Cultura & Società
I teatri del sacro: Lucca invasa dagli spettacoli
Andranno in scena ventidue spettacoli, in prima nazionale, che dopo aver superato le selezioni di rito sono entrati a far parte della rassegna, figlia del progetto culturale della Cei. Luogo dell’evento è Lucca, che vedrà invase piazze, teatri e chiese, da compagnie di tutta Italia. Il tutto si svolgerà dal 10 al 16 giugno.
In questa pagina presentiamo in particolare due spettacoli tra i più attesi, dedicati uno a don Tonino Bello e l’altro a Ildegarda di Bingen. Ma ve ne saranno altri venti. Due incentrati su altre figure di primissimo piano della cristianità: Massimiliano Kolbe (con La radio e il filo spinato, martedì 11 giugno al Complesso San Micheletto ore 21) e Teresa di Lisieux (con La statua in frantumi, giovedì 13 giugno al Complesso San Micheletto ore 21,30). Altri di sicuro impatto ve li presentiamo secondo il calendario: Clarel un poema di Melville alla fonti del cristianesimo (Teatro San Girolamo lunedì 10 giugno ore 19). T/empio dove si metteranno a confronto il sacro e l’empio (Complesso San Micheletto lunedì 10 giugno ore 20,30). Labirinto che metterà in scena alcuni capolavori dell’arte sacra (San Giovanni lunedì 10 giugno ore 22). Canti del guardare lontano una panoramica di immaginazioni sul sacro (Teatro San Girolamo martedì 11 giugno ore 19). Secondo Orfea, la storia di una donna che visse a Gerusalemme nell’anno zero (Complesso San Micheletto martedì 11 giugno ore 22.30).
Il ludodramma Colpo di grazia! (Teatro San Girolamo mercoledì 12 giugno ore 19). Storie del buon Dio, una serie di fiabe raccontate ai grandi per insegnare a rispondere alle domande dei bambini (Complesso San Micheletto mercoledì 12 giugno ore 20,30). Paranza – Il miracolo, ciò che prima era un diritto ora si è trasformato in miracolo (San Giovanni mercoledì 12 giugno ore 22). Un po’ di eternità dialogo con l’invisibile (Teatro San Girolamo giovedì 13 giugno ore 19). Stava la madre, uno spettacolo comico dallo Stabat di Jacopone da Todi (San Giovanni giovedì 13 giugno ore 20,30). Guasto, uomo e natura dopo Chernobyl (Complesso San Micheletto giovedì 13 giugno ore 22,30). Chi resta, elaborazione di un lutto per strage o delitto di mafia (Teatro San Girolamo venerdì 14 giugno ore 19). Passione, da un testo di Giovanni Testori (Teatro del Giglio venerdì 14 giugno ore 21). Il figliol prodigo, la parabola va in scena (San Giovanni venerdì 14 giugno ore 22,30). Memorare, la storia di una Maddalena col suo approdo a Gesù (Teatro San Girolamo sabato 15 giugno ore 19). In canto e in veglia, alla ricerca di riti per affrontare il dolore della scomparsa (San Giovanni sabato 15 giugno ore 22). Genesi, confronto con le Scritture (Teatro San Girolamo domenica 16 giugno ore 18,30).
L’intervista: Carlo Bruni: «Le esortazioni di don Tonino Bello per non restare inermi alla finestra»
Tra gli spettacoli più attesi a Lucca c’è sicuramente quello dedicato alla figura di don Tonino Bello, vincitore del bando professionisti per entrare nella rassegna de I Teatri del Sacro. L’opera sarà in scena presso il Complesso San Micheletto venerdì 14 giugno alle ore 21,30. Abbiamo incontrato Carlo Bruni, il regista di Croce e fisarmonica, il quale ci spiega come sia stato proprio «don Tonino ad associare i due elementi» la croce e la fisarmonica che danno il titolo all’opera teatrale. «In quanto portavoce del Vangelo, non mancava di adottare ogni strumento utile a promuoverne contenuti e senso. E la fisarmonica, la musica, il canto, sono veicolo privilegiato, per capacità di contagio, di commozione. Nella sua casa di Alessano diventata «museo», ci dice, «si conserva il disegno di una bambina delle elementari che lo raffigura solcare il mare, sulla prua di una fragilissima barca a vela, con le braccia larghe, reggendo nelle mani, appunto, una croce e una fisarmonica. Simboli, certamente, ma anche, direbbe don Tonino, arnesi del mestiere di pastore».
