Cultura & Società
Alla ricerca dell’etica perduta
Con la quinta edizione del Novembre Stenseniano dal titolo «Etica Valori e princìpi in una società pluralistica e multireligiosa» un percorso riflessivo e interdisciplinare che, iniziato il 7 ottobre, proseguirà fino al 1° dicembre (nove convegni, un ciclo filmico sull’etica dell’informazione giornalistica e un’esposizione di «Fotografi Senza Frontiere») l’Istituto Stensen di Firenze (viale don Minzoni 25, www.stensen.org) tenta di riflettere su questioni aperte e quanto mai attuali attraverso l’intervento di filosofi, scienziati, economisti, politici, teologi, sociologi e giornalisti. Il percorso si propone di individuare nuovi strumenti e metodi di valutazione etica adeguati alla complessità e novità dei problemi che coinvolgono importanti ambiti della nostra vita come l’economia, la politica, la società.
L’iniziativa nasce dalla percezione di un affievolimento della sensibilità etica in diversi ambiti della società e della vita pubblica, un’etica sempre più residuale e marginalizzata, disarmata e messa al servizio del potere. Ma in senso generale, cosa si intende per Etica? Con questa parola, dal greco éthos, che significa «comportamento, costume», si intende il complesso di norme morali e di costume che regolano un determinato comportamento sociale, in riferimento a particolari situazioni storiche. In senso specifico, rappresenta la «scienza della condotta», del fine della condotta e dei mezzi per raggiungere il fine, o anche del movente della condotta. L’Etica è strettamente connessa al «bene» e alla «virtù»: in senso più ampio, alla riflessione sulla natura dell’uomo. È distinta da «moralità», che indica l’aspetto soggettivo della condotta, ossia l’intenzione del soggetto e la sua disposizione interiore, e da «diritto», che si riferisce alla coesistenza civile.
«L’uomo, oggi spiegano i giovani filosofi del Gruppo Epochè, costituitosi di recente nell’ambito delle iniziative promosse dallo Stensen vive in un contesto fortemente caratterizzato dalla percezione di uno stato di complessità e di assenza di valori. In altri termini, si tratta di un uomo dis-orientato, che ha smarrito la via: egli sente con urgenza una esigenza di riflessione etica al plurale che riesca a cogliere le molteplici dimensioni storico-esistenziali. Ragion per cui precisano gli studiosi del Gruppo Epochè che si propone come palestra di indagine costante per un dialogo permanente tra i saperi è opportuno non tanto parlare di etica, quasi si trattasse di un’unica via, obbligata a senso unico e da seguire in modo irresponsabile: quanto di etiche che, come una pluralità di sentieri da percorrere con saggezza e cautela, riescano a tracciare nuove direzioni in grado di schiudere orizzonti di senso nei quali la molteplicità di valori e la loro intrinseca contraddittorietà (valori e disvalori) siano sempre compresenti, ottenendovi tutela, raccordo (nell’ottica del confronto) e pari cittadinanza».
Il percorso storico del Novembre Stenseniano si è aperto il 7 ottobre con una sessione su «Bene e virtù» presieduta da Francesco Firrao e Pietro De Marco. Proprio De Marco, sociologo della religione all’Università di Firenze e alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, ha chiuso la sua introduzione alle conferenze con un paradosso. «Se la teoria ci mette di fronte alla fragilità, se non addirittura all’ostilità dell’etica verso i nostri (pretesi) bisogni autentici ha affermato il professore e sembra chiederci di inibire il nostro giudizio morale, il giudizio etico in pubblico e sui comportamenti pubblici è, invece, un esercizio comune. Non vi è opinion maker o maître à penser che non levi la sua voce, anzitutto come singolo, fuori da ogni ordinamento fondante. Questa azione giudicante nella vita pubblica ha proseguito De Marco senza una rigorosa cultura etica condivisa, non ci pone forse serie domande? Con quale fondamento e da quale pulpito le guide dell’opinione pubblica praticano il giudizio morale in pubblico, selezionano casi e argomenti, uomini e fattispecie di immoralità? E poi, l’argomento del bene pubblico offre dei legittimi surrogati alla carenza di fondamenti (affermata in sede rigorosa)?». A questo punto ha concluso il sociologo dobbiamo sottoporre alla filosofia o comunque alla riflessione almeno una domanda classica: «o la riflessione ammette che vi è una predicabilità etica in pubblico esonerata dagli impegni di un giudizio etico rigoroso, oppure che credenze e principi etici fondamentali esistono in se stessi, validamente ed indipendentemente da ogni test (filosofico) di correttezza».
Istituto Stensen, Firenze, viale Don Minzoni 25, www.stensen.org; tel. 055/576551).
Il sito dello Stensen con il programma dettagliato degli incontri