Cultura & Società

Padre Pio, una cosa è la storia, un’altra la fede

di Franco Cardini

Insomma, bisogna capirci: e per questo è necessario esser chiari, a costo di apparire un po’ bruschi.

Padre Pio da Pietrelcina è stato e rimane uno scandalo. Forse una follia. Che cosa c’è di nuovo, in tutto ciò? In apparenza, un bel nulla: «scandalo per i giudei, follia per i gentili»: questo è, appunto, la croce. Simbolo del cristianesimo, che deve tanto appunto sia al giudaismo, sia al paganesimo grecoromano: che è impensabile senza l’uno e senza l’altro e che tuttavia è un’altra cosa rispetto ad entrambi e per entrambi incomprensibile, mentre non può esser compreso senza di loro. Lo scandalo Padre Pio è lo scandalo della croce.

E’ uscito di recente un libro edito dalla Einaudi, Padre Pio, di Sergio Luzzatto, giovane e valorosissimo storico dell’Università di Torino, specializzato in storia contemporanea e, in particolare, delle vicende del fascismo e dell’antifascismo. Al riguardo, vanno dette subito due cose che sembreranno in contrasto tra loro: e invece – questo va capito subito e senza malintesi – sono profondamente collegate e inscindibili tra loro.

Primo. Quello di Luzzatto è un libro bellissimo, eccezionalmente documentato, straordinariamente ben scritto, spiritoso e coraggioso ma al tempo stesso scientificamente fondato, esito di un paziente e monumentale lavoro. È un libro che fa finalmente luce su molte tra le pieghe nella storia non solo di un uomo (e di tanti uomini e donne che in lui hanno creduto o che l’hanno avversato), ma anche in quella della Chiesa e dell’Italia del tormentato, terribile Novecento. È un libro che parla di tutti noi, che ci riguarda; impietoso forse, ma non spietato: al contrario, ricco anche d’umanità e di comprensione sotto la scabra scorza d’un’equità scientifica che non è mai, non può mai essere asettica obiettività. Sergio Luzzatto è, almeno in parte, legato alla tradizione culturale ebraica, anche se personalmente ignoro se sia credente o meno; non è né cattolico né cristiano, ma ciò non implica affatto che egli sia anticristiano o anticlericale. Chi ha avuto l’impressione d’un libro disincantato e magari perfino polemico, lo rilegga: premesso che il «disincanto» è un dovere dello storico – ce l’ha insegnato il grande Max Weber – si tratta d’un libro pieno di rispetto per l’oggetto del suo studio.

Secondo. La santità non è argomento né di discussione, né di negoziazione. Qui non c’entrano né la ricerca storica, né le complesse vicende e le varie miserie umane, né la relatività delle verità umane, né i vari relativismi oggi di moda. La santità, nella Chiesa cattolica, riguarda appunto la Chiesa cattolica e il suo rapporto con ciò che, per essa e per chi vi appartiene, è la Verità (una volta tanto, con la V maiuscola). Che non coincide affatto né con la «verità obiettiva» alla quale ogni persona in buona fede e di buon senso tende, né con la verità storica che si accerta attraverso i documenti e la loro verifica scientificamente condotta, né con la cosiddetta «terza verità», quella massmediale, ch’è la più incerta e la più pericolosa di tutte.