Lei come si è avvicinato alla figura di don Tonino Bello, tanto da pensare ad un’opera teatrale?
«Sono nato a meno di 10km da Molfetta, sede episcopale di don Tonino negli anni ’80 e ne sono stato naturalmente «contagiato». Sul piano autobiografico potrei vantare anche la parentela con uno dei suoi maestri, nel seminario regionale, ma nella sostanza ho incominciato a conoscere don Tonino soltanto dieci anni dopo la sua morte, quando coinvolto da alcuni amici ho seguito un grande convegno, animato da voci molto diverse e sorprendenti (ricordo in particolare quella di Goffredo Fofi), accomunate dalla grande stima per quest’uomo. L’approfondimento è stato lento, frutto di molte voci, incontri, amicizie, compresa quella con Edoardo Winspeare, autore e regista cinematografico. Con lui, invitato da Pax Christi, ho lavorato a «L’anima attesa »(medio metraggio dedicato a don Tonino che ha debuttato in marzo e sarà a Lucca, verrà fatto vedere prima dello spettacolo teatrale, ndr). È in quest’alveo, grazie anche allo stimolo esercitato dai Teatri del Sacro, che è nata l’idea di uno spettacolo teatrale. Spettacolo che non voleva e non è la messa in scena del film, ma per così dire il suo complemento».
«Croce e fisarmonica» dunque è un’opera biografica, celebrativa? Oppure qualcosa di più o di meno o qualcosa di semplicemente diverso?
«Sì, sfondo di riferimento di questo lavoro è la biografia di don Tonino, a differenza appunto del film che racconta piuttosto l’influenza del suo pensiero su due persone di oggi. Ma naturalmente, parlando della vita di don Tonino, anche «Croce e fisarmonica» tenta di rappresentarne l’influenza sull’oggi del pensiero e dell’azione di questa figura. Sfuggendo la didascalia o l’esercizio aneddotico, i due interpreti, Enrico Messina e Mirko Lodedo, provano ad incarnare il mutamento che l’incontro con don Tonino produce».
Don Tonino ha portato una luce di speranza nel cuore di tanti uomini e donne, spesso anche lontani dalla fede cristiana che animava il suo agire e testimoniare. Cosa ne pensa?
«Direi che don Tonino sposta un concetto che in qualche modo corre il rischio della sedentarietà, suggerendoci quanto la speranza sia decisamente subordinata alla nostra capacità di agire nel tempo e nel mondo che viviamo, combattendo alacremente per quello in cui crediamo. Don Tonino, in ogni suo pensiero e in ogni sua azione, tenendo sempre saldamente insieme pensiero e azione, ci esorta a non restare alla finestra, a non accontentarci di una saggezza teorica. La sua vita è un costante incitamento all’impegno, all’apertura, all’incontro, per quanto difficile e impegnativo. Un invito ad associare: alla carità religiosa, quella politica; alla Bibbia, il giornale; alla Chiesa, la strada; a Dio, l’Uomo».
Come ha scelto gli attori per lo spettacolo e le musiche che accompagnano la sua opera?
«Anche il nostro teatro cerca il suo senso nell’incontro. Dunque, non ho scelto degli attori per interpretare uno spettacolo, ma ho costituito un gruppo di ricerca, associando competenze diverse, accomunate dall’interesse e dalla passione per questa figura. La musica è una delle lingue attraverso cui si esprime quest’opera e dunque si va componendo con essa nello stesso modo: attraverso il lavoro comune che Mirko Lodedo, già autore della colonna sonora del film di Edoardo Winspeare, traduce in musica. Ecco, al momento le musiche costituiscono il più evidente legame tra film e spettacolo».
