Cultura & Società
Darwin, se l’evoluzione si trasforma in ideologia
La teoria dell’evoluzione biologica compie 150 anni. Essa è stata elaborata nel 1859 da Charles Darwin (1809-1882) (nella foto) di cui ricorre quest’anno anche il secondo centenario della nascita e viene considerata come il primo tentativo di proporre un meccanismo esplicativo dell’origine degli organismi viventi (le specie biologiche) nel corso del tempo, secondo i criteri della scienza moderna post-galileiana. La spiegazione evoluzionistica elaborata da Darwin si fonda sul presupposto di una relazione parentale (filogenetica) tra le «specie biologiche». Tale relazione si stabilisce e si realizza mediante un processo di vaglio permanente («selezione naturale») delle variazioni intraspecifiche («mutazioni») che compaiono nel corso di generazioni successive in ogni popolazione vivente.
È probabile che nella storia del pensiero scientifico di questi ultimi due secoli se si prescinde dalle complesse e inedite problematiche bioetiche contemporanee nessuna teoria sia stata così carica di implicazioni filosofiche, ideologiche e politiche, e abbia tanto diviso la comunità scientifica internazionale, suscitando ricorrenti critiche e accesi dibattiti. Spesso e quasi unanimemente si attribuisce a Darwin il merito di aver operato non solo una rivoluzione scientifica, un nuovo modo di interpretare e spiegare l’origine delle «specie biologiche», ma anche una rivoluzione antropologica, in quanto ha modificato la visione del mondo, compresa la posizione dell’uomo nella natura. L’impatto culturale, comunque, è stato rilevante, dando origine a diverse ideologie, come per esempio il «darwinismo sociale», e divenendo una moda culturale, e per certi versi anche un sostituto della religione, una vera e propria «religione laica». Basti pensare ai conflitti con le religioni, al continuo ripresentarsi di «teorie creazioniste» con pretesa di scientificità o pari dignità esplicativa e alla recente riproposizione del finalismo biologico in termini di «Intelligent Design» (Progetto intelligente).
Benché tutt’ora sussistano svariate e ricorrenti critiche, la maggioranza dei biologi, come anche delle persone di cultura, sono unanimi nel riconoscere l’importanza e la validità della teoria dell’evoluzione biologica, la sua seria e complessa impalcatura logica e i considerevoli progressi che ha fatto compiere alla biologia. Essa occupa un posto centrale nel paradigma scientifico contemporaneo e, in quanto visione del mondo, per le sue molteplici implicazioni di carattere filosofico, politico e sociale, permane (se così si può dire) «l’ideologia dominante» della comunità scientifica internazionale.
Nel più ristretto ventaglio delle posizioni critiche e anti-evoluzionistiche, invece, particolare clamore ha suscitato il gruppo, in prevalenza nordamericano, dei «creazionisti», per i quali il darwinismo e l’attuale « teoria sintetica dell’evoluzione» sono falsi, e l’evoluzionismo un’ideologia, una «religione secolare» che non vuole lasciarsi smascherare come tale. Quale alternativa, essi propongono una «teoria creazionista», che pretendono scientificamente fondata, basandosi su una interpretazione letterale del racconto biblico della Genesi, e rivendicando il diritto che il racconto biblico delle origini venga insegnato parallelamente alle teorie della biologia moderna.
In altri termini, la «verità» delle Scritture, che Dio ha voluto consegnarci «in ordine alla nostra salvezza», non si pone in concorrenza con le verità che l’uomo costruisce nelle sue ricerche scientifiche e riflessioni filosofiche. Interpretare letteralmente la Bibbia senza tenere conto della natura e della globalità del messaggio biblico, significa ridurre la «Parola di Dio» a lettera morta.
Anno darwiniano a Firenze