Santi sono coloro che esercitano in grado eroico le virtù cristiane; è santo chi, dopo la conclusione della sua vita terrena, riposa nella Pace del Signore ed è indissolubilmente collegato con tutti coloro che, vivi o defunti che siano, sono nella Sua Grazia. È questa la «comunione dei santi», la stragrande maggioranza dei quali è ignota. La Chiesa ne ha ufficialmente e solennemente riconosciuti solo alcuni, in seguito a un’attenta escussione dei fatti e delle testimonianze che riguardano ciascuno di loro. La canonizzazione di un santo è l’esito conclusivo di un processo lungo ed attento, che riguarda solo la Chiesa e che non può essere soggetto a critiche né a revisioni di sorta. Questa è la norma fondamentale all’interno d’un processo logico che riguarda il cattolicesimo ed esso solo: ciò non è soggetto a logiche umane di sorta, né può esser messo in discussione. Tutte le religioni hanno segreti, misteri o dogmi che ne costituiscono il fondamento e che non possono costituire oggetto di accordo o di discussione con chiunque a ciascuna di esse sia estraneo. Non ha senso contestare il fatto che per i buddhisti Gauthama Siddharta sia un «Risvegliato» alla Verità dell’Essere Cosmico; né esaminare e criticare la Torah alla luce di principii che non le siano intrinseci; né discutere che il Corano sia o no la parola di Dio, cercando di convincere un musulmano ch’egli possa rimaner tale pur accettando che tale fatto possa diventar oggetto di transazione o di un «ragionevole accordo a metà strada». La Chiesa cattolica ha a sua volta i suoi dogmi, collegati al Logos universale ma che non hanno nulla a che fare con la ragione umana: esattamente come, in matematica, non si discutono i postulati che consentono la catena delle deduzioni razionali. Uno dei dogmi su cui la Chiesa si fonda riguarda i pochissimi, eccezionali casi nei quali essa rivendica, alla luce del suo patto con Dio, l’infallibilità: la parola del papa quand’egli la proferisca ex cathedra (e non in altri casi), l’assistenza dello Spirito Santo ai cardinali riuniti in conclave per l’elezione di un nuovo pontefice e la canonizzazione di un nuovo santo.

Padre Pio da Pietrelcina è stato canonizzato alla fine di un iter complesso, concitato, che ha sollevato molte e lunghe discussioni. Per i cattolici, egli è con certezza nella Pace del Signore perché si è appurato che ha esercitato in grado eroico le virtù cristiane. Il che non significa affatto che non sia stato egli stesso un peccatore, perché lo siamo tutti; né che, attorno a lui e all’ombra della sua travolgente personalità carismatica, non si siano potuti consumare affari poco limpidi e imbrogli. L’equivoco di fondo è quello limpidamente segnalato appunto da Sergio Luzzatto: «Quale pratica sociale, la santità comporta rituali d’interazione; i santi contano per come appaiono, non per come sono». Giusto: a patto di ricordare che questa è, appunto, la verità storica e sociale: che non ha nulla a che fare con quella che per il cattolico è la Verità, che può con essa coincidere o no, in tutto o in parte, ma che resta altra cosa.

Il cappuccino stigmatizzato non piaceva a molti: pare non piacesse granché neppure al cardinal Roncalli, poi divenuto papa Giovanni XXIII. E allora? Forse non correva granché buon sangue neppure tra Tommaso d’Aquino e Bonaventura di Bagnoregio, il che non toglie che siano entrambi santi, oltre che dottori della Chiesa. Non giurerei neppure sulla costante armonia tra Ignazio di Loyola e Filippo Neri, e potrei andar aventi di questo passo per un bel pezzo: e allora?