Lorenzo Maffei
Diaghilev/Armamaxa Teatro con E. Messina e M. Lodedo
Croce e fisarmonica. Un omaggio a don Tonino Bello, pastore salentino, Vescovo di Molfetta, irriducibile difensore della pace e dell’umano. Complesso San Micheletto, venerdì 14 giugno ore 21,30. Di Carlo Bruni e Enrico Messina, con Enrico Messina e Mirko Lodedo, regia Carlo Bruni, musiche dal vivo Mirko Lodedo; con il sostegno di Pax Christi
Un’avventura fra teatro, ricerca religiosa e tensione spirituale
I Teatri del Sacro» non è solo un Festival e neppure una semplice vetrina di nuove produzioni, ma in prima istanza un’avventura artistica e culturale dedicata alle intersezioni, sempre più diffuse, fra il teatro, la ricerca religiosa e la tensione spirituale: un «corpo a corpo» libero e sincero con le domande della fede, acceso dall’azione drammatica. Una visione del sacro che, in questa terza edizione, appare profondamente incarnata negli orizzonti, nelle speranze e nelle inquietudini del tempo presente.
Emerge infatti in più spettacoli la questione problematica del perdono e della misericordia, a partire dall’exemplum evangelico del figliol prodigo fino ai dolorosi episodi della nostra storia più recente, passando attraverso l’azione sacrificale di padre Massimiliano Kolbe.
Altrettanto viva la riflessione sulla morte e sulle soglie del morire, uno dei temi più rimossi della contemporaneità, tra rifiuto della fine e illusione di una vita immortale. E poi il richiamo alle suggestioni del pellegrinaggio come recupero della lentezza, come reviviscenza di una memoria perduta del sacro e di un rapporto più autentico con la terra, da Clarel di Melville al viaggio semplice e povero di un attore con la sua asina nel cuore della via Francigena.
Ritorna inoltre sulla scena il richiamo alla bellezza e al senso misterioso della creazione, dalla Genesi biblica all’epopea poetico fiabesca del cavaliere di Giuliano Scabia, che cerca «dove il sentiero comincia», sui confini estremi del buio e della luce, per passare al rischio della distruzione violenta del creato, da Chernobyl a Fukushima.
E ancora la passione di Cristo, cuore dell’esperienza cristiana, messa a confronto con la passione dell’uomo, con la sua lotta per la giustizia e per il lavoro, per un’etica della bellezza che in Mandel’štam si fa sacralità della poesia; una passione che, nel simbolo della croce, è anche passione della donna, dalla figura di Maria alla Maddalena, fino alla Felicita di testoriana memoria.
Ritorna in questa edizione anche il tema della mistica, con la sua inaspettata attualità, fatta di ascesi e quotidianità, con due spettacoli dedicati a Teresa di Lisieux e a Ildegarda di Bingen. Infine lo sguardo e l’ascolto dei semplici, dagli ultimi e dai «poveri in spirito» di don Tonino Bello alle «Storie del buon Dio» di Rilke «scritte ai grandi perché le raccontino ai piccoli», fino alle peripezie comiche di un adulto bambino e al racconto della vita di Gesù ad opera di una popolana della Palestina, finita per caso ad abitare accanto a quella strana coppia di sposi e al loro (ancor più strano) figlio.
Nella sua vocazione esperienziale e progettuale I Teatri del Sacro ha da sempre messo in primo piano, oltre agli spettacoli, la dimensione laboratoriale, creando occasioni di approfondimento e di sperimentazione, con particolare attenzione al ruolo dello spettatore. Si è cercato in particolare di superare l’idea di spettatore come soggetto passivo, come destinatario troppo spesso anonimo e scontato dello spettacolo, rivalutando al contrario il suo ruolo centrale nell’evento teatrale, non solo durante ma anche prima e dopo la messa in scena: il pubblico, dunque, come presenza viva, espressione concreta di una comunità che esercita il suo diritto di cittadinanza culturale. In questa prospettiva anche quest’anno si darà vita al progetto «I 70 Visioni e condivisioni»: un laboratorio costituito da un gruppo di spettatori che assisteranno a tutti gli spettacoli del Festival, riflettendo sul loro incontro col sacro.
