Cultura & Società
Siam venuti a cantar maggio…
«Ho iniziato a undici anni ricorda Ivo Bernardini accompagnando i maggerini nei giri per i poderi e da allora non ho più smesso». Il Maggio di Bernardini e della sua squadra è quello più tradizionale. C’è il corbellaio, quello che regge il paniere dove dovranno essere raccolti i doni che i maggerini ricevono dalle famiglie che visitano. «Il corbellaio dice Bernardini deve essere un tipo un po’ comico, che sappia fare lo sfacciato e poi ringraziare per quello che ci viene dato». C’è l’alberaio, quello che porta un bel ramo di alloro o di agrifoglio, tutto infiocchettato e addobbato, «che simboleggia la primavera». C’è, poi, assolutamente indispensabile, il poeta, quello che, in ottava rima, improvvisa i canti. «Non basta che sia bravo a improvvisare spiega Bernardini ma deve conoscere bene la tradizione del Maggio e i poderi che andiamo a visitare, perché i canti devono essere adattati alle diverse situazioni», d’altra parte, si tratta di canti che devono augurare qualcosa di buono per chi li riceve, e così, se c’è un stalla, un allevamento, un raccolto particolare, tutto deve essere inserito nelle ottave. Poi c’è il fisarmonicista per la verità nella squadra di Bernardini ce ne sono due e quattro maggerini che cantano le quartine. «Nel Maggio moderno dice Bernardini ci sono anche le donne, e alla fine la nostra squadra è di una quindicina di elementi». E ogni anno, dietro a loro, per i poderi, vanno anche dalle 100 alle 150 persone, tutti curiosi di vedere com’è il Maggio.
Fino a qualche anno fa Bernardini e i suoi partivano all’ora di pranzo del 30 aprile e rientravano a casa nel pomeriggio del primo maggio. «Quando s’aveva trent’anni racconta si faceva tutta la notte cantando da un podere all’altro, si partiva da un podere dove ci si invitava a pranzo e si mangiava quel che si trovava e si andava avanti fino al giorno dopo. Oggi, si parte sempre con il pranzo del 30, ma con i cellulari che ci sono si avverte prima, e così ci preparano anche dei bei pranzi. Si canta fino all’una di notte, poi si va a letto, perché non siamo più tanto giovani, ma alle sette di mattina si riparte, con la colazione, e si continua a cantare».
La Maremma sembra essere divisa nettamente in due, in tema di Maggio. «Quelli di Grosseto e sotto Grosseto dice Ivo non hanno né corbellaio, né alberaio né poeta, lì cantano in gruppo e anche canzoni come Maremma Amara; il nostro repertorio, invece, è diverso, facciamo musiche allegre, ballabili». E poi, tanta attenzione nei confronti dei poeti, quasi un rispetto sacrale. Al punto che Bernardini sta scrivendo anche un libro tutto dedicato ai poeti in ottava rima. «Volevo raccontare dice di tutti i poeti della Maremma, di Grosseto e di Livorno, ne ho conosciuti tanti in questi anni, ma ho deciso anche di allargare ai poeti fiorentini, pisani e dell’Alto Lazio che da sempre si confrontano con i nostri poeti».
Bernardini è sposato, ha lavorato per 31 anni con il Comune di Scarlino, e ha figli e nipoti, ma nessuno sta seguendo la sua strada. L’unico su cui conta è il nipotino di otto anni. «Magari dice imparasse a suonare la fisarmonica: ne ho due, fabbricate a Castelfidardo, che risalgono alla fine dell’Ottocento, poi ne ho altre due, più moderne e più leggere». Lui ha imparato a suonare giovanissimo, seguendo le istruzioni di un operaio della Montecatini, che lavorava nelle miniere di Gavorrano. Ma la tradizione rischia di interrompersi.
Naturalmente non mancano cantastorie, menestrelli e poeti estemporanei. Tutti insieme per festeggiare l’arrivo del nuovo «Maggio», questo antico canto itinerante di questua legato al culto degli alberi e dei rituali agresti, con il suo messaggio sempre attuale di pace, amore e fratellanza. La manifestazione è corredata come ogni anno, oltre che dall’immancabile merenda a base di prodotti tipici locali, da appositi spazi adibiti all’allestimento di esposizioni culturali, che quest’anno hanno per oggetto una mostra fotografica sempre dedicata al «Maggio». Previste anche dimostrazioni pratiche di attività artigianali inerenti lavorazioni cadute ormai in disuso, oltre alla diffusione dell’ultimo numero della rivista di tradizioni popolari «La Sentinella di Braccagni».
L’appuntamento è realizzato dal Gruppo tradizioni popolari «Galli Silvestro» con il patrocinio della Provincia e del comune di Grosseto e con la collaborazione dell’Apt di Grosseto e l’Archivio Tradizioni popolari della Maremma. Informazioni allo 0564-863706.
Per saperne di più: «Canterem mirabili cose». Immagini e aspetti del Maggio drammatico, a cura di Elena Giusti, Ets, Pisa 2000, euro 15,49. oppure anche il sito www.valeria.martini.name/: possiede una bella galleria fotografica e alcuni link con siti di tradizioni popolari.
