Cultura & Società
Giornate dell’editoria cattolica: verso un «network digitale globale»
Creare le basi per un network globale degli editori cattolici, a partire dalla «connessione» come «parola che interpreta di più il nostro tempo» e dal «fare rete» come strategia più idonea da adottare. A lanciare la proposta, in apertura dei lavori, è stato Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, che in questi giorni ha organizzato a Roma, in collaborazione con l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, le Giornate internazionali dell’editoria cattolica, a cui hanno partecipato 50 rappresentanti provenienti da tutti il mondo per confrontarsi sulle sfide poste dall’ambiente digitale. «Se comunicare significa mettere in comune – ha concluso il prefetto – non dobbiamo coltivare i nostri orticelli, ma costruire una fattoria», tramite «architetture mediatiche in cui far confluire i nostri media e collegarci con i media altrui». In un mondo dove «tutto è connesso», come sottolinea a più riprese Papa Francesco nella Laudato si’, la «sinodalità» invocata da Bergoglio comporta la necessità di «assumere una modalità più ecclesiale nel nostro ministero culturale e religioso», ha aggiunto fra’ Giulio Cesareo, responsabile editoriale della Libreria editrice vaticana .
«Oggi è il tempo della creatività: se la Chiesa ha qualcosa da proporre, deve manifestarlo, non predicarlo». È la tesi di padre Marko Ivan Rupnik, teologo, artista e direttore del Centro Aletti, secondo il quale i cattolici scontano «un enorme ritardo culturale», di circa un secolo: «Invece di lavorare sulla vita delle persone, lavoriamo ancora sui concetti e sulle idee. Non abbiamo capito che è finita un’epoca e ne è cominciata una nuova». «Oggi è il tempo dell’essenziale, e non dei dettagli», il monito del gesuita, «e l’essenziale è il linguaggio della vita, legato a un nuovo modo di esistere». «Noi siamo malati della stessa malattia del mondo: l’individualismo», ha denunciato Rupnik: «Oggi bisogna far vedere che la vita che riceviamo è comunionale, e si realizza includendo l’altro». Gran parte del mondo cattolico, invece, «è in preda alla paura. Non possiamo difendere lo smantellamento delle strutture, disperdendo energie per cose che profumano di morte, invece di creare cose nuove».
L’informazione è il «core business» di Google, e il mondo dell’editoria cattolica «può rappresentare un incredibile valore per condividere un’informazione di qualità». Lo ha spiegato Giorgia Albertino, direttrice Google relazioni istituzionali e politiche pubbliche per il Sud Europa. Anche sul web, «la qualità dell’informazione fa la differenza», ha detto l’esperta soffermandosi sul ruolo «particolarmente rilevante» di essa nella battaglia per contrastare le fake news: di qui il «ruolo delicato» dell’informazione cattolica, che rappresenta uno dei «topic» di Google. Tra i fattori determinanti per calcolare il «ranking», c’è la rilevanza, cioè «la capacità di rispondere realmente alla domanda di informazione degli utenti». Per essere sul digitale, il messaggio rivolto agli editori cattolici, «c’è bisogno di essere davvero presenti sui social, tramite una presenza attiva e proattiva che comprenda anche la capacità di moderare il dibattito. Altrimenti, si rischia di essere travolti dai commenti degli altri, invece di guidarli». Molto spesso, però, i piccoli editori «non hanno gli strumenti tecnologici» per svolgere questo compito.
Anche per Nick Norris, fondatore di «Canvas 8», una realtà che aiuta le aziende a tarare la propria offerta sulle esigenze e le aspettative dei consumatori, «per gli editori cattolici la sfida più grande è produrre in digitale». «Il 1994, anno di nascita di Amazon, sembrava aver segnato la morte dei libri, la fine dell’editoria», ha detto l’esperto: «Oggi, invece, possiamo dire che il kindle non solo non ha distrutto l’editoria, ma è passato dall’essere un dispositivo all’essere una piattaforma». «Se si vuole migliorare la comunicazione, prima bisogna conoscere il proprio pubblico», la ricetta di Morris, che ha fatto notare come «dal 2017, l’anno delle fake news, le vendite dei giornali sono aumentate», segno che la «credibilità» è una merce ancora ricercata dagli utenti della rete. Il 1994 – la fotografia scattata dal relatore – era ancora l’anno della «bibliomania», con i libri che riempivano i nostri scaffali, ora invece è il momento del «tsundoku», neologismo che indica la tendenza sempre più attuale ad accumulare libri, magari sul nostro comodino, ma senza leggerli. «Una società diventa più digitale quando creiamo modi analogici, tangibili, per essere comunicatori», la provocazione lanciata da Morris agli editori cattolici, chiamati a «ripensare la propria posizione» tenendo conto dei nuovi prodotti digitali, come lo «smart book», il libro intelligente che «risponde alla fluidità dello stile di vita delle persone» o il «custom book», il libro personalizzato, che può cambiare a seconda dell’età di chi vuole avere l’accesso ad esso.
«Aumentare la propria visibilità, approfittando anche delle opportunità del mercato digitale, e gestire direttamente la propria presenza in rete». Sono alcuni consigli dispensati agli editori cattolici da Giorgio Busnelli, direttore di Amazon Italia. «Nel 1994, Amazon è nata come libraio on line», ha esordito l’esperto, facendo notare che «la lettura, negli ultimi 25 anni, è cambiata completamente». Il lettore 3.0, ha detto Busnelli tracciandone l’identikit, «è più giovane, ma ha un tipo di lettura più frammentata e più corta; è informato, cioè sceglie autonomamente le proprie letture; è cross-formato, cioè è in grado di passare dal libro al kindle all’audiolibro, che sta esplodendo, e i cui lettori leggono circa 18 libri l’anno, una percentuale inimmaginabile per il lettore medio italiano; è impulsivo ed esigente, cioè chiede sempre la disponibilità immediata del prodotto».