Cultura & Società

Francesco Datini, il pratese simbolo di tutti i mercanti

di Giampiero Nigrodocente di Storia economica alla Facoltà di Economia dell’Università di Firenze e direttore scientifico della Fondazione Istituto internazionale di storia economica «Francesco Datini» di Prato

Aveva l’indomabile vezzo di nascondere la propria età, per questo possiamo solo dire che Francesco Datini nacque a Prato nel 1335 o forse nel 1337. La sua era una famiglia dotata di modesta agiatezza grazie alla laboriosità dei genitori: monna Vermiglia e Marco di Datino, iscritto all’arte dei tavernieri.

Durante la peste del 1348 Francesco perse la madre, il padre e due dei tre fratelli. Giovanissimo, nel 1350, dopo aver appreso i primi rudimenti presso alcune botteghe fiorentine, si trasferì ad Avignone dove operò nel commercio locale e internazionale fino al 1382.

Nella Città dei Papi sposò Margherita Bandini la giovane figlia di quel Domenico di Donato che, avendo cospirato per sottoporre Firenze al dominio pontificio, era stato condannato alla pena capitale.

Tornato a Prato, Francesco si adoperò per ampliare i propri affari costituendo una serie di compagnie fino a creare una specie di holding company costituita da società di capitali ad Avignone, Firenze, Pisa, Genova, Barcellona, Valenza e Palma di Maiorca. Visse tra Prato, dove costruì il suo bel palazzo, e Firenze, dove aveva la società che dirigeva il gruppo. Sempre più ricco e rispettato, si dedicò al commercio di ogni genere di mercanzia, dal grano alla lana, dalle sostanze tintorie alla seta, dal pellame ai tessuti di ogni genere, dalle spezie come il pepe e il ginger a oggetti preziosi e opere d’arte. A Prato fondò un lanificio e una tintoria, a Firenze una compagnia bancaria. Seppure con tono ed impegno minore si dedicò anche all’agricoltura trasformando le proprietà fondiarie gradualmente acquisite in poderi efficienti e produttivi. Proprio a Filettole costruì la Villa del Palco.

Dunque i suoi interessi economici spaziavano in molti settori con significativi successi per la capacità di controllare e stimolare ogni sua azienda e per la abilità con cui sceglieva soci e collaboratori.

Stabilì rapporti di stima e amicizia con molte e illustri personalità toscane e straniere; tra gli ospiti più prestigiosi della sua casa troviamo Francesco Gonzaga, il cardinale Pietro d’Ailly, l’ambasciatore veneziano Leonardo Dandolo e il re Luigi II d’Angiò.

Intelligenza e propensione agli investimenti produttivi hanno reso Francesco di Marco Datini il simbolo dell’intraprendenza pratese. In effetti egli fu un uomo del suo tempo, espressione della vivace realtà economica delle città toscane, dotate di un forte dinamismo sociale e di un efficiente sistema di formazione orientata verso le attività economiche. Figura di transizione tra l’uomo medievale e quello moderno, Datini rappresenta un significativo esempio di mercante del primo Rinascimento nel cui animo l’audacia per gli affari era in conflitto con alcuni principi religiosi. Come gli altri mercanti considerava legittima e socialmente utile la ricchezza conquistata con la fatica e il rischio; per loro taluni comportamenti non del tutto leciti, come l’applicazione del tasso di interesse o la speculazione sul mercato dei cambi, potevano trovare una valida compensazione nelle elemosine e in opere benefiche per la Chiesa e il culto.

Morì il 16 agosto 1410. Coerente con queste convinzioni, dispose la istituzione del «Ceppo dei poveri di Francesco di Marco», l’odierna Casa Pia dei Ceppi, a cui il mercante lasciò tutti i suoi beni, valutati oltre 100.000 fiorini d’oro. Tra i molteplici legati vale la pena ricordare la destinazione di 1000 fiorini per la realizzazione di un’Opera per orfani e trovatelli; quella somma fu destinata alla costituzione dell’Ospedale degli Innocenti di Firenze. Durante tutta la sua vita fu particolarmente vicino ai frati di San Francesco a Prato, proprio in quella chiesa si trova la sua lastra tombale, realizzata da Niccolò di Pietro Lamberti.

