Cultura & Società
Anche i vinti sono uomini
Le dimensioni di questo stillicidio di vendette, di esecuzioni a freddo, di rese di conti individuali non sono mai state definite. La delinquenza comune si confondeva con la delinquenza politica. I cadaveri sparivano nelle fosse comuni o nei fiumi. L’omertà indotta dal terrore induceva a tacere. I morti furono 1700 secondo Mario Scelba, 30 mila secondo Ferruccio Parri, addirittura 300 mila secondo la propaganda neofascista. La forbice enorme delle cifre dimostra da sola la impossibilità di raccontare.
Almeno a grandi linee alcuni degli episodi più clamorosi di questa vicenda erano ormai largamente conosciuti. Per esempio il famigerato triangolo della morte, fra Bologna, Modena e Reggio dove nell’immediato dopoguerra sono assassinate oltre mille persone fra cui diciotto parroci che nulla avevano a che fare con il fascismo. Oppure il mattatoio della cartiera di Mignagola di Carbonera, in provincia di Treviso, dove subito dopo il 25 aprile vengono torturate e assassinate centinaia di persone. O l’irruzione dei partigiani nelle carceri di Schio, di Carpi, di Ferrara con il massacro in massa dei detenuti.
Ci sono, sia ben chiaro, spinte oggettive che stanno alle spalle di questa stagione di violenza. Ogni guerra civile (la più incivile di tutte le guerre) ha quasi sempre un lungo strascico di violenza dietro di sé. In Spagna, dopo la vittoria di Franco, gli oppositori eliminati furono forse 200 mila. In Francia, dove il regime di Vichy era penetrato nella società più della repubblica di Salò, la violenza contro gli ex-collaborazionisti colpì forse oltre 100 mila persone. Le stragi nazifasciste, le torture e le fucilazioni dei partigiani, una guerra che aveva riempito l’Italia di lutti e rovine, avevano esasperato gli animi fino alle espressioni estreme della più brutale ferocia. Ogni guerra è per sua natura non solo esercizio, ma anche scuola di violenza. Allora perfino i giochi dei bambini erano giochi di guerra.