Cultura & Società
L’inchiostro della memoria
Il 12 e il 13 settembre, rispettivamente alle ore 21 e alle ore 10, si svolgono i «Cantieri autobiografici», un atelier di informazione sull’autobiografia. L’iniziativa, con iscrizione obbligatoria, si snoda attraverso vari appuntamenti in luoghi diversi: «L’Archivio dei miei diari», visita alla sede della Fondazione archivio diaristico nazionale, con Andrea Franceschetti; «Il menù della vita. Il cibo nella narrazione autobiografica», con Pietro Clemente; «Diari per immagini. Raccontare una vita con la telecamera», con Luca Ricci; «Camminando intorno a Pieve. La memoria e il paesaggio; diari di viaggio tra parole e immagini», a cura della Libera Università dell’autobiografia di Anghiari.
Il 13 settembre, presso il Tempietto del Colledestro (ore 12), riepilogo dei lavori e pranzo agreste. Sempre sabato 13, ore 15, nel palazzo comunale si riunisce la giuria nazionale per la designazione del vincitore del Premio. Alle 17,30, nel Chiostro dell’asilo, incontro fra la Commissione di lettura e i finalisti del Premio. Consegna del Premio Pieve Diario del presente. Alle 22 al Teatro comunale va in scena «Diario intimo», storie emblematiche ispirate a tre diari dell’Archivio.
Si ricorda l’orario di apertura dell’Archivio: dal lunedì al venerdì (8,30-13,30 e 15-18) e il sabato (8,30-12,30) e il sabato (8,30-12,30).
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«Il mio in barco fu alle ore 1 dopo 1/2 giorno, e alle 3 la musica dava segno che il bastimento partiva da Genova. Fui entrata nel porto tutta allegra e contenta. Fui stata messa in una gabina di 2da classe. Ma!… dovete sapere che il maggior peso del viaggio, si è il dover parlare con tutta gente che non sanno la lingua d’Italia, ma bensì parlare sol di Inglese, si cerca una cosa e non comprendono, si cerca un’altra e non comprendono, insomma tante volte viene la rabbia di dargli degli schiaffi». 9 giugno 1890. Giuseppina Croci, ragazza ventisettenne della provincia milanese, parte sola da Genova, su un bastimento a vela tedesco. È diretta a Shangai per lavorare in una filanda che il suo ex datore di lavoro ha trasferito in Cina. Appunta impressioni e sensazioni dei suoi 37 giorni di navigazione in un diario di viaggio destinato alla lettura dei familiari. A Port Said la nave fa una sosta e Giuseppina visita la città e la descrive: «Molti uomini neri come il diavolo, venivano con barche e vaporini per lo scarico del nostro Bastimento. Questa gente si chiamano Arabi della Bissinia». Poi da Suez si procede fino al porto di Aden dove «v’è un altro Dio» perché gli uomini sono «tutti neri come il carbone, avevano i capelli neri e tutti ricci, erano nudi come il giorno che sono nati».
L’odissea a lieto fine della giovane donna concorre, con altre nove memorie di altrettanti autori alcuni ancora viventi, altri defunti all’assegnazione del diciannovesimo premio «Pieve Banca Toscana», il concorso nazionale dei diari che ogni anno si svolge a Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo. Sono stati 250 i testi autobiografici pervenuti quest’anno presso l’Archivio dei diari. La manifestazione si tiene questo fine settimana (per il programma vedi colonnina a destra). Oltre al viaggio da Milano a Shanghai di Giuseppina Croci (classe 1863, morta nel 1955), si candidano al premio finale di mille euro e pubblicazione del testo altre tre storie di donne. C’è il diario (1943) di una quattordicenne sospesa fra le trepidazioni per il primo amore e i timori per la guerra. C’è l’esistenza inquieta e creativa condensata in otto agende della ferrarese Maria Pia, tra narrazioni di vita raccontate e disegnate, riflessioni sulla condizione femminile e rabbia verso «un destino che non è stato amico».
Alla memoria del viaggio verso l’età adulta è dedicato il libro di una ragazza degli anni Settanta, gli amori non corrisposti, l’insoddisfazione per il proprio corpo e il rapporto con il padre, che verrà colto da morte improvvisa. Sono sei, invece, le storie finaliste al maschile, a cominciare dal diario di un punkabbestia, Luigi Del Pezzo, salernitano, 26 anni, che racconta la sua personale discesa agli inferi, costellata di droghe, comunità di recupero, fughe e ritorni, rapporti familiari a pezzi e poi ricuciti in una lenta risalita verso la tranquillità.
E ancora, le peripezie di un bambino lombardo che, dal 1945 al 1953, dai 4 ai 12 anni, si trova a vivere in una famiglia di contadini partigiani reggiani, burberi ma affettuosi, pronti ad ospitarlo a causa delle precarie condizioni economiche della sua famiglia. La rosa dei finalisti al vaglio di una giuria composta da 14 persone fra giornalisti e letterati si completa con il diario di bordo (1907-1910) tenuto da un uomo di mare sardo durante una crociera militare intorno al mondo; con una storia di vita e di droga vissuta all’ombra del Vesuvio; con un carteggio (fine anni Novanta) di solitudini, depressioni, nevrosi, «da» e «verso» Haifa, in Israele, dove si è rifugiato un figlio di ebrei italiani; e infine l’autobiografia a carattere familiare (1788-1859) di Angelo Rebay, comasco, divenuto ricco e abile commerciante di stoffe.
Storie di vita vissuta come le altre quasi 5 mila conservate dal 1985 nell’Archivio nazionale di Pieve, ideato e fondato dal giornalista Saverio Tutino. Memorie autobiografiche, carteggi dalla scrittura più diversa, come gli appunti di una signora ottantenne che un giorno si è rivolta in questo modo all’Archivio di Pieve: «Avrei voluto che almeno una persona li leggesse per non pensare che io dato che non ho avuto né marito né figli sarei passata in questa vita senza che nessuno avesse notato la mia presenza, senza lasciare neanche una piccola impronta». Ma anche autentici «pezzi da museo», come l’autobiografia scritta dalla settantaduenne contadina padana Clelia Marchi su un lenzuolo che viene aperto solo in occasione del Premio e che negli altri giorni dell’anno giace ripiegato. Le aveva scritte lì, le sue memorie, perché la notte che le era venuta l’ispirazione non aveva trovato nessun pezzo di carta in casa. Nel 1992 quel lenzuolo si trasformò in un libro: «Gnanca na busia», «Neanche una bugia».