Arte & Mostre

Un’emozione forte a vista ravvicinata

DI ANDREA FAGIOLISulla volta i quattro evangelisti, poi, sulle pareti laterali, contrapposte, le storie di San Giovanni Battista e quelle di Santo Stefano, da leggere come un «fumetto»: dall’alto al basso, da sinistra a destra e poi da destra a sinistra e ancora da sinistra a destra. E adesso, grazie ai ponteggi, si possono leggere da distanza ravvicinata, anzi: molto ravvicinata.Sono gli affreschi di Filippo Lippi nella Cappella maggiore del Duomo di Prato, quella dietro l’altare, ora coperta dal «ponteggio d’artista» firmato Emilio Farina, e aperta, nella pause di restauro, ai visitatori che vogliono vivere «emozioni forti» a contatto con la conturbante Salomè o la gelida Erodiade, ma anche con l’animalesco demonio alato che toglie dalla culla lo Stefano in fasce per deporvi un piccolo diavoletto con le sembianze del futuro primo martire. A testimonianza di come le storie del Battista (quelle sulla destra della Cappella) si basino sulla tradizione, mentre quelle di Stefano (sulla sinistra) si affidino con più libertà alle leggende, una delle quali vuole che il piccolo santo, abbandonato dal diavolo su una nave, finisse alla deriva e poi sulla terra ferma allattato da una cerva, proprio come quella che appare sulla destra del primo «quadro» e di fronte alla quale è scomparso lo Stefano bambino. E tutto per colpa dei ritocchi fatti a secco, quelli con i quali il grande Filippo Lippi «aggiornava» gli affreschi e sui quali incauti restauri ad acqua hanno fatto il resto. A sparire, infatti, non è stato solo Stefano. Un volto, ad esempio, è scomparso anche nelle vicinanze di Erodiade.Oggi, la visione ravvicinata permette anche questo: di scoprire, cioè, tutto quello che da terra non è più nemmeno intuibile.A tu per tu con i personaggi del pittore fiorentino, si coglie per intero l’estro del ritrattista e il perfetto narratore, ma anche la lezione innovativa imparata nella Cappella Brancacci, a Firenze, di fronte agli affreschi di Masaccio. Mentre di fronte alla figura luminosa della Salomè (nella fascia inferiore delle storie del Battista), cade ogni dubbio sull’influenza, a sua volta, del Lippi sul Botticelli. Ma anche Michelangelo si fermò a contemplare quest’opera, in assoluto la più importante di Filippo Lippi. Ed entrambi, ironia della sorte, sono stati colpiti, molti secoli dopo, dallo sfregio di una stessa mano folle che ha voluto così «segnare» il David michelangiolesco e la parte più bassa delle storie di Santo Stefano («La celebrazione delle reliquie») all’estremo opposto da dove il Lippi ha lasciato la sua di «firme» attraverso un proprio autoritratto.

Con l’inizio della fase operativa dei restauri degli affreschi di Filippo Lippi e con il cantiere aperto al pubblico, Prato sta vivendo realmente uno degli eventi culturali dell’anno, rendendo omaggio a uno degli artisti più importanti del Quattrocento, che visse nella città toscana la stagione più significativa della sua vita e della sua produzione artistica.

Danzando sui ponteggi con la Salomé del Lippi