Padre Pio manteneva rapporti amichevoli o comunque di conoscenza e magari di stima con personaggi poco raccomandabili: perché, forse che Gesù non frequentava pubblicani e samaritani, anzi samaritane? E Francesco non se la faceva sovente con cavalieri riottosi, briganti da strada, poveri orgogliosi e violenti? Pio si circondava di un codazzo di buone e forse qualcuna meno buona donne o addirittura signore che ostentava devozione ma anche familiarità nei suoi confronti, il che non mancava di alimentare malevoli commenti, ma anche di preoccupare – e non senza giustificazione – personaggi e prelati onesti e autorevoli. Bene, amici miei: prendetevi un po’ i molti volumi della Bibliotheca Sanctorum, l’autorevole enciclopedia biografica dei santi, e fatene lo spoglio. Vedrete che di moltissimi santi, specie di quelli che hanno esercitato poteri taumaturgici (un altro insondabile mistero, che la chiesa ammette con molta cautela ma che eccezionalmente sancisce), si diceva non senza ragione che venissero circondati da mulierculae, qualcuna magari di non proprio specchiate virtù, qualcun’altra convertita (da Maria Egiziaca a Margherita di Cortona, tante peccatrici incallite hanno saputo santificarsi; laddove tante buone devote non ce l’hanno fatta). Quanto alle stigmate e ai miracoli, si torna all’impossibilità di discuterne la veridicità e la natura: che siano fatti soprannaturali, è un fatto; che possano esservi molte cose che appaiono miracoli o stigmate e che tali non sono perché hanno a che fare con la frode, o con questioni di complessa natura psicologica e psicopatogena, è non meno vero. I non credenti possono dividere i fenomeni che cadono sotto i nostri sensi in naturali e innaturali, quindi credibili o meno, «razionale» e «irrazionali»; i cattolici dispongono di un’altra opzione, quella – rarissima e rischiosa, ma per essi non meno possibile – del Soprannaturale, del Metafisico. Sergio Luzzatto, con ogni evidenza, non crede nella realtà delle stigmate. Non ci crede nemmeno Chiara Frugoni, che ha studiato le stigmate di Francesco e che Luzzatto cita. Qui il dialogo con i cattolici diviene impossibile: ed è sempre bene isolare con chiarezza e rigore, appunto, i limiti del dialogo tra credenti e non credenti. Tale limite non può impedire la collaborazione e l’intesa su altri piani: ma tra il non credente che esamina un fatto fisico alla luce della storie e della ragione, e che deve darne necessariamente conto alla luce delle sue convinzioni, e il credente che si fonda sul dogma, non è possibile nessun compromesso. Dev’esser chiaro che né Luzzatto né la Frugoni credono nemmeno, che io sappia, nella resurrezione finale dei corpi, né tantomeno nella transubstanziazione: che non ricordino a ogni piè sospinto la loro incredulità in materia, è solo una questione di buon gusto e di convivenza. Ma va da sé che, in quanto non cattolici, hanno tutto il diritto alla loro incredulità: il credente può anche tentar di convertirli, anzi ciò sarebbe meritorio oltre che doveroso; ma non può sperare di persuaderli «razionalmente» di qualcosa che razionale non è. Il che lascia aperto il campo a un’infinità di altre occasioni di dialogo e perfino di convergenza e di consenso.

Padre Pio fu coinvolto e si «compromise» con il fascismo (come dimostrano i suoi rapporti con Giuseppe Caradonna), e addirittura con il neofascismo di personaggi come suo figlio, il «picchiatore» Giulio Caradonna, la madre del quale era una pia credente e una grande benefattrice. Qui si potrebbe partire dal complicato universo pugliese, che io ben conosco (ho insegnato a Bari tra ’85 e ’90), e magari perfino dal neofascismo (sono stato iscritto al MSI dal ’53 al ’65). Sergio Luzzatto ricostruisce bene, per quanto ne so io, il nodo tra fascismo, elaborazione del lutto per i caduti della Grande Guerra, convergenza tra ali del mondo cattolico e gruppi magari marginali della «fronda» fascista specie in concomitanza con la scelta di Francesco d’Assisi a patrono d’Italia, con il concordato del ’29 e con la guerra civile spagnola del ’36-’39. È il mondo che alcuni settori del vasto, variegato e contraddittorio mondo dell’antifascismo amano definire «clericofascismo», in genere un territorio evitato, specie dalla pubblicistica e dalla storiografia cattolica che ha al riguardo la coda di paglia. Con il risultato che non si riesce poi a capire un sacco di cose e anche di drammi che hanno attraversato il nostro paese. Il passato andrebbe storicamente e criticamente elaborato.

