Cultura & Società

Prato, Museo dell’Opera senza più contributi comunali. Diocesi costretta a riduerre orario e personale

Parte di questa cifra, 40mila euro, era corrisposta dal 1998 per l’affidamento, la cura e la gestione delle opere appartenenti alla collezione del Museo Civico, sistemate nel Museo di Pitturale in San Domenico, nell’attesa della riapertura di Palazzo Pretorio. Quando, nel marzo di quest’anno, il Museo civico pratese è stato riaperto, le opere di proprietà del Comune hanno lasciato San Domenico per tornare al Pretorio. «Purtroppo – è la constatazione di Claudio Cerretelli, direttore dei Musei Diocesani – non solo è venuto meno il contributo per la cura delle opere custodite nel Museo di Pittura Murale ma l’intera contribuzione».

Dunque non è stata la Diocesi a chiudere il Museo in San Domenico ma il trasloco delle sue opere in altro luogo. Adesso quegli ambienti, dove sono stati smontati i precedenti allestimenti, sono in attesa di ristrutturazione e di riorganizzazione. Dunque per adesso non necessitano di operatori museali ma non saranno chiusi definitivamente come scritto nella nota del sindacato Usb Toscana.

Dovendo gestire un solo Museo, quello dell’Opera del Duomo, e per di più senza le decennali contribuzioni, è divenuto insostenibile per motivi oggettivi avere gli attuali quattro dipendenti. «Da solo il Museo dell’Opera del Duomo non è in grado sostenersi – sottolinea Cerretelli – in Italia gli unici musei che si sostengono grazie al numero di biglietti staccati sono solo gli Uffizi e altri due. Senza un aiuto non possiamo sostenerci ma andremo avanti lo stesso perché sappiamo di essere custodi di opere dal grande valore artistico e religioso. Basti pensare che ogni anno solo per climatizzare alcune sale spendiamo 20mila euro. Senza questo accorgimento sarebbe stato impossibile riportare a Prato le formelle originali del pulpito di Donatello dopo il restauro. Un bene che appartiene a tutti i pratesi».

I Musei Diocesani sono visti costretti a razionalizzare le spese agendo su due fronti: la riduzione dell’orario di apertura e sul personale. Il Museo passa da 35 a 27 ore settimanali, per questo motivo a due dipendenti è stata chiesta la disponibilità a diminuire le ore di lavoro. Mentre per gli altri due la soluzione è la richiesta della cassa integrazione in deroga. Per uno di questi ultimi l’ammortizzatore sociale servirà ad arrivare alla pensione, prevista nel 2015, mentre l’altro dipendente sarà coinvolto in progetti e altre iniziative che riguardano la promozione del patrimonio culturale diocesano.

«Piange il cuore a dover prendere una decisione così dolorosa – dice don Renzo Fantappiè, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni  culturali – ma non possiamo fare altrimenti. Le spese sono molte e non solo per questi due Musei, pensiamo anche al restauro delle chiese pratesi bisognose di interventi urgenti. Costi che la Diocesi dovrà sostenere da sola».

Se la proposta di riduzione dell’orario di lavoro non dovesse essere accettata, non resta altro che chiedere la cassa integrazione per tutti e quattro a partire dal mese di ottobre.

Questa situazione non comporterà nessuna chiusura del Museo dell’Opera del Duomo, ritenuto, come detto, luogo significativo per la conservazione della storia di Prato. A conferma di ciò ricordiamo l’esecuzione dei recenti interventi che hanno reso le sale del Museo accessibili ai disabili e la previsione di un nutrito programma di iniziative didattiche per il nuovo anno scolastico che sta per iniziare.