Cultura & Società

Le elezioni del Papa nella storia

DI ELENA GIANNARELLINell’agosto 827, morto Eugenio II, la scelta del successore avvenne in modo molto singolare. Allora non esistevano né il conclave, né tutto il cerimoniale visto in questi giorni. L’assembea dei fedeli, riunita, udì una voce dall’alto, che le indicava con chiarezza chi doveva essere l’eletto al soglio di Pietro. Clero ed aristocrazia, all’epoca in fiero contrasto, una volta tanto d’accordo, si portarono a Santa Maria Maggiore e dichiararono papa Valentino, ancor giovane diacono che aveva tenuto contatti e mediato fra i due opposti schieramenti. Lo insediarono sul trono pontificale, dove purtroppo rimase poco: morì nel settembre dello stesso anno. Ecco un esempio di elezione antica, che può costituire una curiosità, ma non un unicum. La scelta di un vescovo, a maggior ragione se di Roma, grazie all’indicazione di una voce dall’alto che ne suggeriva il nome, è un luogo comune in storie, biografie, scritti agiografici del cristianesimo delle origini; è chiaramente una ripresa del celebre episodio evangelico della voce che, al momento del battesimo di Gesù, indica in lui il figlio prediletto. Vescovi e papi sono in realtà figure di Cristo ed è logico che la loro scelta sia narrata in un contesto di allusività ad uno dei più importanti episodi della Scrittura.

Le fonti raccontano che il successore di Valentino, Gregorio IV, romano, ritenendosi indegno di diventare papa, si nascose nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano, per sfuggire alla nomina. Anche questa fuga, o meglio il tentativo di sottrarsi ad un compito che il prescelto vedeva come troppo grande per le sue forze, è un esito narrativo dell’affermazione evangelica secondo cui chi si umilia sarà esaltato. Naturalmente Gregorio venne scoperto subito, portato a forza al Laterano ed eletto pontefice. Tuttavia fu costretto ad aspettare sei mesi per la consacrazione, che avvenne il 29 marzo 828. Fu necessario attendere l’arrivo di un legato imperiale che garantisse la regolarità della nomina. Il problema era che il neo-eletto era stato voluto dall’aristocrazia laica e non dal clero, che gli era contrario. Secondo alcuni storici, addirittura i chierici tentarono di invalidarne l’elezione; i sostenitori sollecitarono un’inchiesta e da qui il ritardo. La scelta fu convalidata e gli oppositori si videro costretti ad accettarlo.

Come si vede, molti erano i condizionamenti che agivano sull’elezione del successore di Pietro. Scontri fra clero ed aristocrazia, ingerenze di re ed imperatori (anche in tempi relativamente recenti, come dimostra il tentativo di Francesco Giuseppe), lotte di nobilissime famiglie desiderose di imporre un loro candidato, segnarono per lungo tempo questo momento fondamentale di vita della Chiesa. Talvolta furono i papabili stessi a mettersi in gioco con ogni mezzo pur di raggiungere il sospirato soglio. E quasi dispiace, a questo proposito, chiamare in causa una figura come san Damaso, grande poeta e fine politico, fra i promotori di quella linea romano-centrica vincente, che vedeva nella Roma caput mundi christiani la vera erede della capitale politica e culturale del mondo antico. L’uomo di cui san Gerolamo fu segretario e che suggerì a quel grande filologo la necessità di operare una revisione dei testi sacri e di renderli in un latino decoroso (nacque così la Vulgata), fu al centro di vicende non del tutto limpide per quanto concerne la sua elezione. Essa fu segnata da un accanito contrasto con Ursino, da scontri violenti e perfino da un bagno di sangue, con l’occupazione della basilica lateranense.

La storia tuttavia riserva sempre delle sorprese. Così Tommaso Parentucelli aveva quattro anni quando nel 1401 gli morì il padre. La madre si risposò e come spesso succede il rapporto fra patrigno e figliastro fu problematico. Nacquero due fratelli e una sorella dalle nuove nozze e a dieci anni il piccolo ebbe una gravissima malattia. All’angosciata mamma apparve in sogno un pontefice, che la rassicurò sul futuro del figlio: egli avrebbe raggiunto i massimi onori ecclesiastici se si fosse fatto presbitero. Lo studioso Tommaso, divenuto grande umanista, amico di Poggio Bracciolini, Leonardo Bruni e del Marsuppini, come cardinale partecipò al conclave che doveva eleggere il successore di Eugenio IV. Un testimone oculare, Enea Silvio Piccolomini, ricorda che, alla fine dei novendiali in onore di Eugenio, l’ultima orazione funebre, tenuta proprio dal Parentucelli, colpì talmente i presenti che molti indicarono quel porporato come futuro papa. E d’altronde lo stesso Eugenio, prima di morire, lo aveva apertamente dichiarato suo successore. Il candidato ufficiale era Prospero Colonna, ma la fama della cultura del Parentucelli, la profezia del papa defunto, l’antico sogno della madre, la netta opposizione di potenti cardinali al rappresentante di quella nobile stirpe romana scompigliarono le carte. L’orfanello Tommaso divenne Papa Niccolò V.

Anche il Piccolomini salirà al soglio di Pietro col nome di Pio II. A lui la tradizione attribuisce un’ironica valutazione della particolare sensibilità umana rispetto a chi detiene il potere:

«Quand’ero Enea, nessuno mi volea, ora che son Pio, mi chiaman tutti zio».

Parole di papa: parole sante, è il caso di dirlo.