Cultura & Società

Le fonti dell’Isola d’Elba: dalla Madonna all’imperatore

Per la religione cattolica l’acqua è simbolo di purificazione e il suo bisogno, la sete spirituale, rappresenta l’anima che ricerca la divinità. Sui monti dell’Elba occidentale, all’altitudine di 627 metri, sorge il santuario della Madonna del Monte

Voluta da Lorenzo Pieruzzini, camarlengo dell’Opera della Madonna del Monte, presenta una trabeazione di ordine ionico e tre splendidi mascheroni in marmo bianco. La struttura fu terminata nel 1698 essendo camarlengo Cerbone Paolini. Dal settore centrale del Teatro, che «tiene di spazio o sia di longhezza dalla porta grande in faccia a detto recinto 14 passi ben contati», esce «un cannello d’un mascaroncino di marmo largo una mezza piastra, che butta acqua freschissima; dall’altre due parti laterali, al principio del recinto, sonovi altri due cannelli dell’istessa qualità che buttano pure acqua limpida e fresca». Con queste parole il governatore Antonio Ferri, nel 1738, descriveva questo splendido contesto.

Le due epigrafi presenti nel Teatro sono scolpite su marmo bianco statuario; la principale, collocata più in alto, recita: «Questo Teatro dell. Fonte fu princi. l’an. D. S.TE D. N. S. 1693 camarlingo pron. Lore.zo Pieruzzini e perfet.o tutto l’an. 1698 mae.o Pellegrino Calani da Filetto d’Onigana camarlingo il signor sar. ma. Cerbone Paolini et operaio il sop.detto Pieru.». La seconda epigrafe, posta più in alto e vergata in raffinato maiuscolo, ricorda che il Teatro fu realizzato dall’Opera di Santa Maria Maggiore: «Opera Sancte Marie Maioris»; più in basso si trova un bassorilievo marmoreo con un espressivo Crocifisso imberbe. Lastricato dal 1919 in regolari bozze di granodiorite, durante il XVIII secolo lo spazio semicircolare delimitato dall’esedra aveva le fattezze di un «delizioso orticello con certe erbe odorifere, piante di fiori et altre erbette però usuali», come scrisse ancora Antonio Ferri.

Procedendo verso oriente, lungo la strada tra Poggio e Marciana, s’incontra la Fonte di Napoleone: usando ancora le parole del Ferri, «più giù scendendo, in luogo più cupo e basso, ritrovasi un fonte d’acqua freschissima e limpida che sgorga per un sol canale posto in mezzo ad una pietra». Pochi anni dopo, nel 1744, il governatore Giovanni Vincenzo Coresi Del Bruno affermò che l’acqua di questa sorgente è «così fresca l’estate che, per grosso sia un fiasco di vetro, quando non sia doppio non resiste, crepandosi per la freschezza».

L’antica denominazione del luogo, attestata dal XVII secolo, era «Fonte dell’Acquaviva», in riferimento al regime idrico perenne della sorgente. La prima attestazione del toponimo «Fonte di Napoleone» risale all’anno 1900, come si evince da un registro conservato nell’Archivio storico di Marciana, ed è eloquentemente legata alle soste che l’imperatore, durante il suo esilio elbano, faceva in quell’ombroso luogo ricco di carpini, ontani ed agrifogli. In origine la fonte era inglobata all’esterno di un lavatoio pubblico con vasca in muratura e arcata centrale. Nell’agosto 1815 la struttura venne restaurata con il rifacimento della copertura a due falde; successivi restauri si ebbero nel 1820 ad opera del capomastro Clemente Pagani. Almeno dal 1840, nel piazzale antistante la fonte si trova il cosiddetto Tavolo di Napoleone, costituito da un basso pilastro in muratura e da un elemento di macina orizzontale in granodiorite proveniente da un vicino mulino idraulico della vallata.

A seguito dell’alluvione del 31 ottobre 1899, il vicinissimo Ponte delle Fonti venne distrutto; il progetto di ricostruzione, firmato dall’ingegnere Giulio Pullé, fu terminato nel 1902. Nel 1947, per volere dell’imprenditore romano Giuseppe Cacciò, sorse uno stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua Fonte di Napoleone sulla cui facciata fu incisa la massima latina «In aqua salus» («La salute è nell’acqua»), mentre presso la fonte fu apposta la seguente epigrafe marmorea: «Antichissima tradizione salutare e premurosi suggerimenti del suo popolo indussero Napoleone il Grande ad affidarsi fiducioso a questa fonte ivi cercando nuova salute e nuova lena per l’ala affranta dai cento voli gloriosi. Dal 23 agosto al 14 settembre 1814 qui dettando ai suoi fidi l’eterne memorie del folgorante passato risanava dei mali corporei e ne partiva guarito legando il Suo Nome all’acqua benefica per riprendere il suo fatale cammino. Giuseppe Cacciò iniziando nel 1947 la valorizzazione di questa ricchezza del sottosuolo elbano ha voluto ripristinare l’originaria fonte affinché gli ospiti sostandovi possano attingere dall’esempio del Grande la fede nelle sue prodigiose virtù curative».