Procurarsi l’acqua in città in posizione dominante su colli e rilievi è la sfida che ha visto impegnati gli antichi abitanti della Toscana, primi fra tutti gli Etruschi che per motivi strategici edificavano i centri abitati su alture, lontano da corsi d’acqua importanti e da malsane pianure. L’approvvigionamento idrico e la conseguente ricerca continua dell’acqua da convogliare in fonti e pozzi ha lasciato testimonianze nel «ventre» di alcune città, dove, sotto ai monumenti e alle piazza conosciute e ammirate, si diramano cunicoli e ambienti antichissimi, città sotterranee sconosciute e piene di storia. Chiusi, Massa Marittima e Siena sono tre famosi centri toscani che ancora custodiscono questo segreto. Chiusi era una delle città più importanti della dodecapoli retta dal lucumone Lars Porsina o Porsenna, elemento di contrasto dell’espansionismo romano nella penisola italica. Nel sottosuolo della città di Chiusi è possibile visitare oggi il cosiddetto Labirinto di Porsenna, cioè un percorso sotterraneo dal fascino straordinario, a cui si accede dal Museo della Cattedrale in piazza Duomo. Scendendo sotto la città si scopre un mondo di gallerie, disposte su vari livelli, che servivano a procurarsi acqua: la roccia in cui erano scavate drenava l’acqua che veniva convogliata in bacini sotterranei. Basterebbe già questa prova di abilità tecnica a rendere il luogo degno di una visita, sennonché si è aggiunta, nel corso dei secoli, la leggenda della sepoltura di re Porsenna in un luogo ancora oggi misterioso. Gli indizi sarebbero da ritrovare in un testo di Plinio, che narra di un favoloso carro d’oro con funzione di sarcofago che avrebbe accompagnato il potente re etrusco nell’aldilà: sepolto sotto Chiusi, protetto da un labirinto. La leggendaria tomba non si è mai trovata, ma altri ritrovamenti parlano della storia antichissima dei cunicoli, come le numerose urne cinerarie recanti i nomi etruschi dei defunti, che affollavano una sala sotterranea. O come l’ampio spazio sormontato da volte a botte e sostenuto da un pilastro centrale, di epoca romana del I secolo a.C., collocato esattamente sotto il campanile del Duomo di Chiusi, dove trova posto una cisterna di forma circolare, che si offre agli occhi come un magico laghetto dalle acque limpide. Sulla celebre piazza di Massa Marittima, il prossimo marzo, tornerà a splendere il Palazzo dell’Abbondanza dopo un lungo intervento di restauro. L’edificio, caratterizzato da tre imponenti archi a sesto acuto, ospita la fonte pubblica di origine medievale, luogo di approvvigionamento idrico della città, collocato strategicamente dentro la cinta delle mura. Il piano superiore del palazzo, più tardo, fungeva da granaio pubblico, una sorta di magazzino comune dei raccolti che poteva nutrire la cittadinanza in caso di carestie o assedi. Una nobile istituzione, da cui trae origine il bel nome attribuito al palazzo; il comune lo ha destinato a mostre e convegni. Sulle pareti dell’edificio, una sorta di luogo simbolo del benessere materiale della cittadinanza massetana, era stato dipinto anche un celebre affresco che rappresenta un albero, carico di frutti come simbolo di fertilità. La bella fonte zampillante sorge laddove l’acqua trova uno sfogo dopo aver a lungo impregnato la porosa roccia di travertino e aver trovato, a questo punto, della roccia impermeabile. Le Gallerie delle Fonti, scavate per approvvigionare l’acqua, andavano a ricollegarsi ad una fitta rete di cunicoli, scavati sotto la città da tempo immemorabile. Visitando la galleria sotterranea si offre uno spettacolo maestoso per il lavoro fatto dall’acqua al suo passaggio: pavimento e soffitto sono rivestiti di calcare, si vedono stalattiti e stalagmiti. Un’esperienza analoga si può fare nei Bottini di Siena, forse i più famosi cunicoli portatori d’acqua di Toscana. Il nome non deve allarmare, deriva solo dalle volte a botte a copertura dell’ingegnoso impianto di raccolta e canalizzazione dell’acqua di falda. A Siena il fiume non c’è, ma le fonti pubbliche sono conosciutissime, basti pensare che Fontebranda fu cantata da Dante nella Divina Commedia e che la stessa è dedicata a Santa Caterina. Per tutto il Medio Evo Siena fu scavata da squadre di minatori reperiti nelle vicine colline metallifere, che nel tufo su cui sorge la città avevano il compito di creare l’acquedotto. Fare un cunicolo era cosa lenta, le volte dovevano essere rinforzate; il gorello, cioè il canale di scorrimento, doveva essere segnato in modo tale che l’acqua procedesse esclusivamente grazie ad una lieve pendenza. Nessuno poteva circolare liberamente per i bottini, luoghi così importanti per la città da essere sorvegliati anche da guarnigioni armate. L’espansione massima dell’acquedotto sotterraneo si ebbe nel 1466, con 25 chilometri di gallerie; tuttavia i canali principali sono due e conducono alle due fonti più celebri di Siena, Fontebranda e Fonte Gaia. Se quello di Fontebranda è il canale più antico, quello di Fonte Gaia è il più complesso perché la fonte, situata in piazza del Campo, è già a più di 300 metri sopra il livello del mare. L’acqua che l’alimenta viene quindi da molto lontano, dalla parte nord di Siena. I bottini hanno funzionato a pieno regime fino alla Prima Guerra Mondiale, e ancora oggi alimentano non solo le fonti ma anche utenti senesi. I due tratti maestri dei bottini possono essere visitati grazie all’impegno di un’associazione culturale, La Diana, che li ha presi in carico e che organizza visite guidate allo scoperta delle meraviglie naturali create dall’acqua nelle gallerie artificiali scavate dall’uomo. Per saperne di piùL’ingresso al Labirinto di Porsenna è dal Museo della Cattedrale, solo con guida. Informazioni sull’orario di apertura e sui prezzi presso il Museo 0578226490 o presso l’ufficio informazioni turistiche 0578227667. Per le Gallerie della Fonte dell’Abbondanza chiamare il Servizio Musei Cooperativa Colline Metallifere 0566902289. Per i Bottini di Siena rivolgersi a La Diana 057741110. Tutti i luoghi descritti saranno aperti nelle date indicate nel sito www.toscanaunderground.it