Cultura & Società
Verde, verdissima, Romagna Toscana
di Francesca Galluzzi
La definizione Romagna Toscana è molto «toscana» per identificare territori di un’area culturale diversa, ma governati dalla città di Firenze già dal Trecento. Oggi questa definizione appare assai strana, perché quasi tutte quelle terre e quelle cittadine che facevano parte della Romagna Toscana (Portico San Benedetto, Rocca San Casciano, Dovadola, Castrocaro Terme, Tredozio, Modigliana, Verghereto, Bagno di Romagna, Sorbano, Santa Sofia, Galeata, Premilcuore) appartengono all’Emilia Romagna dal 1923. Uniche eccezioni i tre comuni di Firenzuola, Marradi e Palazzuolo sul Senio, rimasti sotto l’amministrazione della provincia di Firenze. È un territorio che occupa il versante nord dell’Appennino, dal passo della Futa all’Alpe di San Benedetto, oltre valichi importanti come appunto la Futa, la Colla, il Giogo. La natura «separata» di questi territori sta anche eccetto che a Firenzuola nella parlata della gente, dai toni che di toscano hanno ben poco e si staccano nettamente dagli accenti del pur adiacente Mugello. Marradi, poi, si distingue anche dal punto di vista ecclesiastico appartenendo alla diocesi di Faenza-Modigliana.
Siamo in un paesaggio prevalentemente montano, dove la cima più alta che si trova in territorio firenzuolino è il Mont’Oggioli, 1290 metri sul livello del mare, interessato dall’attività estrattiva della pietra serena. In tutta la porzione di Appennino compresa dalla Romagna Toscana le caratteristiche fisiche e territoriali sono simili: montagne e boschi, in prevalenza faggete, latifoglie, castagneti e abeti, soprattutto nelle aree di rimboschimento. Pochi centri abitati di piccole dimensioni, svuotamento dei borghi più piccoli e dei casolari di montagna, avvenuto soprattutto dopo il secondo dopoguerra: oggi queste terre hanno conosciuto una nuova stagione produttiva grazie all’avvento del turismo (vedi box) e all’investimento in valori come le tipicità alimentari. Alcuni momenti sono stati fondamentali per la rinascita dei territori, fra questi sicuramente l’anno 1991 quando la rivista «Airone» insignì Palazzuolo sul Senio del titolo di Villaggio Ideale.
Sono tante le storie che si possono raccontare della Romagna Toscana, dal periodo medioevale quando era feudo di signori locali, al periodo mediceo, a quello lorenese, poi la separazione dalle terre vicine e gemelle sotto il fascismo, il periodo del terrore bellico quando la Linea Gotica la attraversava e le popolazioni civili pagarono un prezzo altissimo in termini di vite umane. Poi con l’avvento del benessere la gente ha cominciato a cercare luoghi «altri» rispetto al caos e all’inquinamento delle città e quei paesi, da cui un tempo si fuggiva, hanno funzionato da calamita con i loro ritmi di vita lenti, i borghi curati e la buona tavola. A proposito di tavola non si può non citare quelle che sono le tipicità di questi luoghi. Primo di tutto il marrone, insignito Igp dalla Cee per la sua ottima qualità, già pane dei poveri abitanti di montagna, come raccontato anche nelle precedenti descrizioni di Lunigiana e Garfagnana, per questa serie. Altro frutto della terra di gran pregio le patate del Corniolo, di Rapezzo e di Casetta di Tiara, i formaggi, prevalentemente pecorini; poi tutti i prodotti del bosco, dai funghi ai lamponi, dalle more al miele che qui prende mille sapori.
Ma vediamoli in dettaglio questi tre comuni, spostandoci da ovest verso est. Firenzuola, la terra nuova edificata da Firenze nella valle del fiume Santerno per contrastare le scorrerie degli Ubaldini, in un punto strategico nelle comunicazioni fra Firenze e Bologna. Giovanni Villani suggerì il nome e la fondazione del comune risale al 1373; fu Antonio da Sangallo il Vecchio a progettare la cinta muraria, con scarpate e bastioni angolari e la Rocca, ricostruita come gran parte della città dopo i devastanti bombardamenti alleati del 12 settembre 1944, facendo largo impiego di pietra serena, così abbondante nella zona ed elemento che la contraddistingue tutta. La Rocca è sede del comune e del Museo della Pietra Serena, ricavato nei locali sotterranei delle fortificazioni, che rende omaggio all’industria estrattiva e alla lavorazione artigiana. La pietra serena affiora laddove ci sono significativi corsi d’acqua, come nella valle del Santerno, frequentato perfino dai fiorentini per le sue ampie e pulitissime pozze d’acqua, come quelle sottostanti alla Pieve di Camaggiore che invitano a piacevoli bagni nella stagione estiva.
