Cultura & Società

I colori della Natività

di Sara Piccolo Paci

Adventus, il tempo di Colui che viene. I giorni del Natale contemporaneo lasciano poco spazio alla mistica della riflessione spirituale: poche frettolose ore di festa incastrate come in una scatola cinese in giornate convulse, piene di shopping frenetici e di doni eccessivi, spesso neppure desiderati… il nostro Natale è ormai così carico di obblighi sociali che talvolta non ci prendiamo neppure il tempo per riflettere sul significato e sul vero messaggio di questo evento, apparentemente così «ordinario», come la nascita di un bambino avvenuta duemila anni fa.

Nel linguaggio mistico di ogni tempo e di ogni popolo la percezione del divino diviene più facilmente comprensibile per mezzo dell’uso sapiente di immagini semplici, metafore, allegorie, simboli, che rendono più comprensibile ciò che è difficilmente comunicabile con le sole parole, forzatamente limitate. Quante volte il Cristo stesso usa parole che evocano immagini di realtà quotidiana per spiegare la presenza di Dio; e, dopotutto, cos’è la parabola se non il confronto esemplare tra l’immagine e la parola, tra la realtà quotidiana e la realtà trascendentale? Ecco dunque che le immagini di una giovane mamma che tiene in grembo il suo bambino si caricano di significati simbolici complessi ed affascinanti, che disvelano la loro profondità quando li si osservi con occhi aperti, disposti ad accogliere anche la visione provocatoria di «un altro mondo» che convive con il nostro quotidiano. Le immagini della Madonna con Bambino, spesso considerate «tradizionali» e talvolta solo «belle», ci possono guidare invece verso una riflessione non banale sul Mistero dell’Incarnazione: solitamente si pensa che esse siano solo una rappresentazione della maternità, mentre dal punto di vista liturgico sono anche, e soprattutto, una conferma della resurrezione.

La storia del cristianesimo è ricca di spunti e riflessioni in tal senso: già nel IX secolo si afferma l’importanza dell’immagine quale equivalente al testo e, nel linguaggio del libro come dell’affresco, ogni dettaglio di ogni immagine acquista una sua funzione specifica che nel tempo si codificherà e potrà essere letta comparandone ora gli aspetti della tradizione ora quelli innovativi.

Quando il ruolo del Cristo e della Madre divengono via via più «umani», più «sentimentali», quando si affermano immagini «forti» come quella della Pietà (tra l’XI ed il XIV secolo), anche le rappresentazioni della Vergine si modificano, ed oltre all’atteggiamento ed alla gestualità si modifica in particolare l’abbigliamento dei due protagonisti della scena sacra. Da austera e distante Regina e Signora dei Cieli, spesso abbigliata in abiti scuri e severi o rifulgenti di oro/luce e gioielli, le vesti e la figura di Maria si ammorbidiscono, la sua espressione si fa compassionevole e materna, il suo corpo si vela di tessuti serici e splendenti, spesso decorati da motivi «parlanti». Poco oltre, nel Rinascimento, quando il valore dell’uomo raggiungerà nuovi vertici filosofici, Maria vestirà panni alla moda, ma semplici, convenienti ad una madre di famiglia, modesta ma dignitosa, nobile ma non vanesia. Le pieghe delle vesti metteranno in evidenza il suo grembo di Madre, il mantello sulle spalle come un manto di stelle, il velo sui capelli come si conveniva ad una sposa casta e virtuosa. Infine, si diffonderà un’iconografia ancora più complessa e raffinata nella sua estrema semplicità, quella della Madonna dell’Umiltà, dove, per portare a compimento il messaggio dell’umanità del Cristo e della compassione e comprensione di Maria per l’umanità intera (Maria Advocata dell’umanità), la Vergine siede per terra, in mezzo ad un prato o in un giardino, coperta di panni solitamente semplici ed essenziali – suo unico ornamento quello della Natura che la circonda.

Le icone orientali, antiche e conservative, mostrano la Vergine abbigliata quasi sempre con un manto scuro, il maphòrion, ovvero l’abito consueto delle monache siriache (la Siria essendo una delle prime terre di diffusione del Cristianesimo) decorato da tre stelle o croci a significare la sua Verginità permanente. In Occidente, accanto a questa che rimane una forma tradizionale di abbigliamento – come lo possiamo vedere, ad esempio, nelle grandi Maestà di Duccio, Cimabue e Giotto – , se ne sviluppa una seconda, assai più simile a quella che era la tipologia comune della veste e sopravveste femminile fra Tre e Quattrocento: gonnella e mantello. Il tessuto spesso prezioso dell’ampia gonnella medievale viene decorato con ornamenti significanti: talvolta è cosparso di stelle, croci o elementi vegetali, a sottolineare la dedizione della Madonna al suo ruolo di Madre ed al Cristo stesso, quale protagonista della Salvezza e della Rigenerazione dell’Umanità. Inoltre, a poco a poco si sviluppa anche un codice di colori ben preciso, che esalta i ruoli sia della Madre che del Figlio. Fin dal 787 d.C. la Chiesa si era interrogata sul valore dell’immagine, quando nel Concilio di Nicea II non solo aveva ristabilito la liceità del culto delle immagini sacre, ma aveva anche stabilito alcuni dei significati dei colori da usarsi per vestire i personaggi della storia sacra.

