Cultura & Società
Il contributo dei cattolici alla Resistenza in Toscana
In sede storiografica si è verificata la tesi che dopo l’8 settembre del ’43 la presenza del Vaticano (che non è tutta la complessità della Chiesa, ma certamente ne è prezioso strumento) ha garantito un punto di riferimento solido nello sbandamento che travolgeva l’Italia, tanto ai laici/laicisti, ai liberali, quanto ai comunisti, ai democristiani e ai socialisti ecc., da ricostruire in un quadro unitario è il lavoro che parrocchie, congregazioni, comunità religiose hanno fatto, talvolta a prezzo di martirio, per preservare la vita di tanti (in primis di ebrei perseguitati da fascisti e nazisti) e rilanciare, con sostegno concreto, la possibilità stessa della democrazia nel nostro Paese. Vogliamo usare l’espressione «radici cristiane della ricostruzione dell’Italia democratica»?
Dal diario di Francesco Berti, medaglia d’oro della Resistenza e bella, costruttiva, figura del movimento cattolico toscano, emergono con forza alcuni punti di memoria che è bene riproporre: l’espressione «nazifascista» è consona ed esprime una complicità verificata e distruttiva, un movimento storico definibile e definito al di là degli episodi con cui si vuole differenziare fino ad assolvere e riscrivere la storia. La vicenda fiorentina andrebbe riproposta ogni qual volta si attacca la Chiesa a 360 gradi (Vaticano compreso): le parrocchie e le comunità che danno rifugio ai perseguitati etnici, religiosi e politici, hanno nomi e cognomi che Berti annota con cura. Quindi, il ruolo svolto da una parte dei cattolici per dare un futuro al paese contro la dittatura.
«Era certo il Cardinale ricorderà Vittore Branca, la cui testimonianza è riportata nel volume allora, la più grande e alta personalità presente in Firenze, abbandonata spesso, e alle volte necessariamente, da troppe altre personalità, tradita soprattutto da troppi intellettuali, da alcuni nostri ammiratissimi professori e uomini di studio che avevano tradito noi giovani, vendendosi dopo tante esortazioni alla libertà e alla giustizia e all’intransigenza per un seggio alla Accademia d’Italia, o per una cattedra romana o per un premio Mussolini o per avere il lasciapassare ad altri onori e che ora giungevano persino, nel settembre del 1943, a fraternizzare coi nazisti».
«La nostra fede nella libertà continua Branca nella giustizia, nella fraternità umana tradita, nell’Università e nei circoli culturali, aveva trovato rifugio e nutrimento proprio nella Chiesa e nell’Associazione cattolica, nelle encicliche e nelle omelie, anzitutto in quelle del cardinale Dalla Costa».
Quest’azione fu così incisiva e recepita nella vita comune che tanto per fare un esempio che può far sorridere quando la comunità di Sesto Fiorentino intitolò una strada a padre Eligio Bortolotti, un prete poco più che ragazzo preso per inganno e ucciso dai nazisti, lo onorò sinceramente aggiungendo «partigiano». Basta andare a Querceto e vedere.
Tra le foto riportate nel libro vi è anche un biglietto di Andreotti in risposta a Berti, datato 5 marzo 1964: «Ricordo sempre gelosamente e con affettuosa ammirazione i tempi d’oro della vigilia cospirativa. Oggi sono tanti quelli che si riempiono di inesistenti glorie passate, ma è fatto né nuovo, né da fare meraviglia». Appunto.
Francesco Berti, Diario di un anno. Cattolici e Resistenza in Toscana, a cura di Pier Luigi Ballini, edizioni Polistampa, pagine 226, euro 16.