Pio da Pietrelcina non convinse molti veri cattolici, molto diversi tra loro: Angelo Roncalli ne diffidava, Agostino Gemelli dà l’impressione di averlo addirittura odiato. Sergio Luzzatto lo dimostra, puntando altresì il dito sul fatto che sul santo più amato dagli italiani ben poco in realtà finora si sapeva: nonostante le troppe biografie, spesso apologetiche. Ciò non diminuisce nemmeno di un grammo né di un millimetro il valore dei tre personaggi citati, né i loro rispettivi meriti. Luzzatto fruga altresì tra carte inedite e altre magari arcinote ma sulle quali si era preferito finora sorvolare, mostrando l’intreccio di affari e i businessmen non sempre troppo corretti e ben altrimenti che ineccepibili i quali ronzavano attorno a San Giovanni Rotondo, come ronzano sempre dove c’è odore di sofferenza, e quindi di necessità di aiuto, e dunque di carità, e pertanto di circolazione di soldi e magari anche di credulità (ch’è uno dei rovesci della speranza, e perfino della fede) da sfruttare. Alexis Carrell, medico umanitario ma ateo, a Lourdes si convertì: eppure, nemmeno Lourdes è stata risparmiata dalle ambiguità e dai loschi giri d’affari degli uomini. Che Padre Pio si sia lasciato, magari sovente, sorprendere e ingannare? È molto probabile: Luzzatto lo dimostra in più casi, ma non fa mai il processo alle intenzioni. Sa che il cuore dell’uomo è insondabile, anche quello di chi santo non sia.

E infine la girandola dei famosi e degli ignoti arcifedeli del taumaturgo di Pietrelcina: in molti casi fino al fanatismo e alla bestemmia. «Non sono cristiano, ma credo in Padre Pio», si è sentito spesso dire. Immagini portate come amuleti, confessioni fatte con lo stesso spirito con cui i pagani consultavano i sacerdoti di Delfi, comunioni assunte senza cognizione religiosa reale ma con spirito superstizioso: è il vasto àmbito nel quale s’intrecciano fede, «religione popolare», eterodossia cosciente e residui pagani, culto cristiano e magia. È il territorio esplorato da sociologi, antropologi e folkloristi, quello nel quale i santuari e i culti come quelli delle «Tarantate» o del «Beato Albertino», e magari la Smorfia e Vanna Marchi s’incontrano, e il rosario si porta al collo insieme con il cornetto di corallo portafortuna, e si recitano le preghiere cristiane durante i rituali di «fattura» e di «controfattura». Che ministri della chiesa abbiano talvolta troppo tollerato queste cose, e che qualcuno possa averne addirittura approfittato, è un fatto; com’è un fatto che ai santuari cristiani, ma anche dalle «maghe» e dai taumaturghi-ciarlatani, si scopre che nella nostra Italia andavano e vanno non solo le vecchiette o gli ammalati che hanno provato di tutto, ma anche giovani in cerca di lavoro o perfino affermati uomini di spettacolo, signori della politica e imprenditori di successo. I medesimi che a volte, invece, si fanno scovar con le mani in pasta in faccende di riti satanici. È una vecchia storia: il «processo dei veleni», nella Francia del Gran secolo, fu sul punto di far vacillare perfino il trono del Re Sole. Hitler si dice consultasse gli astrologi; ma pare lo facessero anche Stalin e Churchill. E allora? Il punto è che – e ancora una volta Luzzatto ha ragione – la storia, quella vera, è sovente tessuta di queste contraddizioni, di questo luridume, di questa miseria morale e intellettuale. Neppure il cattolicesimo è venuto a capo di tutto ciò: dobbiamo accettare che il grano e il loglio crescano insieme. Al tempo stesso, però, è necessario saper di botanica quanto basta per distinguere l’uno dall’altro. Luzzatto ci aiuta sul piano della storia. Sta a noialtri cattolici far quanto è in noi su quello della fede.

E questo è tutto.