Spesso, quindi, la Vergine veste di rosso, mentre il colore del suo manto è di un azzurro o blu intenso: in questo caso si sottolinea la sua essenza di donna mortale (il rosso – sangue – a contatto con il corpo) che si è saputa rivestire dell’etereo colore del Cielo (azzurro-blu), simbolo della sua eccelsa spiritualità. Talvolta è il Bambino a vestire di rosso: in questo aspetto si segue ciò che spesso era una realtà quotidiana, perché i bambini venivano davvero vestiti di rosso, quale colore di buon auspicio, ma vi si «adombra» anche una realtà più sottile, in quanto la tunica rossa allude sia al mistero dell’Incarnazione – Dio si è fatto uomo ed è divenuto «carne» – sia al futuro sacrificio – il suo sangue sarà effuso sulla Croce. Talvolta la Vergine veste tutta di azzurro, come nella Pala di Bosco ai Frati del Beato Angelico o come nella bellissima Natività del Trittico Portinari di Hugo Van Der Goes: qui l’artista ed il committente hanno voluto sottolineare la perfezione spirituale della Vergine. Nel caso della Madonna del Beato Angelico, poi, la presenza del lembo di fodera verde che si intravede sul grembo della Madonna allude alla sua verginità, in quanto il verde era stato il colore scelto dai padri conciliari di Nicea per significare la castità e la verginità di Maria: del resto la Pala di Bosco ai Frati era destinata ad un convento e certo il messaggio esaltava la vocazione monastica e la castità sacerdotale.

Più raramente nelle immagini di Maria con Gesù Bambino la Vergine viene raffigurata vestita di bianco ed oro: in questo caso si fa riferimento non ad una scena della vita «storica» dei due, quanto ad una visione trascendentale e paradisiaca, ad un momento «nell’eternità del paradiso», all’«ottavo giorno», al «tempo fuori dal tempo» nel quale la Madre ed il Figlio indicano il cammino del credente per una vita perfettamente spirituale: sono infatti i colori della Resurrezione e della conferma che il Cristo è vissuto veramente, è morto veramente e veramente è risuscitato offrendo a coloro che credono la salvezza eterna.

Il Bambino poi può essere raffigurato con diverse forme di abiti, oppure nudo. Le vesti possono appartenere ad una realtà dell’infanzia o no: nel primo caso si avranno le fasce, i camicini, le vesti sontuose da piccolo Re, nel secondo caso, invece, vesti particolari, all’antica (con tunica clavata e pallio, ad esempio) o secondo vesti liturgiche e cerimoniali coeve (indossando la tunicella, o «veste di letizia», appartenente al mondo ecclesiastico, o la tunica porporata, pertinente al mondo cerimoniale degli imperatori). In realtà tutte queste forme implicano una spiegazione che è anche teologica oltre che estetica: le fasce, ad esempio, elemento tipico della vestizione infantile fino a non moltissimi decenni fa, alludevano anche alle fasce con le quali venivano avvolti i defunti, e quindi alla morte del Cristo; le vesti pregiate rievocano lo status del Cristo, Re dei Re, Imperatore dei Cieli e della Terra; le vesti liturgiche, infine, richiamano la sovranità sacerdotale del Messia, Sacerdote di tutti i Sacerdoti.

Anche la nudità del Bambino può avere spiegazioni complementari: certo, un neonato viene al mondo nudo ed in questo modo se ne sottolinea anche il genere maschile, entrambi elementi a conferma della «verità storica» dell’Incarnazione, ma la nudità, rituale, allude anche alla mancanza di artefici, all’integrità del Novello Adamo che ci ricongiunge con il Paradiso e sana la frattura degli antichi Adamo ed Eva, celebrando la rinnovata perfezione dell’uomo che potrà così accedere nuovamente alla pienezza della vera Vita e rinunciare alla morte spirituale indotta dal Peccato. vUna parola anche sulle vesti di Giuseppe, presente nelle scene di Natività ed in quelle della Sacra Famiglia – che, tra l’altro, si celebra il 28 dicembre, assieme alla festività dedicata agli Innocenti –: i colori di Giuseppe sono, tradizionalmente, il giallo, il marrone, il rosso, talvolta il viola.

Marrone e rosso si assimilano alla stessa sfera simbolica: colore del sangue e simbolo della vita, colore della terra e simbolo delle energie terrestri, i due colori si apparentano a Giuseppe per la forza e il sostegno che egli offre, senza condizioni e senza ricevere certezze – solo per amore – alla giovane sposa. Viola e giallo, benché appartenenti a simbologie cromatiche differenti, si apparentano per l’essere il colore di quelli che vivono «a cavallo» tra mondo materiale e mondo spirituale, il colore del sacerdozio. Se è importante il «sì» di Maria lo è anche quello di Giuseppe, che si offre liberamente al Mistero solo perché anch’egli è in grado di seguire quella voce che risuona nel suo cuore e nei suoi sogni.

Anche nello studio di semplici dettagli, come possono essere le vesti ed i colori, la storia dell’arte ci offre l’occasione per approfondire temi importanti anche per la nostra vita quotidiana: diceva Martin Luther King: «Le più felici delle persone non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino». Forse è tempo di riprendere possesso del «nostro» tempo.