Uno spazio di libero e aperto confronto intorno ai temi della fede e della spiritualità: istanze che toccano da vicino le inquietudini e le speranze dell’uomo del nostro tempo, suscitando interesse sia da parte dei credenti che dei non credenti. Un’occasione per verificare se e come il teatro può essere ancora, a certe condizioni, la forma d’arte che più d’ogni altra mette una comunità dinanzi alle sue questioni essenziali; se e come il sacro può abitare la scena contemporanea. Percorsi di visione che quest’anno saranno aperti anche a tutta la città di Lucca, con la realizzazione di un secondo laboratorio, «Giovani spettatori», rivolto soprattutto alle scuole e a tutti quei giovani che desiderino confrontarsi con il teatro e con gli interrogativi della ricerca religiosa, dialogando con gli artisti e lasciando una traccia personale del loro vissuto in forma di un commento, una testimonianza, una breve recensione.
Infine, nel cantiere creativo di Lucca, è previsto anche un laboratorio specifico dedicato all’attore e alle sue potenzialità di sconfinamento nei territori dello spirito: «Essere strumenti puri. Un sentiero tra teatro e mistica», condotto da Alessandro Berti, un artista che da tempo conduce un suo personale itinerario teatrale dentro i confini del sacro, segnato da alcune tappe performative importanti come «L’abbandono alla divina provvidenza», «Combattimento spirituale davanti ad una cucina Ikea» e, ora, «Maestro Eckhart, generare il figlio dentro il tempio vuoto», uno spettacolo presentato alla fine del laboratorio, insieme a «Mistica di strada», una performance realizzata dagli allievi nelle vie di Lucca.
Ildegarda, una luce per i nostri tempi
In un tempo di profonda povertà, dove l’ignoranza e la superstizione creavano un’immagine distorta della religiosità, Ildegarda rappresenta il vero significato del Medioevo, ovvero la concezione unitaria della vita intesa come percorso indicato unicamente da Dio».
È con passione che il pugliese Silvestro Sabatelli parla di Ildegarda di Bingen: lui è autore delle musiche dell’opera lirica dedicata alla mistica e santa vissuta tra il 1098 e il 1171. «Anche oggi – continua Sabatelli – la nostra è una realtà distorta, dove lo stress, le date di scadenza e la diffidenza schiacciano ogni forma di riflessione. Ildegarda ci invita a fermarci un attimo, ad aprirci alla spiritualità e alla contemplazione, ad entrare con lei in una delle sue visioni per ricercare la Verità, per apprezzare la natura, la musica e la purezza del corpo». L’opera, vincitrice del bando amatoriale, si intitola Ildegarda von Bingen luce dei secoli bui e prende a pretesto la biografia di questa figura «per arrivare attraverso l’uso della musica e della danza alla rappresentazione del momento mistico vero e proprio. «Questa commistione di espressioni artistiche – continua Sabatelli – ha creato un tipo di linguaggio che da un lato, attraverso il libretto, ci dà la possibilità di inquadrare Ildegarda dal punto di vista storico e ci fa conoscere gli avvenimenti che hanno segnato la sua vita. Dall’altro, attraverso le composizioni musicali e le coreografie, lascia nello spettatore, in maniera inconscia, l’impronta della grande personalità del personaggio e apre alla riflessione».
A proposito di musica tiene a precisare: «la scelta poteva ricadere sia su un falso stile, ovvero ricalcando i modelli musicali gregoriani del tempo, oppure associando l’aspetto mistico ad un tipo di musica astratta. Niente di tutto questo, non aspettatevi musica atonale. Credo, invece, che la naturalezza di una melodia e la limpidezza di una semplice serie armonica siano la chiave per coinvolgere il pubblico e avvicinarlo al contenuto dell’opera».
La realizzazione di quest’opera, che andrà in scena al Teatro del Giglio di Lucca sabato 15 giugno ore 17, nasce dalla collaborazione di varie realtà artistiche del territorio pugliese: la Compagnia Equilibrio di Danza con le coreografie di Roberta Ferrara, la librettista Angelica Di Franco e il contributo del compositore italiano, residente a Vienna, Padre Mario Maggi.
La scenografia e i costumi di scena sono stati realizzati dai ragazzi del liceo artistico «Luigi Russo» di Monopoli sotto la guida dei professori Castrignano e Grassi.
«Un progetto molto complesso dal punto di vista organizzativo, logistico, economico e artistico – conclude Sabatelli – che la nostra realtà formata esclusivamente da giovani è riuscita a realizzare grazie ad una grande forza di volontà e alla stima e all’amicizia reciproca che ci lega».
L. M.