Cultura & Società
Quel che resta delle sartorie teatrali
Sono in salvo, invece, i costumi vestiti per il film «La caduta dell’Impero Romano» (1964), genere storico, regia di Anthony Mann, costumi di John Moore. «E presto ne faremo un’esposizione» dicono alla Fondazione.
Alla porta della sartoria Cerratelli bussano famosi registi: Bolognini, De Filippo, Visconti, Zeffirelli, Ronconi, Strehler.
Nascono, così, gli abiti di scena dei film di Franco Zeffirelli: «Amleto», «Otello», «Romeo e Giulietta», «La bisbetica domata». E più tardi, i bellissimi costumi di «Casanova» di Fellini e di «Fratello sole, sorella luna» di Zeffirelli.
Siamo negli anni Settanta, la sartoria è nel pieno della sua attività. Vi lavorano in sessanta persone tra sarte, tagliatori, modisti, tintori.
Nel 1985 la sartoria Cerratelli realizza i costumi per «La Venexiana», regia di Mauro Bolognini e, nel cast, Laura Antonelli, Monica Guerritore, Claudio Amendola, Annie Belle, Stefano Davanzati, Michelangelo Pace. Nello stesso anno mette il suo sigillo sulla produzione britannica «Camera con vista» di James Ivory, insignito di tre premi Oscar: sceneggiatura, art direction e, appunto, costumi. Nel 1990 collabora con Tacchella a «Les dames galantes» e con Franco Zeffirelli in «Hamlet».
Nel frattempo teatri di tutto il mondo si rivolgono alla casa fiorentina: grazie alla collaborazione con Zeffirelli nasce il «Lorenzaccio» in occasione della riapertura alla Comedie Francaise a Parigi. Ma la Casa d’arte Cerratelli collabora anche agli allestimenti al Metropolitan di New York, al Liric Opera di Chicago, al Royal opera house covent garden di Londra, al Bundestheaterverband di Vienna, al Wuttemberische staatstheater di Stoccarda, all’Hamburgische staatsoper di Amburgo, al Grand theatre di Ginevra.
Nel cinema come nel teatro la sartoria Cerratelli è propheta in patria: chiedere per credere ai teatri alla Scala di Milano, Comunale di Firenze, la Fenice di Venezia, il Regio di Torino, l’Arena di Verona, il San Carlo di Napoli, l’Opera di Roma, il teatro Bellini di Catania o il teatro Massimo di Palermo. In tv i costumi della sartoria fiorentina sono stati vestiti dagli attori di «Maria Stuarda» (produzione Rai) o «I Borgia» (per la Bbc).
Poi la chiusura ed il rischio di perdere un patrimonio storico così rilevante. La Fondazione nasce un anno e mezzo fa, grazie ad una felice intuizione di Floridia Benedettini della sartoria Carnet di Pisa. Ha un’anima privata, la stessa Benedettini, direttrice ed amministratrice delegata della fondazione, ed una pubblica: il presidente è Paolo Panattoni, sindaco di San Giuliano Terme e con lui ci sono i rappresentanti della Amministrazione provinciale e dell’Università. Preziosa, appunto, la collaborazione con il locale Ateneo che porterà alla catalogazione del patrimonio esistente. Oggi, nella sede della Fondazione Cerratelli, insieme ai costumi della sartoria, troviamo anche 20mila locandine di film, foto di scena, manifesti recuperati con lavoro certosino dal professor Pier Marco De Santi e bozzetti dei costumi.
Fondata nel 1860, la sartoria possiede circa 500 costumi ed una piccola ma davvero interessante collezione di abiti femminili e maschili come pure di accessori che vanno dall’800 agli anni ’40.
La Sartoria teatrale fiorentina è impegnata per lo più nella creazione di costumi per l’opera lirica e la danza e spesso ha avuto l’onore di vestire Carla Fracci per alcuni dei suoi balletti.
In piazza del Duomo lavorano tre sarte ma «nei momenti del bisogno come ci dice Michela ricorriamo ad altro personale. Del resto cucire un abito teatrale è un procedimento lungo e complicato, ci sono le imbottiture, il coulinsonne, le gorgiere, gli inserti di stoffe diverse, i tantissimi particolari che servono a dare un tocco particolare a quell’abito o a quel mantello».
Ma sarebbe un errore pensare che in piazza del Duomo approdino solo attori o personaggi illustri del mondo dello spettacolo. In realtà la sartoria lavora moltissimo anche grazie al noleggio di abiti ed accessori (in primo luogo cappelli di ogni forgia e colore) per il Carnevale e feste varie, cerimonie, sfilate e manifestazioni storiche.
La sartoria ha fornito i costumi (di Elena Mannini) per l’«Orlando Furioso» di Luca Ronconi per il Festival di Spoleto e quelli maschili per «Opera comique» con la regia di Antonio Calenda. Recentemente ha realizzato un drago di 12 metri e un serpente di 8 per il «Flauto magico» di Mozart andato in scena al teatro Romolo Valli di Reggio Emilia con la regia di Daniele Abbado. Inoltre ha fornito parte dei costumi per la sigla della trasmissione «Scherzi a parte»; ha realizzato, disegnati dallo stesso Massimo Poli, i costumi per «Il custode dell’acqua» andato in scena a San Miniato e quelli per la nuova produzione di Micha von Hoeche «Au cafè». Sempre nel corso del 2006 ha realizzato costumi per «Falstaff», «Giulietta e Romeo», «Gianni Schicchi», «Tosca» e «La roccia» di Eliot con la regia di Pino Manzari andata in scena sempre a San Miniato nel luglio scorso.
«Quello del costumista ci dice la signora Anna è un lavoro che ha bisogno di un grosso sforzo mentale e di una grande tensione anche se alla fine la sua opera sarà invisibile quanto più sarà riuscita, rappresentando una seconda pelle per l’attore, il cantante o il ballerino, ovvero quella del personaggio».
L’ultima «fatica» della nota costumista risale a cinque mesi fa quando ha lavorato per il balletto «Giselle» con l’Opera di Roma. Ora, però ci dice è arrivato il momento di smettere davvero. Ho 80 anni e ho lavorato molto, adesso basta». (L. P.)