Cultura & Società
Monaci a tavola. Il ricettario segreto dei certosini
Casini, osservando gli affreschi, spulciando i registri settecenteschi del priore Giuseppe Alfonso Maggi e altri documenti trovati in Certosa, ricava uno spaccato sulle abitudini alimentari dei monaci. Non senza qualche curiosità. Contrariamente a quanto si pensa, ad esempio, l’ordine certosino proibisce l’astinenza dal cibo: l’alimento, infatti, dà sollievo al corpo nel silenzio imposto nel refettorio.
Quanto ai dolci, dai documenti emergono i nomi del buccellato, la schiacciata di Pasqua, la Bocca di dama, le paste di mandorle.
Dal brodo di tartaruga alla minestra… dell’astinenza
Ampia la gamma delle fritture: dalle acciughine fritte alle rane fritte. Ecco una ricetta per le polpette fritte di pesce. Ingredienti per sei persone: 300 grammi di polpa di pesce, due acciughe salate, 50 grammi di pinoli, un mazzetto di prezzemolo, 50 grammi di mollica di pane, alcuni chiodi di garofano, 5 cucchiai di olio, sale e pepe quanto basta. Ed ecco come si cucina: far rosolare per due minuti una parte dei pinoli con il prezzemolo e le acciughe salate; pestare il trito di un mortaio con l’altra parte dei pinoli e unire il pesce, la mollica bagnata, il sale e il pepe e amalgamare bene tutti gli ingredienti. Creare delle polpettine che verranno cotte in un tegame con brodo ristretto di pesce speziato con chiodi di garofano.
Quanto ai lessi si può scegliere tra le cieche lesse e il lesso di ombrina. Gli arrosti venivano fatti con le anguille, il tonno e le cieche. Gli abbrustolati: anguille allo spiedo, baccalà alla graticola. Per gli umidi: luccio e trote. Per piatti piccanti: tonno fresco in carpione o un baccalà in carpione.
Tre i salati: salsiccia di pesce, lontra e pasticcio di folaghe.
Cinque i dolci: il buccellato, la schiacciata di Pasqua a forma di cupola prodotto ancor oggi a Livorno e Pisa, la bocca di Dama, le offelle di Carnevale e il Certosino, prodotto ancor oggi nelle pasticcerie dell’Italia settentrionale.
I liquori utilizzati: il Charteuse e l’Alkermes. Per il primo occorrono 4 decigrammi di essenza di melissa citrica, 4 decigrammi di essenza d’issopo, due grammi di essenza di angelica, 4 di essenza di menta inglese, 4 di essenza di cannella di Cylon, 4 di noce moscata, 4 di garofano, 7 litri di alcool, 11 kg di zucchero, 5 litri di acqua. Occorre far macerare nell’alcool per quindici giorni le essenze, quindi fare uno sciroppo con lo zucchero e l’acqua e unirlo all’alcool aromatizzato.
Commenta la professoressa: «Il consumo di ortaggi e frutta fresca, un limitato utilizzo dei grassi specie quelli animali e l’assunzione di una modica quantità di vino rosso, rappresenta la via efficace, oltre che più piacevole, per alimentarsi correttamente assicurando la necessaria presenza di antiossidanti nella nostra dieta».
Angela Zinnai pensa soprattutto al pesce: «I pesci, in genere, oltre ad apportare proteine ad alto valore biologico, contengono buone quantità di acidi grassi polisaturi, importanti nella formazione di tutte le membrane cellulari (in particolare di quelle proprie delle cellule nervose) ma capaci anche di evitare o rallentare il processo di accumulo di grassi all’interno dei vasi sanguigni. Evitando o diminuendo l’incidenza dell’insorgenza delle malattie cardiovascolari».
Fondamentale anche il consumo di frutta e verdura. «Questi alimenti spiega ancora la professoressa contengono adeguate concentrazioni di composti protettivi, ad azione antiossidante: le vitamine E, C e P. Gli antiossidanti tendono a reagire con i radicali liberi che si formano all’interno delle cellule animali e delle piante e possono risultare estremamente dannosi per gli organismi viventi. A differenza dei vegetali, che hanno sviluppato la sintesi di composti in grado di terminare i radicali liberi, gli animali e l’uomo li devono assimilare con l’alimentazione poiché non sono in grado di promuoverne la sintesi. Di qui l’importanza della presenza nella razione alimentare degli antiossidanti naturali».
Alessandro Bonamici, agricoltore pisano, uno dei più affermati produttori biologici della Toscana, ci tiene a sottolineare che quella dei certosini «è la stessa filosofia che ispira il lavoro della terra dei produttori biologici. Una filosofia corretta: se l’uomo sfruttasse la terra fino a farle perdere le caratteristiche di fertilità, le generazioni future non avrebbero più di che nutrirsi».
Bonamici, ma come si lavorava il terreno?
«Si lavorava a mano, gli attrezzi agricoli erano piuttosto rudimentali, la tecnica si è evoluta solo negli ultimi decenni. I trattori non appartenevano nemmeno ai loro sogni. Il terreno era zappato, per concimarlo si usavano escrementi animali ed umani. Il compost non c’era ancora, anche se non escludo si conoscesse, già a quei tempi, una forma simile di riciclaggio di scarti».
E per proteggere le piante da funghi?
«I certosini avevano studiato erbe per curare le malattie dell’uomo. Soluzioni saranno state trovate anche per proteggere le piante: infusi di ortica, ad esempio. Oggi i produttori biologici non si discostano molto da quelle soluzioni: i prodotti per proteggere le piante ci sono offerti dalle industrie, ma si tratta pur sempre di prodotti naturali».