Antonio Guscioni di Montereggio in Lunigiana, appassionato di tradizioni popolari, ne rammenta ad iosa di «maggi» che, precisa, si definiscon «lirici» poiché accompagnati da strumenti musicali, «maggi» che han scandito i tempi della vita, ravvivato la giovinezza, da sempre primavera della vita, e riempito di nostalgia l’età della canizie. Pur non essendo di Montereggio, Guscioni ha deciso di stabilirsi definitivamente qui, nella patria dei maggianti della Lunigiana, perché dice «tra queste pietre si conserva e si trasmette un patrimonio di inestimabile valore culturale». Il «maggio», la pratica del recitar cantando, non è infatti soltanto un miscuglio di riti propiziatori legati al culto della natura, ma una collaudata accademia di umanità.
Montereggio, paese dei librai, e altre località della Val di Magra, ogni anno nel giorno del primo maggio accolgono una dozzina di cantastorie che vanno a bussare di porta in porta, stornellando «in questa casa ci canta il cucco / e Dio del ciel (non) faccia bruciar tutto». Retaggio di quando il «maggio» era un modo per chiedere qualcosa, per ingrassare le magre sporte di cibo della società rurale, dando in cambio buoni auspici. Allora, ricordano i più vecchi, compagnie di maggianti spuntavano dagli angoli del borgo danzando a suon di musica e al corteo si aggiungevano frotte di ragazzi e giovinetti, in un crescendo emotivo che si concludeva con l’atteso trionfo bacchico.
Ma chi canta oggi il «maggio»? Oltre ai veterani che per molti lustri hanno attraversato le strade con cappellacci, fisarmoniche e bicchieri di vino, da qualche anno anche giovani e giovinette del borgo, desiderosi di apprendere l’antico metro, si sono aggiunti al gruppo. Sono operai, impiegati, artigiani, figli di contadini che nel tempo libero si dedicano al folclore e al recupero di antiche tradizioni locali.
Il bello del maggio lirico racconta uno di loro è che andando di famiglia in famiglia capita di dover «personalizzare» il canovaccio e così la creatività diventa una nota frizzante e l’occasione per intavolare motteggi e scherni di buon gusto. «Donne vecchie e maritate, state attente alle vostre figlie, che non cascan nel periglio, che non cascan nel peccato, donne vecchie e maritate» (dal testo del maggio di Rossano risalente al Seicento).
E se il «cantar maggio» è tornato di moda puntualmente sono arrivate pubblicazioni, convegni, incisioni, filmati e studi di storia popolare nonché incontri tra gruppi canori, come quello in programma a Leivi, in provincia di Genova, domenica prossima 9 maggio, a cui prenderanno parte ben 15 associazioni provenienti dalla Lunigiana storica, da Genova e da Piacenza. Sarà anche un bene, non discutiamo, ma, come afferma un «maggiante» d’altri tempi, parafrasando Dante, «la poesia del maggio intender non la può chi non la pruova».
Un invito a godere di spettacoli dal vivo di forte impatto visivo, fra fuochi e piroette. Sono le magie di cui è esperta la Compagnia del Drago Nero, con i suoi racconti medioevali, narrati attraverso voci fuori campo e azioni sceniche ad effetto, danze, duelli, scanditi dal fuoco. Quest’anno toccherà a loro inaugurare la grande festa all’aperto castellana, con un nuovo show, presentato qui per la prima volta in occasione del decennale della compagnia. Fin dal venerdì sera la festa esplode con tutta la sua forza, fra tammurriate e antiche villanelle, fra sceneggiate e canzoni di millenario repertorio napoletano. È la musica a farla da padrona nelle irresistibili performances di Attrazioni napoletane e di una straordinaria formazione di cantastorie al femminile, Les Assurd, trio di notevoli musiciste, cantanti, affabulatrici che pescano ad ampie mani nel repertorio napoletano.
Ma c’è anche spazio per le gag rumoristiche, gli imprevedibili concerti per cucchiai, pentole, secchi, scope e quant’altro possa suonare. C’è spazio per la clownerie musicale dei Trabagai a Castelfiorentino, ma anche per gli stornelli di una storica coppia di cantastorie, Felice e Celina, «Cantastorie per scelta e per necessità» di resistere a una certa cultura dominante che uccide la fantasia. E ancora, tra i pezzi forti e i momenti più attesi del festival organizzato dal comune di Castelfiorentino in collaborazione con l’associazione teatrale Terzostudio, ecco sbocciare, il sabato, la Città amorosa: ammiccamenti, corteggiamenti, serenate e canti d’amore in tutte le salse, animazioni e laboratori, nidi d’amore di uccellini, palloncini a forma di cuore, e tutto quello che si può rubare all’immaginario kitsch per farne un’ironica e spassosa ricognizione dei temi dell’amore. Fra piogge di petali lanciati dall’alto dei trampoli, danze e racconti dall’antico Egitto e dai paesi del Medioriente raccontate a passo di danza da danzatrici professioniste dirette dal coreografo e danzatore Daniele Carnazza, italiano di nascita ma che a lungo ha studiato in Francia.
E ancora sul versante dell’installazione surreale, le statue umane, le bizzarre figurazioni dello straordinario mimo inglese Chris Channing. Sul versante della canzone e del teatro musicale, il talento di Felice Pantone, nome storico del teatro italiano, non solo di strada. E una polifonia di suoni dal mondo, fra concerti con il tradizionale strumento dei cantastorie, l’organetto di barberia, e suggestivi concerti all’aperto di musica celtica. Domenica, infine, spazio al mercato, con spettacoli per grandi e piccini, fra i quali spicca la novità del «Pinocchio» della compagnia Gat e il Circo degli Asinelli. Gran finale con il travolgente concerto itinerante della Bandarotta Fraudolenta. Per informazioni, associazione Terzostudio: tel.0571-485078.