Cultura & Società
Santa Giulia, il silenzio dell’operosità
Fa parte probabilmente di quel considerevole gruppo di Santi, detti africani, che furono spinti sulle coste italiane dalle persecuzioni degli invasori barbari, in particolare dei Vandali, giunti sulla sponda opposta del Mediterraneo e che dettero luogo a una seconda predicazione del Cristianesimo in Italia. I Santi africani operarono nel VI secolo e alcuni furono martirizzati sotto Totila: Regolo, Cerbone, e Felice, sono vescovi; Clemente, Giusto e Ottaviano sono presbiteri. Dopo il loro arrivo i Santi presero vie diverse, operando e predicando in zone diverse della Toscana: San Regolo a Populonia e nelle zone vicine; San Cerbone a Populonia, poi venerato a Massa Marittima; Giusto e Clemente con Ottaviano a Volterra. Cerbone è senz’altro la figura più importante e le sue gesta sono riferite da Gregorio Magno.
Alcuni ritengono che il martirio della Santa sia avvenuto in seguito all’occupazione persiana del 616. Con molta cautela è da considerare la leggenda di Santa Giulia, per certi aspetti plausibile per certi altri fantasiosa, probabilmente ispirata a un racconto di Teodoreto di Ciro. Anche in questo caso dobbiamo dire che comunque non può essere stato solo un fantasma quello che ha lasciato tracce così profonde del suo passaggio, per cui, se è difficile l’identificazione, può essere facile crederne l’esistenza.
Non si può escludere che la leggenda sia nata percorrendo a ritroso il viaggio e la navigazione di reliquie appartenenti a una Santa martirizzata, per estrema ipotesi addirittura a Cartagine. La fuga fortunosa dei cristiani dalle lame dei Vandali sulle isole del Mediterraneo e sulle coste italiane ebbe la dimensione di un esodo e possono essersi determinate un’infinità di situazioni. Vi sarebbe anche una Santa Giulia che veniva venerata a Cartagine in quei tempi, insieme a San Florenzio.
Quella di Santa Giulia è una figura insolita, proprio perché femminile, che emerge con la dolcezza, la mitezza, la devozione, la capacità di farsi da signora serva e servire facendosi amare dal padrone come una figlia, in un panorama di assedi, distruzioni, eccidi, massacri, esodi sul mare, e violenze: una santa senza parole, dal puro esempio.
Il suo culto è particolarmente sentito in tutta l’isola della quale à patrona e il luogo del suo martirio è considerato come teatro di numerosi miracoli. Si invoca ancora, e non solo in Corsica, per ottenere la guarigione dalle malattie degli arti, le parti del corpo che coinvolsero il suo supplizio. Ogni tre anni il 22 di maggio si svolge qui una grandiosa processione in onore della Santa, che vede da ogni luogo della Corsica una vasta partecipazione di popolo.
Peraltro il viaggio era nella natura di questa figura. Infatti le sue spoglie non si fermarono.
Sulla fine del XVI secolo venne costruita accanto al monastero la Chiesa di Santa Giulia, dove ora è ospitato il Museo dell’Età Cristiana, per cui le reliquie vennero sistemate sotto il suo altar maggiore.
La soppressione in epoca rivoluzionaria costrinse a trasportarle nella Chiesa di San Pietro in Oliveto. Né qui ebbero requie: dopo altre sistemazioni si fermarono nella Chiesa del Corpo di Cristo, ma solo per trasferirsi nel 1957 nel nuovo seminario di Brescia intitolato a Maria Immacolata.
Fu durante la traslazione dalla Gorgona a Brescia, in una festa solenne che vide la presenza anche di Desiderio, che il popolo di Livorno, allora poco più di un paese, la elesse come propria patrona e una chiesa venne edificata nel luogo di una sosta delle sua reliquie.
La mitezza, la compostezza, la maestà e la dolcezza che assume in questa terribile posizione, fanno pensare a una meditazione sul suo comportamento leggendario, così lineare, riservato, dolce, anche davanti alla violenza e alla ferocia.
Molti vedono dietro a questa rappresentazione il modello degli antichi crocifissi bizantini, venuti in Italia dall’Oriente o imitati dai nostri artisti. Le antiche rappresentazioni bizantine del Crocifisso tesero a non togliere con la degradazione dell’ostensione della sofferenza del corpo martoriato, la dignità, se non la maestà di Cristo, coprendolo con un’ampia tunica, contro i dati della narrazione evangelica. Probabilmente a questo modello si rifanno soprattutto le più antiche immagini che abbiamo e che si trovano a Brescia. Sono quelle di un capitello della scuola antelamica, proveniente dalla cripta di San Salvatore, che ora si trova nel Museo Cristiano di Brescia. In due dei quattro lati si trovano raffigurate: La Crocifissione di Santa Giulia e Santa Giulia che tiene la croce tra la badessa e le monache.
Nel 1958 è stato ritrovato sul lato esterno sud della Chiesa di San Salvatore un affresco raffigurante Santa Giulia. Altri documenti si trovano ancora a Brescia, tra i quali una scultura di Santa Giulia crocifissa delle scuola dei Carra, al Museo Cristiano.
Due figure di Sante, Santa Giulia e Santa Liberata, sono rappresentate crocifisse nella nostra iconografia, al punto che spesso non si sa decidere se si tratti dell’una o dell’altra. Si è detto che spesso un terzo elemento si insinua in questo problema: le antiche rappresentazioni bizantine del Crocifisso. In particolare è nata una recente attribuzione a proposito di un celebre dipinto di J. Bosch (1450-1516 ca.) che si trova nel palazzo ducale di Venezia. Dopo essere stato considerato la crocifissione di Santa Giulia, un critico ha suggerito che invece sia da riferirsi a Santa Liberata. Ci permettiamo di osservare che spesso Santa Liberata compare crocifissa con la barba (e qui sorge qualche equivoco con gli antichi crocifissi di stile bizantino, dove il Salvatore compare con la tunica e la barba). Infatti vuole la leggenda che Santa Liberata fosse destinata al matrimonio e che questo fu scongiurato dalla comparsa sul suo viso di una folta barba. Inoltre nel comparto sinistro del trittico di Bosch compare una città in fiamme, che può essere Cartagine conquistata dai Vandali, mentre le navi arenate del comparto destro si accordano con l’arrivo di Giulia in Corsica, dove si sarebbe fermata per un naufragio. Però la figura dipinta da Bosch ha la corona, attributo di Liberata, figlia di un re. In questo caso dovrebbe avere anche calzari d’oro, che di solito accompagnano la corona. Come si nota è un problema non facile da risolvere.
Le grandi sante: le precedenti puntate
12. Maria Egiziaca, la Santa della solitudine e della penitenza
11. Apollonia, la donna forte di Alessandria
10. Bibiana, la Santa della fede semplice
9. Barbara, la santa oppressa dall’amore materno
8. Cecilia, la santa della bellezza spirituale
7. Perpetua e Felicita, le martiri madri
6. Agnese, santa della forza e della mitezza
5. Cristina di Bolsena, la martire fanciulla
4. Mustiola, la santa che camminò sulle acque