Cultura & Società
Il nuovo Museo degli Innocenti: l’arte che nasce dall’amore per i bambini
L’Istituto degli Innocenti di Firenze, luogo particolarmente caro ai fiorentini, rievoca non solo un periodo storico di grande prestigio e importanza, il Rinascimento, ma anche la vocazione di questa città all’attenzione verso gli emarginati, i poveri, gli indifesi. Già con istituzioni come l’arciconfraternita della Misericordia, gli spedali di S. Gallo e di S. Maria della Scala, Firenze si era presa cura di assistere poveri, malati, bambini; con la fondazione degli Innocenti la città riserva una precisa istituzione all’assistenza, accoglienza, cura e tutela dell’infanzia abbandonata e in difficoltà.
Il nuovo Museo racconta, attraverso la relazione profonda fra opere d’arte, architettura e memoria documentaria, la storia di questo luogo unico che dal 5 febbraio 1445, quando accolse la prima bambina Agata Smeralda, non ha mai smesso di occuparsi di bambini o madri. Ci sono voluti tre anni di intensi lavori e 12 milioni e 800mila euro di investimenti, 7 milioni e 200mila dei quali di fondi europei e il resto di risorse dell’ente per arrivare alla sua realizzazione.
Un museo multidisciplinare che integra tre itinerari, storia, architettura e arte, che danno conto non solo dello straordinario patrimonio artistico, ma anche di quanto l’Istituto sia tutt’oggi punto di riferimento a livello nazionale internazionale in tema di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Una narrazione unitaria capace anche di far scoprire al visitatore la complessità del patrimonio degli Innocenti.
Il percorso si apre nel seminterrato con la storia dell’istituzione: qui scopriamo gli uomini che hanno ispirato e voluto lo Spedale degli Innocenti. Dal vescovo S. Antonino Pierozzi, con le sue idee di operare un’assistenza differenziata per età, sesso e separata dagli infermi, a Leonardo Bruni, segretario della Repubblica fiorentina e importante umanista, che ne volle la fondazione fondazione. Era il 1419 quando l’Arte della Seta diede inizio alla costruzione dello Spedale affidandone il progetto al genio di Filippo Brunelleschi. Già nel 1465, un ventennio dopo Agata Smeralda, erano oltre duecento i neonati accolti in quell’anno. Saranno già un migliaio nel 1484. Si calcola che dal primo abbandono al 1875, anno in cui lo Stato italiano abolì la ruota, siano passati dagli Innocenti centinaia di migliaia di bambini. Bambini impossibili da allevare sia per la povertà, che non lasciava scelte, sia perché frutto di amori illeciti, o perché femmine e dunque da fornire di dote, cosa spesso troppo onerosa da sostenere. Appena entrati venivano subito esaminati dalle balie che ne annotavano il sesso, l’abbigliamento e tutto ciò che era stato rinvenuto nella pila (poi sostituita dopo il Concilio di Trento con la ruota), in cui erano stati lasciati. Particolare attenzione veniva riservata alla registrazione dei piccoli oggetti lasciati per un eventuale futuro riconoscimento. Interessante e commovente lo spazio del Museo dove in centoquaranta cassette apribili si possono scoprire quali erano questi segni di riconoscimento che definivano l’origine dei piccoli, l’appartenenza al gruppo familiare, la classe sociale, la città. Potevano essere metà di un bottone o di una medaglietta (la madre ne teneva l’altra metà), un’orazione, piccole croci, chicchi di rosario, pezzetti di stoffa, anelli, fermagli.
Nel Museo anche due statue raffiguranti la Madonna e S. Giuseppe che – almeno fino al 1660 quando la finestra fu trasferita al termine del Loggiato – forse “accoglievano” i bambini abbandonati introdotti nell’Ospedale attraverso la buca che univa la piazza alla chiesa: così ognuno di loro avrebbe incarnato simbolicamente il ruolo di Gesù. Attraverso foto d’epoca, video e documenti d’archivio è ricostruita la vita quotidiana all’interno dell’Istituto, ma anche le vicende biografiche di alcuni dei tanti bambini accolti. Storie di vite iniziate con l’abbandono, ma che grazie all’interessamento degli Innocenti avevano spesso esiti positivi: venivano infatti incoraggiate coppie senza figli o persone sole a prendere i bambini al proprio servizio in cambio della promessa di tenerli «come propri figlioli».
Il percorso continua al piano terreno con la ricostruzione dei cambiamenti e delle trasformazioni che il “pulcherrimum haedificium” brunelleschiano ha subito nel tempo, nonché la presentazione delle opere che lo hanno abbellito nel corso dei secoli. Con la Galleria situata sopra il portico di facciata si conclude il percorso: sono esposte le opere d’arte più rilevanti, sia di committenza diretta, che di ignota provenienza, o pervenute da diverse istituzioni assistenziali. Oltre al grande pregio artistico questi capolavori dell’arte testimoniano la capacità di evocare le vicende dell’Istituto. Ne sono un esempio la Madonna con Bambino di Luca della Robbia che, realizzata intorno al 1445 anno di inizio dell’Istituzione, doveva ornare un altare della piccola chiesa privata riservata alla comunità femminile ed essere oggetto di devozione da parte delle fanciulle e delle balie. O come per l’opera più prestigiosa della collezione, la maestosa Adorazione dei Magi di Domenico Ghirlandaio, che accanto al profondo significato religioso celebra l’Ospedale attraverso i Santi protettori di Firenze (S. Giovanni Battista) e dell’Arte della Seta (S. Giovanni Evangelista) che presentano i Santi Innocenti a Gesù. Queste caratteristiche si trovano anche in altre opere come l’Annunciazione con i santi Nicola di Bari e Antonio Abate dall’ospizio dell’Orbatello, primo rifugio per anziane, vedove con figli piccoli e “gravide occulte” che dovevano nascondere la maternità, istituto che avrà una stretta relazione con gli Innocenti. Nel museo anche opere di Botticelli, Piero di Cosimo, Neri di Bicci, Benedetto da Maiano, e una piccola sezione, allestita nel “Coretto delle Balie”, che conserva i manufatti realizzati dalle donne per motivi devozionali, dove spicca la statua di S. Nicola da Bari, protettore delle ragazze da marito, di coloro che sono in difficoltà e soprattutto dei bambini.