È stato il dominio della natura a fare la fortuna turistica di Palazzuolo sul Senio, antica proprietà della famiglia degli Ubaldini, padroni incontrastati dell’alta valle del Senio, sottomessi da Firenze solo nel 1362. Da quel momento questo pezzetto di Romagna Toscana visse le vicende della città del Fiore, che infatti eresse un palazzo per il suo governatore. Il toponimo Palazzuolo è comunque precedente a questa costruzione e del resto queste terre furono popolate da tempi antichissimi, come si può vedere dagli interessanti reperti esposti, proprio all’interno del Palazzo, nel Museo Archeologico Alto Mugello, che documenta gli insediamenti umani nelle alte vallate di Lamone, Senio e Santerno. La stessa antica sede ospita anche il Museo delle genti di montagna con oggetti della vita di contadini, artigiani e gente comune di questa terra di montagna e di confine, realizzata grazie all’instancabile lavoro di raccolta di Antonio Poli. È curatissimo, Palazzuolo, innevato d’inverno e brillante di verde e di fresco d’estate; stupendi sono i dintorni, amati da chi sa apprezzare la natura, gli incontri con gli animali nel bosco, la scoperta di una pieve isolata, come la Badia a Susinana oppure la Pieve di Misileo. Fu il Granduca Leopoldo II ad abolire, nel 1837, la figura del podestà di Palazzuolo: il paese fu posto sotto Marradi, il tribunale fu trasferito a Rocca San Casciano.
Elegante, improntato in tanti palazzi del centro dall’influenza architettonica di Firenze, Marradi sorge sul Lamone e si venne a trovare, già nel 1888, sull’importante asse di comunicazione Firenze-Mugello- Faenza grazie alla linea ferroviaria. Da sempre la vita locale si concentra su piazza Scalelle, vero cuore urbano e sociale con la chiesa del Suffragio, il palazzo comunale, Palazzo Fabbroni e i caffè. Il centro vanta un teatro storico, quello degli Animosi, edificato nel 1792 in stile dorico-toscano a cura delle famiglie più in vista della cittadina. Ma soprattutto si pregia del suo cittadino più illustre, il poeta Dino Campana, dalla tormentata vita interiore e sociale anche con la sua terra e che è ricordato e indagato dal Centro studi campaniani.
Isolata fra i pascoli, era abitata da cinque famiglie, aveva una mini scuola che attirava i pochi bambini sparsi nei casolari circostanti. Abbandonata negli anni ’60 con lo spopolamento, la costruzione è stata acquisita nel 2000 dalla Cooperativa Rifugi Mugello che ha fatto rinascere I Diacci, recuperando le strutture e creando un rifugio escursionistico per gli amanti del trekking che nella bella stagione, ma anche in inverno, amano passeggiare fra i boschi che hanno ripreso il sopravvento sui pascoli.
Signora Torriani, la sua casa è un pezzo di storia di questa città
«Palazzo Torriani fu costruito nel 1580 da una famiglia di Marradi, i Razzi. A un certo punto non avevano più soldi e così fecero una permuta con i miei antenati, da allora ci abbiamo sempre abitato noi. La storia è scritta nelle stanze, ognuna ha qualcosa da raccontare. Ci sono tre sale decorate da Galileo Chini, di grande valore artistico. In una di queste tre sale c’è un quadro che in famiglia si sa essere stato dipinto da Silvestro Lega. Per questo ho pensato che fosse utile e bello aprire la mia casa e farla conoscere a tutti, così la teniamo aperta alle visite guidate ogni seconda domenica del mese, su appuntamento».
Ci sono stati personaggi di rilievo in famiglia?
«Personaggi curiosi, sì, come il cuoco Martino, vissuto nell’Ottocento, uno specialista nei primi piatti, in grado di cucinarne uno diverso ogni giorno dell’anno: un personaggio famoso, all’epoca. Conservo ancora alcune delle sue ricette, e le cucino agli ospiti, che oltre ad apprezzare questi piatti tipici sono molto incuriositi».
Che tipo di attività imprenditoriale svolge a Palazzo Torriani?
«Facciamo ricettività turistica come residenza d’epoca. È una classificazione particolare, qualcosa di più di un bed & breakfast, qualcosa di diverso dall’albergo. Il palazzo l’abbiamo completamente restaurato, gli spazi sono molto ampi, inoltre organizziamo corsi di cucina toscana e romagnola: l’attenzione all’ospite è totale, il servizio molto personalizzato. Chi fa una vacanza da noi rimane contentissimo; la difficoltà sta nel far venire le persone fin qui. Arrivare da Firenze non è comodissimo».
A proposito di Firenze, come si vive a Marradi la territorialità di confine?
«Marradi è già sul versante romagnolo, l’attaccamento della gente di qui alla terra è molto forte; io personalmente devo dire che sento intensamente il legame con la Toscana e Firenze, dove ho fatto i miei studi. Certo l’attrazione della Romagna si sente, ci sono tanti influssi, anche molto positivi, e poi le persone che vengono qui sono per la maggior parte romagnoli: cercano le colline che non hanno».
Che prospettive offre Marradi ai giovani?
«Ci sono alcune aziende importanti a livello nazionale, che danno lavoro. Poi sono presenti molte attività artigianali di prestigio, e ora si sta riqualificando la coltivazione del castagno, che qui è veramente pregiato e molto richiesto. Certo la realtà produttiva va stimolata. Ultimamente ha aperto un favoloso birrificio, che produce birra con le castagne. Anche l’attività che ho iniziato è nata con questo spirito, creare occasioni di lavoro sul territorio, perché i giovani non se ne vadano.
Palazzo Torriani tel. 055-8042363 www.palazzotorriani.it