Il Palazzo Datini, attuale sede dell’ente di beneficenza, rappresenta un raro esempio di edificio laico tardo-gotico, ricco di apparati pittorici che il mercante aveva commissionato. Parte di esso è occupata dall’Archivio di Stato che conserva il prezioso fondo documentario del mercante (1193 pezzi, dal 1361 al 1411, con un imponente carteggio di circa 150.000 lettere); esso costituisce una testimonianza unica a livello mondiale delle attività di un mercante della seconda metà del Trecento. Nel 1968, proprio per stimolare la ricerca su quel tipo di documenti, Federigo Melis, con l’appoggio dei maggiori storici del tempo, si fece promotore della nascita a Prato dell’Istituto Internazionale di Storia economica «F. Datini», istituzione scientifica che accoglie annualmente studiosi provenienti da tutto il mondo.

Il 3 settembre recital con Pamela VilloresiIl 16 agosto saranno passati seicento anni dalla morte del grande mercante pratese Francesco di Marco Datini. Eppure, nonostante lo scorrere del tempo, è il personaggio che più di ogni altro è presente nella memoria collettiva della città laniera. E così, caso più unico che raro, da sei secoli, ininterrottamente, il Capitolo della cattedrale di Santo Stefano, per lascito testamentario, celebra il giorno successivo sulla sua tomba una messa di suffragio. Avverrà anche quest’anno, martedì 17 agosto alle 9,15, nella chiesa di San Francesco – dove il Datini volle essere sepolto – quale momento culminante delle manifestazioni sei volte centenarie volute dal Comune.

Le celebrazioni, avviate dalla primavera scorsa, riservano un bell’appuntamento venerdì 3 settembre: al Castello dell’Imperatore la nota attrice pratese Pamela Villoresi con il regista, anche lui pratese, Marcello Bartoli, si cimenteranno in un recital dal titolo: «Margherita e Francesco. Nelle lettere le voci della storia».

Per saperne di più sul Datini e anche sul VI centenario si può navigare su www.francescodatini.it

Gianni Rossi La curiosità: Lo Spedale degli Innocenti a Firenze? Si deve a luiPochi sanno che all’origine dello Spedale degli Innocenti, la prima istituzione di assistenza al mondo tutta dedicata ai bambini, che ha fatto la storia di Firenze e ha dato il cognome a non si sa quanta gente in Toscana, c’è proprio Francesco di Marco Datini. Tra i vari lasciti testamentari con cui dispose in morte della sua immensa fortuna (non aveva infatti eredi maschi), vi furono anche mille fiorini destinati alla costruzione in Firenze di un edificio dove accogliere i «gittatelli».

Ma gran parte dei suoi averi – oltre 100.00 fiorini – volle che fosse destinata per la costituzione nella sua città natale del «Ceppo dei Poveri» per la carità agli indigenti. Quest’istituzione, tuttora funzionante nel Palazzo che fu abitazione del mercante, ha rappresentato per Prato, in sei secoli, un incredibile «welfare» ante litteram. Ma l’importanza del Datini, per la sua città e in questo caso addirittura per la storiografia mondiale, va ben oltre le sue stesse volontà. E risiede nel suo sterminato archivio di lettere, registri contabili e campionari, incredibilmente ritrovato integro nel Palazzo a fine Ottocento, che costituisce la principale fonte della storia economica occidentale tra Trecento e Quattrocento. Quanto alla cambiale che avrebbe inventato… No, questa è una delle tante leggende fiorite su di lui. In realtà Francesco di Marco fece largo uso di «lettere di cambio» (quelle conservate nell’archivio sono praticamente le uniche esistenti), uno strumento usato per trasferire denaro tra «piazze» diverse senza far muovere fisicamente denaro contante.

Gianni Rossi In libreria: Francesco di Marco Datini. L’uomo e il mercanteUn gruppo di specialisti, coordinato da Giampiero Nigro ha riscritto la vita del mercante di Prato alla luce delle più recenti ricerche sul ruolo degli operatori economici toscani nella economia europea tra Medioevo e Rinascimento. Attraverso la storia interna del suo sistema di aziende, sorta di holding con società a Firenze, Prato, Pisa, Genova, Avignone, Barcellonza, Valenza e Palma di Maiorca, lo studio ricostruisce aspetti fondamentali dell’economia del tempo; propone una rilettura della mentalità e degli strumenti adottati dai mercanti toscani fra XIV e XV secolo; dà nuovi elementi e spunti di riflessione sulla vita di Francesco Datini, i suoi rapporti familiari, la sua idea di ricchezza, la costruzione del suo palazzo. Corredato da 190 illustrazioni e da un centinaio di piantine e schede documentarie, offre un percorso affascinante e pieno di curiosità relative a un’epoca che, per molti aspetti, presenta forti elementi di contiguità con la nostra.

Il volume è pubblicato dalla Fondazione Datini e dalla Firenze University Press in duplice edizione, italiana e inglese. (www.istitutodatini.it).