Cultura & Società
I segreti del Thè
Nell’avventura nonsense in cui Lewis Carrol precipita l’inconsapevole Alice, il thè e la sua quotidianità divengono il momento di transizione dalla realtà ordinaria a quella straordinana, onirica, fiabesca.
Alice esce dall’universo familiare del giardino per dissolversi nel mondo rovesciato delle meraviglie; qua l’attende una strana cerimonia del thè, immobilizzata nel «non tempo» delle sei e dei «non compleanni», dove il Cappellaio matto ed il Leprotto marzolino dilatano l’afternoon tea in una infinita dissoluzione della realtà che si apre, come già nel viaggio attraverso lo specchio, sull’inquietante dimensione del contrario speculare, dell’opposto.
Così il thè diviene la chiave semantica che evoca il concetto di ordinaria ed ordinata realtà, antitesi del disordine del sogno o dell’avventura, confine oltre il quale tutto può succedere; molto di più di un semplice espediente narrativo esso rivela la sua natura di archetipo culturale, così profondamente incuneato nelle abitudini del popolo anglosassone da poter assurgere a messaggio subliminale, il cui solo accenno è capace di evocare un complesso sistema di vita e di relazioni sociali, oltre che, ovviamente, alimentari. Come lo squillo di una campana richiama alla coralità liturgica delle funzioni religiose, il thè, questa «acqua condita con ingredienti vegetali» rivela immediatamente la sua funzione di bevanda «sociale»: di una socialità discreta e relativa, adattato ed educato strumento di relazioni; «inglese», appunto.
Ma la fortuna culturale del thé in Inghilterra nasconde una storia molto più recente e vicina di quanto si potrebbe supporre; una storia che si lega all’espansione commerciale europea nei mondi fiabeschi dell’estremo Oriente, nell’evo che siamo soliti definire «moderno», quando le colonne d’Ercole che per secoli avevano custodito il confine mediterraneo delle civiltà della vite e dell’olivo dischiudevano all’Occidente gli orizzonti esotici e commerciali dei vecchi e nuovi mondi.
Come il vino, sostanza sacra nell’area mediterranea, si associa nella leggenda giudeo-cristiana al nome di Noè, eroe prescelto da Dio a rifondare la civiltà dopo il diluvio anche il thè, pianta «culturale» del vasto bacino asiatico, affonda la memoria mitica delle sue origini nell’epoca in cui gli uomini erano più vicini al cielo e partecipi dei segreti delle piante rese sacre per le loro virtù alimentari o terapeutiche.
Generato dalle ciglia del Buddha nella leggenda giapponese o utilizzato da un santone quale strumento della sua ascetica veglia pluriennale come si narra in India o casualmente scoperto nel III millennio dall’imperatore Shen Nung, secondo la versione cinese, il thè ebbe la sua culla culturale nel Celeste Impero, dove le fonti ne testimoniano l’uso già nel terzo secolo dell’era cristiana.
La centralità sociale e familiare del thè nella cultura orientale ha determinato tutta una serie di infrastrutture destinate a far da cornice ai vari momenti ed alle differenziate funzioni che caratterizzano l’assunzione di questo infuso il cui consumo diverrà di fatto significativo in Europa solo negli anni 20 del Settecento, quando si apriva un canale diretto di scambio con la Cina nel quale avrebbe giocato un ruolo di rilievo la «United East Indian Company» che in una quarantina d’anni riusciva ad egemonizzarne questo commercio ormai trasformato in un affare colossale.