Cultura & Società
Prime Comunioni: oltre il vestito e la cerimonia…
La Prima Comunione toglie il sonno e accresce le preoccupazioni, fa lievitare le spese e alleggerisce il conto corrente. Ma va bene così, del resto è un evento e come tutti gli eventi che si rispettano deve essere pensato alla perfezione, nei minimi particolari. E poi, diciamolo, cosa non farebbero i genitori (le mamme) per i loro bambini!!!
E allora via alla macchina «infernale» della pianificazione e del business. Organizzazione è la parola chiave in certe occasioni. E poi, come dice il proverbio: «Chi ha tempo non aspetti tempo». Dunque già un annetto prima l’argomento Comunione è al centro delle conversazioni fra mamme: «Noi stiamo già pensando al ristorante, non vorremmo trovarci a brutte sorprese». Non solo, la domenica diventa il giorno del pellegrinaggio da un posto all’altro alla ricerca della trattoria con vista, dell’agriturismo carino, della villa immersa nel verde che possano essere la cornice giusta per la Festa delle Feste del figlio. Archiviato il capitolo ristorante siamo già a buon punto. Sicuramente serviranno gli straordinari sul lavoro ma siamo disposti a tutto «perché ai nostri angioletti non deve mancare proprio nulla». Per scegliere il menu preciso comunque c’è ancora tempo, meglio buttarsi sul vestito.
Il tema del «cosa mi metto» per la Comunione è particolarmente caro alle mamme dei festeggiati che, sempre per tempo, cominciano a sfilare in processione davanti alle vetrine di outlet e boutique occhieggiando qua e là «intanto per avere un’idea». Leit motiv ricorrente delle conversazioni fra signore: «Devo decidermi, è arrivato il momento di perdere qualche chiletto, soprattutto sui fianchi, altrimenti un abitino come quello non posso proprio permettermelo! E invece il giorno della Comunione vorrei fare una bella figura».
Le bomboniere, i confetti e i ricordini o santini di turno per gli invitati sono un fatto privato nel senso che almeno per questo non c’è bisogno di convocare l’ennesima riunione. Ma per le mamme la scelta è ardua e imbarazzante. Il prezzo viene in secondo piano, l’importante è fare la solita bella figura. Difficile prendere una decisione fra leggiadre farfalle di cristallo, angioletti e puttini, fiori, piattini e cornicine d’argento, animali e pupazzini di genere vario che prima o poi ma le mamme lo sanno? si guadagneranno sicuramente un posto nel cestino, ancorché il più grande della casa.
Finalmente il gran giorno è arrivato. Tutto è pronto, tutto è perfetto. I bambini fanno ingresso nella chiesa per la Santa Messa. Oggi si accosteranno per la prima volta all’Eucarestia. «Scusa, cara, ma cosa succede oggi di preciso?», chiede alla mamma l’amica non propriamente praticante e chissà se e come credente. Potrebbe essere l’occasione per una sia pur minima testimonianza di fede su quell’evento che, al pari di battesimi, matrimoni e funerali, ha condotto in chiesa anche gli agnostici. Ma mettersi lì a parlare di Gesù realmente presente nell’ostia consacrata non sembra proprio il caso: si potrebbe alzare il tono della voce alla prima obiezione, o, quel che è peggio, scivolare su una non proprio brillantissima conoscenza delle fondamenta del catechismo e della fede. Meglio glissare e sperare nell’omelia, che molti seguiranno con malcelata noia e pensando magari alle vicende di Moggi e Della Valle o, più banalmente… al pranzo. «Ne parliamo dopo, cara… Piuttosto, hai visto com’è ridicolo il cappellino della mamma di Gianni? E la zia della Paola, poteva anche risparmiarselo quel vestitino attillato fucsia shocking!».
Monsignor Simone Giusti, incaricato regionale per la catechesi, ne è sicuro. «Bisognerebbe cercare di uscire da un concetto intimistico e privatistico della Prima Comunione per arrivare alla celebrazione di una tappa di progressiva appartenenza del ragazzo e della famiglia alla comunità. Per cui proprio in questa logica educativa dovrebbe essere colto il percorso di iniziazione cristiana del figlio come un tempo in cui si compie anche un’educazione alla fede più matura della famiglia».
A questo proposito, sottolinea monsignor Giusti, «si può notare come la secolarizzazione e la scristianizzazione della società non abbia inciso più di tanto perché si vede che i ragazzi stanno perpetuando riti e consuetudini religiose che erano dei loro padri. Però tutto questo per un senso di appartenenza religiosa ma non per una vita di fede vera e propria. E per questo occorre cogliere questo tempo come un’occasione d’oro in cui far compiere anche ai genitori stessi una progressiva presa di consapevolezza del mistero eucaristico e della necessità di una vita di grazia».
Secondo l’incaricato per la catechesi, «questa impostazione deve essere vista in una logica di rievangelizzazione che quindi supera una logica puramente di celebrazione di una tappa della fanciullezza del bambino. Una tappa molto popolare che è bene che rimanga perché si vive anche di tradizioni, ma al tempo stesso bisogna che sia innervata su una proposta più forte».
Di conseguenza anche la celebrazione stessa deve prendere un taglio adulto e rendere protagonisti genitori e figli insieme.
«Non solamente una celebrazione infantile sottolinea ancora Giusti , giocata su alcune sdolcinature, ma una Messa dove i genitori vivano la loro fede e la testimonino al figlio. Anche la disposizione in chiesa dovrebbe prevedere non i bambini da soli e i genitori chissà dove, ma vicini».