Arte & Mostre
Prato, torna a splendere la Loggia di Maso nella cattedrale
Si è concluso il recupero cominciato a metà settembre scorso di quella che molti conoscono come «Loggia del Ghirlandaio», per la pala dipinta da Ridolfo di Domenico Ghirlandaio cui in qualche modo fa da cornice.
Il restauro è stato presentato questa mattina da Raffaele Tanzarella, presidente dell’Opera del duomo di Prato; Daniele Piacenti, il restauratore che ha curato il recupero i cui lavori sono stati diretti da Chiara Bardazzi e Cristina Gnoni, della Soprintendenza ai Beni artistici. Gli interventi, dal costo di 40 mila euro, sono stati possibili grazie al contributo finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato.
I lavori hanno riguardato il terrazzo, il soffitto che si vede sotto di esso entrando dalla porta del duomo e l’arco realizzati da Maso di Bartolomeo (1406-1456) negli anni fra il 1434 e il 1441, più o meno contemporaneamente al pulpito esterno realizzato da Donatello e Michelozzo fra il 1434 e il 1438 di cui Maso era collaboratore. Si tratta di un grande artista celebre anche per aver progettato la bellissima cancellata in bronzo che racchiude la Cappella del Sacro Cingolo.
«Consiglio a tutti i pratesi che entrano in duomo di alzare lo sguardo sopra la porta di ingresso per scoprire questo gioiello, oggi ripulito e restaurato, realizzato da uno dei maestri del Rinascimento», afferma Tanzarella. «Questa di Maso di Bartolomeo è un’opera di grande importanza ed è giusto valorizzarla – spiega la Gnoni – ha anticipato di cento anni la tribuna delle reliquie realizzata da Michelangelo nella chiesa di San Lorenzo a Firenze, anch’essa posta sopra il portale interno».
Tornando ai lavori, uno degli interventi più delicati in quest’opera di recupero ha riguardato la cimasa, la cornice che chiude il terrazzo. «Aveva subito in qualche modo una rotazione», spiega Piacenti. «È stato così necessario riportarla nella posizione originaria. I collegamenti fra le pietre erano fatti con rame e piombo fuso: le abbiamo dovute scollegarle, facendo il lavoro di Maso al contrario, e poi ricollocarle sempre col piombo fuso». Fra gli elementi che sono tornati al loro splendore originario i «chompassi» (così li chiamava Maso), ovvero gli inserti in bronzo, uno con lo stemma del Comune, sul davanti del terrazzo. «Ricordano la fattura della cancellata della Cappella del Sacro Cingolo, che realizzò lo stesso Maso di Bartolomeo», sottolinea Tanzarella.
«Abbiamo ripulito la superficie della pietra dallo sporco, quello delle candele in particolare e quello delle mani. Sono rimerse così tutte le dorature fatte sulla bellissima pietra fiesolana in cui è realizzata l’opera», racconta Piacenti. «Le dorature a foglia d’oro a mordente si trovano nelle scanalature delle cornici, nei capitelli e nelle decorazioni del soffitto: spighe e frutti come melagrani. Ma anche negli stemmi come in quello dell’Opera del Sacro Cingolo o del Comune».
Il passo successivo per valorizzare l’opera recuperata sarà un nuovo sistema di illuminazione a led, attualmente allo studio, che valorizzi gli interventi fatti.