Cultura & Società
Verona, il «guadagno» della Dottrina sociale
Verona – Ho passato la prima parte della mia vita lavorativa (quando era normale che un giovane, appena laureato, trovasse subito un buon lavoro) nel movimento cooperativo. In quello “bianco”, come si diceva allora. Anche nel rispetto per alcune splendide figure pistoiesi di sacerdoti impegnati all’epoca di Leone XIII nella costruzione dal basso di un autentico movimento cooperativistico e solidaristico, di quel movimento penso, in genere e a parte alcune deviazioni che non mi sfuggono, tutto il bene possibile.
Per cui figurarsi come ho gioito, a Verona (in un auditorium “Gran Guardia” riempito come noi in Toscana, per una cosa simile ci si sognerebbe), davanti al videomessaggio di Papa Francesco inviato a noi che siamo in questa terra per la terza edizione del festival dedicato alla dottrina sociale della Chiesa. Lasciando il testo scritto e dando l’impressione di commuoversi per il ricordo, papa Bergoglio ci ha trasmesso la sua immagine di diciottenne. Nel 1954. Quando aveva appena sentito suo babbo impegnato in una conferenza proprio sul cooperativismo cristiano.
Dal “grandissimo disaccordo” sulle visioni di FMI e Banca Mondiale alla netta contrarietà sulla “visione dominante dell’economia”, dalla puntualizzazione sul concetto di austerità (“nell’interpretazione della Troika é diventata una parolaccia mentre sarebbe una virtù … Ha accelerato l’aumento della disuguaglianza”) al dito puntato sulle enormi ingiustizie nella distribuzione del reddito (“lunghi periodi di disuguaglianza aumentano le probabilità di nuove future crisi economiche”).
Da una stoccata sul rapporto fra potenti e politici (“i ricchi sono in posizione migliore per influenzare la politica e lo fanno nel loro interesse”) alla precisazione sul grande rischio (“l’onda di austerità economica rischia i danneggiare seriamente il prezioso modello sociale dell’europa”).
Arrivando, Maradiaga, alla grande sfida oggi aperta per la Chiesa: “evangelizzare lo sviluppo umano” in un contesto che sembra riproporre pagine da Antico Testamento con gli adoratori del “vitello d’oro oggi chiamato mercato”.
La domanda a Maradiaga e il liberalismo che non funziona
Verona 22 novembre – Troppo ghiotta per non coglierla, verso mezzogiorno di questa mattina, l’occasione che si presentava. E la conclusione del primo confronto (una classica tavola rotonda, su disuguaglianze e crisi economica, fra cattedratici cui si è bene aggiunto un imprenditore umbro con una bella storia di profitto sostenibile) l’ho inevitabilmente persa.
Per spostarmi a qualche centinaio di metri, in una Verona inondata di sole, verso un albergo dove l’ufficio stampa del Festival dedicato alla dottrina sociale aveva organizzato un incontro con Oscar Maradiaga, cardinale di Santa Romana Chiesa definibile, usando un linguaggio in effetti logoro, come leader dei progressisti. Un cardinale di cui Papa Francesco, evidentemente, si fida e non poco.
Fra le tante domande, mi pareva ne mancasse una: sul raffronto fra l’apparente forza globale della finanza e l’apparente debolezza globale della politica. Con il sindaco La Pira nella mente, gliel’ho fatta e Maradiaga ha insistito sull’importanza che la politica debba cambiare, debba ritrovare una sua indipendenza da certi poteri, debba mettersi a servizio di un bene comune che economia e finanza certo non possono, per definizione, interpretare. Ha notato come l’economia abbia imparato non solo a “fare senza” i politici ma perfino “a fare sopra” i politici.
Il cardinale che viene dal Sud, ha chiesto di diffidare dalla tentazione di incasellare le persone in base i vecchi stereotipi di “destra” o “sinistra”, è tornato sul concetto di “mistica” sociale ricordando l’importanza di piantare bene i piedi per terra rivolgendo nel contempo gli occhi al Cielo. Ha ricordato il grande ruolo dei laici nella Chiesa (“ogni laico è un piccolo Davide, ma unite tutti i Davide e vedrete che risultato”) invitando a ” non lasciare tutto alle gerarchie” e auspicando la nascita, in vaticano, di un “vero” Dicastero per i laici.
La sua azienda estrae oro dalle viscere della terra per poi rivenderlo a chi (nientemeno che … Cartier) lo trasformerà in gioielli.
Uguaglianze e differenze su sanità e fisco
Inevitabile, nell’Italia della grande ingiustizia chiamata evasione fiscale, la tavola rotonda successiva.
Si dovrebbero pagare le tasse giuste, insiste un relatore, perché lo Stato abbia poi la possibilità di sanare le disuguaglianze: abbiamo invece soltanto, e netta, la percezione di un cattivo impiego del denaro unita al sospetto verso uno Stato troppo rapace. E allora? Interessante una attività educativa per i più giovani (“fisco in classe’). Anche per far capire, dice il generale, che ” chi evade non é un figo”.
Dottrina sociale è anche questo. Può essere anche questo. Dovrebbe essere anche questo.
Le cooperative hanno retto meglio alla crisi