Cultura & Società

Livorno dedica un’iniziativa a Modigliani nel centenario della morte

Nel corso della ricostruzione storico artistica a cura di Pierfernando Giorgetti,  domenica sarà ricordata la posizione storica di Fattori, maestro di Modigliani, di fronte all’impressionismo, entro un quadro di confronto con la cultura francese e tedesca del secondo Ottocento. Il problema della centralità della «linea» – tanto caro a Modigliani – si rivelerà già presente nell’aspro scontro che opponeva la «macchia» e gli impressionisti ai canoni ufficiali accademici delle Giurie dei vari Salons, le quali, con tutta tranquillità, escludevano dalle mostre immortali capolavori.

La «linea» di Modigliani – nella sua capacità di porsi, anche da sola, come straordinaria forza di captazione dello spazio e di radicalità di espressione delle sue funzioni e dimensioni – si pose come rivoluzionaria antitesi dell’uso ed abuso di una ben altra «linea», quella che, banalizzando se stessa negli stilemi infinitamente autoripetitivi del «floreale», dilagava nei moduli estetizzanti dell’Europa tra Ottocento e Novecento.

Modigliani, nel nome del disegno, sfidò questa età dello «stile in sé», che aveva conquistato l’Inghilterra con Aubrey Beardsley, la Francia con Paul Gerardy e la sua rivista «Florèal», l’Italia con le riviste fiorentine di inizio Novecento, l’Olanda con Van de Velde e, soprattutto, l’Austria con la Vienna dello Jugendstil. La «linea» di Modigliani condusse la sua età a considerare il disegno non più come un’arte di serie B, ma – per usare le parole di De Chirico – come «arte divina» e «scheletro di ogni opera buona», perché «i nostri maestri, prima di ogni altra cosa, ci insegnarono il disegno»

.