Cultura & Società
«Sudoku», dare i numeri con saggezza. A Lucca il primo campionato mondiale
A Lucca hanno invitato anche Wayne Gould, un neozelandese di 60 anni giramondo mica male: ha fatto il magistrato a Hong Kong (fino all’arrivo dei cinesi), la moglie insegna all’Università nel New Hampshire, la figlia lavora per la tv a Londra e ogni tanto si ritrovano nella loro casetta in Thailandia. Il Sudoku non l’ha inventato lui. Ma è stato lui ad avere l’idea di farne un affare. Un giorno a Tokyo entra in una libreria e sfoglia libri. Non conoscendo gli ideogrammi, da appassionato di crittologia e programmazione di computer ne sceglie uno fatto quasi solo di numeri. Scopre così il Sudoku e decide che non sarebbe stata un’idea malvagia farlo conoscere nel resto del mondo.
Se il Sudoku vi fa godere o ammattire, ringraziate o maledite mister Gould, dunque. Il quale peraltro ha vinto una scommessa: che al mondo ci fosse ancora voglia di pensare. Di usare la logica. I giochi che sembrerebbero godere di maggior fortuna, infatti, si basano sulla fortuna o sull’erudizione. Se sei erudito metti alla prova il tuo cranio, altrimenti ti affidi alla dea bendata. Il Sudoku no, è logica pura. Di più: nella sua versione «chiusa» l’unica ammissibile secondo mister Gould il Sudoku ha una e una sola soluzione possibile. A modo suo, il Sudoku è quindi il passatempo più anti-relativista che ci sia. Occorre cercare la verità e per farlo è vano tirare a casaccio o sperare nella buona sorte. Puoi confidare soltanto sulla ragione e sulla tenacia. Naturalmente chi, armato di matita e gomma, sfida se stesso e riempie pazientemente le nove caselle per nove, ha tutt’altro per il capo. Ma nell’epoca del fare e dell’agire per istinto, capriccio o reazione agli stimoli, come si conviene al perfetto consumatore, pensare e ragionare è un bell’antidoto. Sembrano tutti degli impallinati, quei giocatori di Sudoku. Invece contribuiscono a disintossicare il mondo.