Cultura & Società
Settimanali cattolici: card. Bassetti, «casa costruita attraverso un linguaggio che sa farsi accoglienza e incontro»
Soffermandosi sull’ascolto, il porporato ha citato il documento dei vescovi italiani dal titolo “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”. E ha affermato che quello dei settimanali diocesani è un “ascolto del territorio, ben oltre la pura cronaca”. “Ascolto delle persone, delle comunità. Del tempo che viviamo, che rischia di non avere più interpreti autorevoli, punti di riferimento in grado di decifrarlo e orientarlo”. Secondo il card. Bassetti, “l’ascolto è un atto necessario allo svolgersi della comunicazione e prevede, anzitutto, il silenzio, condizione indispensabile per ricevere ogni parola pronunciata e coglierne il significato”. “L’ascolto è anche essenziale per riscoprire la bellezza di un’appartenenza, di far parte di una comunità, di una Federazione”, ha aggiunto. Di qui un incoraggiamento ai direttori dei settimanali: “Sappiate ascoltarvi con umiltà e pazienza; tendete a costruire reti di condivisione all’insegna della stima e della valorizzazione reciproca; guardate più in là dell’immediato, lasciandovi illuminare da quella Sapienza che, mentre aiuta a leggere il presente, sostiene nelle difficoltà e nella fatica, dando ali d’aquila al vostro servizio”.
«L’ascolto è una caratteristica essenziale – vorrei dire, è l’inchiostro – dei settimanali. Non un ascolto passivo o distratto, ma attivo e accogliente» ha affermato Bassetti. Soffermandosi sulla questione del linguaggio, il porporato ha ricordato che “è stata da subito determinante nella storia della Fisc e di estrema credibilità”. Dopo aver citato Giovanni Fallani, primo direttore del Sir e per anni segretario della Fisc, il card. Bassetti ha evidenziato che “attualmente, i riferimenti più diffusi, anche nei media, sono l’apparire, il consumare, l’acquistare”. “La stessa informazione viene spesso vista solo come un prodotto da vendere. La conseguenza peggiore di tale mentalità è il progressivo svuotamento di significato di molte parole appartenenti al vocabolario della vita, della fede, della Chiesa”. Nell’omelia del cardinale, anche la constatazione che “le parole, quando sono appesantite da chi ama più raccontare il proprio ‘ego’ che raccontare l’’altro’, rendono difficile la comprensione del messaggio, non consentono la formazione di una corretta opinione pubblica e, nell’informazione religiosa, non riescono a comunicare appieno la vita ecclesiale e civile delle nostre comunità”. “Da questa deriva si è consolidato e diffuso un analfabetismo, che impoverisce tutto e tutti”, ha aggiunto. Quindi, il presidente si è chiesto: “Come uscirne?”. “Proprio l’esperienza secolare dei settimanali diocesani indica che l’antidoto sta nella ricerca di un linguaggio che consenta al messaggio di essere comprensibile e di ‘insegnare’”.