Cultura & Società
La famiglia fa da scudo alla crisi
di Andrea Fagioli
I genitori italiani cercano di tenere i loro figli lontano dai problemi collegati alla crisi economica. Rinunciano a qualche vestito, a un viaggio, agli oggetti elettronici, alla cena fuori, ma non lo fanno pesare ai loro pargoli, che mantengono sostanzialmente inalterati gli stili di vita. La famiglia, insomma, fa da scudo. Lo rivela una ricerca del «Centro studi Minori e media», realizzata in collaborazione con l’Università di Firenze, su un campione di studenti tra i 15 e i 20 anni, presentata stamani nella sede del Consiglio regionale del capoluogo toscano.
Due ragazzi su dieci non sanno se la crisi economica pone problemi alla famiglia e solo la metà dei genitori cerca di coinvolgere i figli, di responsabilizzarli sui problemi che la difficile congiuntura pone al nucleo familiare. I genitori cercano di proteggere i figli, anche nel caso in cui la crisi ponga problemi gravi. E li pone, anche se non sempre gravi, almeno nel 60% dei casi.
Ma cosa pensano realmente i giovani della crisi? Analizzando i dati della ricerca possiamo stilare una classifica che parte da coloro che sono i più colpiti a coloro che lo sono meno: al primo posto c’è chi è senza lavoro o ha un lavoro precario, al secondo i lavoratori dipendenti, al terzo gli anziani, al quarto i lavoratori autonomi, al quinto i giovani, all’ultimo posto le donne.
Per i giovani intervistati le principali cause della crisi sono l’evasione fiscale, la presenza di paradisi fiscali e l’assenza di regole e di organismi di controllo. Per cui «i principali responsabili della crisi sono i governi» e «per uscire dalla crisi il governo dovrebbe sostenere le famiglie che non arrivano alla fine del mese, mentre la principale conseguenza della crisi sarà l’aumento del divario tra ricchi e poveri».
Notizie solo dalla tvLa principale fonte mediale di informazione sulla crisi economica dei giovani intervistati è la televisione. Nonostante l’impiego ormai assiduo di internet, solo il 7% dei ragazzi usa il web per accedere a notizie sulla crisi. Solo il 9% dichiara di informarsi leggendo un giornale. Nove ragazzi su 10 hanno dichiarato che sarebbero interessati a ricevere più informazioni sulla crisi economica. Solo il 6% ha detto che l’argomento crisi economica non gli interessa.
Alla domanda «che sentimento ti suscitano le notizie sulla crisi economica?», un terzo degli intervistati ha risposto «rabbia e voglia di reagire» ed un altro terzo ha risposto «senso di impotenza». Sono stati più inclini a dichiarare il primo sentimento coloro che frequentano un liceo scientifico. Sono stati più propensi a dire «senso di impotenza» coloro che frequentano il liceo classico, quello pedagogico e quello di scienze sociali.
«I giovani del Sud a giudizio dei curatori della ricerca reagiscono soprattutto con il ribellismo. Fra i giovani del Nord prevalgono atteggiamenti passivi: l’indifferenza o la sensazione di impotenza».
Il sentimento suscitato dai media nei confronti della crisi economica varia a seconda dello stile di vita tenuto. Tra coloro che hanno dichiarato di provare indifferenza, più della metà non ha sentito le conseguenze della crisi; tra coloro che provano rabbia e voglia di reagire, più dell’80% ha subìto le conseguenze della crisi.
Mettendo in relazione la percezione delle conseguenze della crisi sullo stile di vita con il tipo di scuola frequentata e la zona geografica di residenza, si notano alcune differenze: «Vediamo spiegano ancora i curatori della ricerca una maggiore incidenza della crisi sugli studenti degli istituti tecnico-professionali, mentre constatiamo che il cambiamento di stile di vita è più frequente al Sud».
Ma con chi ne parlano della crisi i giovani? È noto che i giovani delle ultime generazioni parlano quasi esclusivamente fra loro, mentre tendono a ridurre all’essenziale il dialogo con gli adulti, compresi familiari e insegnanti. In ogni caso, della crisi se ne parlano ne parlano con i genitori (che più di loro ne sentono le conseguenze) e magari con quegli insegnanti più disponibili al colloquio che, in base alla ricerca, sembrano si trovino più facilmente al Centro-Sud che non al Nord.
Per quanto riguarda le attività ricreative e i consumi individuali i giovani hanno visto diminuire di poco le proprie disponibilità. Solo il 6% dei ragazzi intervistati ha dichiarato che la paghetta che ricevono dai genitori gli è stata ridotta parecchio o tolta.
Incrociando la riduzione o meno della paghetta con i maggiori o minori problemi che la famiglia del giovane ha avuto in seguito alla crisi economica, notiamo che anche in caso di problemi gravi, ai giovani non viene quasi mai negata la propria liquidità. Solo il 6% degli intervistati ha rinunciato alla discoteca o ci va molto meno. Solo il 9% ha rinunciato a fare sport o lo fa molto meno. Solo il 10% ha rinunciato ad andare a mangiare fuori o ci va molto meno.
E gli acquisti? La riduzione dei consumi è stata molto contenuta: l’83% del campione ha ridotto poco o per niente l’acquisto dei beni proposti, ovvero scarpe, vestiti, libri, riviste e fumetti, musica, ricariche del cellulare, oggetti elettronici.
Analizzando infine la visione del futuro del giovane in questo momento di crisi economica, notiamo che un terzo degli intervistati pensa che la propria vita rimarrà la stessa; la metà del campione teme che la propria vita peggiori; il 14% è convinto che la propria vita migliorerà, perché «la gente tornerà a dare importanza alle cose essenziali».
Il 65% del campione ritiene che la crisi economica influenzerà poco o per niente le scelte per il proseguimento degli studi e per la professione futura.
Distinguendo il dato per classe, tipo di scuola frequentata, sesso e zona geografica di residenza, notiamo che i più piccoli credono più dei più grandi che la crisi economica non modificherà le loro scelte; quelli che frequentano il liceo scientifico sono più sicuri del loro futuro degli altri; le ragazze sono più sicure dei ragazzi; i giovani del Sud sono più preoccupati del loro futuro di quelli del Centro e soprattutto di quelli del Nord.