anche fare i complimenti a tutto il Csi Toscana, a partire dal presidente regionale Carlo Faraci ed il presidente del Csi Firenze Roberto Posarelli. Hanno fatto – insieme a tanti dirigenti e comitati della Toscana – un grandissimo lavoro e ne sono orgolioso».

Mondonico: «Negli oratori si impara la vita vera»

Alla fiaccolata di venerdì sera ci sarà anche Emiliano Mondonico (nella foto), l’allenatore che nel 2003-2004 riportò la Fiorentina in serie A. Il tecnico di Rivolta d’Adda, oggi opinionista alla «Domenica sportiva», è sempre disponibile per le iniziative del Csi, perché è convinto del valore degli oratori. «Sono luoghi importanti – ci spiega al telefono – dove giocano tutti e tutti hanno la possibilità di essere protagonisti, di faticare, di darsi da fare. Penso che nei giovani sia importante cominciare con lo sport a capire che nella vita vera, per essere all’altezza, devi fare fatica e non tutto ti viene dato senza che tu faccia fatica, non tutto ti viene regalato ma che alla lunga quello che ottieni lo ottieni sempre tramite grossi sacrifici». Fare sport in oratorio, ambiente dove c’è un’attenzione particolare per ogni ragazzo, è percià «un buon inizio per la vita reale. Dopo l’età nella quale si sta in famiglia si incomincia ad entrare in società e a capire com’è la vita, com’è la competizione, com’è la sofferenza, com’è la fatica, com’è il sudore. Penso che sia questo il grande messaggio del Csi, il grande messaggio degli oratori. Incominciare a capire che se vuoi avere qualcosa, devi darti da fare».

Quanto agli episodi di violenza che macchiano certi eventi sportivi, Mondonico ritiene che sia giusto parlarne con i giovani: «Devono imparare a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è bene e cosa è male. Perché è anche da questi episodi che bisogna trarre le giuste conclusioni. È chiaro che noi cercheremo sempre di far capire perché il brutto e sbagliato non si deve fare». È come quando un figlio chiede al papà il motorino, prosegue Mondonico: «C’è il papà che dice sì. Ed è chiaro che tutti son contenti… Ma c’è anche chi dice no, perché prima di dartelo te lo devi guadagnare. E allora bisogna spiegargli perché no». Se nella vita «sei un perdente è chiaro che vai dietro agli altri e se fai cose sbagliate non te ne accorgi neanche. Ecco la grande differenza tra essere vincente o perdente nei giovani di oggi. Ci sono quelli che si alzano al mattino e sanno che devono rimboccarsi le maniche per riuscire a tirar sera; ci sono quelli che si alzano al mattino e a loro basta partecipare. E se ti accontenti di partecipare, vai dietro agli altri».