Cultura & Società
Natale con Guido Gozzzano
di Carlo Lapucci
Guido Gozzano, frequentatore di soffitte, meno di cantine dove forse avrebbe potuto trovare più consolazione alla sua malinconia, andava costantemente alla ricerca del passato, forse disgustato dallo squallido presente, e vi trovava spesso buona ispirazione. Vivendo con la morte accanto, alla quale lo condannava la sua malattia (ma chi poi è sicuro d’averla lontana?) non poteva certo guardare troppo al futuro e questo lo indusse quasi a vivere nel mondo d’una volta e considerarlo come all’unico tesoro della propria esistenza. Tale tipologia umana, non certo insolita, se genera di regola una figura stravagante, nel caso di un essere geniale quale fu il Poeta, dette luogo a una poesia singolare, di grande valore, carica di sensibilità, attenta alle cose e al loro significato, tanto più grande e fascinoso, quanto più queste sono piccole e trascurate. Gozzano fece il miracolo raro di trovare la poesia proprio nel mondo più consueto, risaputo, frusto, addirittura nel luogo comune che i poeti di solito evitano e aborrono.
In fondo tutti gli scrittori, poeti e narratori, ma anche pensatori e scienziati, vanno spesso ad abbeverarsi nelle soffitte del sapere e del fantasticare che sono le biblioteche: montagne, vallate e colline di libri dove ogni tanto si apre una fontana d’ispirazione o un pozzo di suggestioni e di pensieri. Perché si dice: tutto è stato pensato, detto e scritto e da un suggerimento può nascere il nuovo, anzi è proprio arretrando nel tempo che meglio si comprende e s’interpreta il presente.
È una poesia nata con destinazione specifica per l’infanzia. Otto sono le composizioni simili che il Poeta scrisse per i bambini (Rime per bimbi): questa, appunto, Dolci rime, Prima delusione, Natale, Pasqua, Oroscopo, La canzone di Piccolino, La Befana.
Abbiamo davanti forse la migliore, ma anche le altre, come Il Natale, sono molto belle. Fu scritta nell’avvicinarsi del Natale del 1914. Naturalmente Gozzano amava la vicenda della nascita di Gesù e amava viverla attraverso l’usanza del presepio, che è quanto di più casalingo, risaputo e familiare si possa immaginare. È però proprio per questo che il Poeta lo amava: le cose condivise da molti hanno una vita profonda, lontana, forte e misteriosa. In questo caso il mito popolare e il presepio permettono di vivere l’esperienza del mistero condividendola con coloro che celebrano con semplicità la ricorrenza della nascita del Redentore, nella semplicità e la purezza di cuore che ebbero i pastori, i quali furono i primi a giungere alla Capanna.
È un modo di vedere le cose al quale si potrebbero fare obiezioni, prima fra tutte il fatto che gli animali nella loro vita non ci offrono spettacoli di solo amore reciproco e tenerezza, dato che un simile sentimento scaturisce dalla visione della natura bonificata e addomesticata dall’uomo, che può cancellare nella sua sicurezza venuta dalla vita civile, l’idea di quale festa potrebbe essere in tale notte la presenza di tanti animali miti e indifesi per un branco di lupi o di volpi. Ma bisogna intendere le parole secondo lo spirito che le ispira e in questo senso gli animali uccidono e divorano per necessità vitale, senza vendetta, crudeltà invidia e perfidia.
Questa notazione indica chiaramente come Gozzano ami mettere nella sua composizione la serie di esseri umani che rimangono insensibili alle necessità e alle sofferenze di Maria e Giuseppe, i quali trovano invece più solidarietà nell’asino e nel bue della grotta. Tale idea troverà ancora più forza nell’altra composizione: Natale.
Se si scava nel profondo, lasciandosi alle spalle le considerazioni di chi si accontenta delle banali apparenze, si trova facilmente che il poeta vero, quale è Guido Gozzano, sotto la superficie della semplicità, del consueto e perfino del convenzionale, alimenta di un pensiero profondo le sue parole.
Superficiale e sentimentale non è tanto chi scrive, quanto chi non intende o intende a modo suo, vale a dire si limita a guardare le cose senza interpretarle, senza collegarle, senza cercare di capirle, soffermandosi alla storia edulcorata, alla grazia infantile, ai particolari ornamentali e insignificanti come la neve, le luci, i laghetti.
In realtà chi può dire quello che si nasconde nel cuore dell’uomo? Chi può affermare che coloro che piamente e ingenuamente si affidano a queste parole per ricordare il Natale non colgano, anche inconsciamente, il suo sostanziale significato e proprio per questo la poesia sia stata letta, recitata e amata? Chi ci assicura che la superficialità o il sentimentalismo non sia proprio di coloro che leggono i testi con sufficienza senza capirli veramente, o non cogliendone il valore a pieno, e giudicano sommariamente quanti con purezza di cuore, al di là del sapere materiale, riescono a ricevere nella veste dimessa delle parole e dei gesti il vero messaggio?
Classificato comunemente come un canto natalizio non esiterei a riconoscervi una breve sacra rappresentazione popolare, un mistero, di cui ha le caratteristiche fondamentali. Prima di tutto la struttura dialogata con l’elenco delle figure all’inizio, quindi la sceneggiatura tipica dell’azione drammatica, l’iterazione, il tono di devozione. Non escluderei neppure che possa esservi a monte addirittura un altro testo più lungo, con personaggi diversi e il brano finale, come spesso si trova nei misteri del Natale, possa essere stato proclamato da un Angelo.
Gozzano ne trasse il suo melologo utilizzando la poesia per intero, al punto che formalmente si può considerare la sua composizione una traduzione se non un calco dell’originale. In realtà il poeta, sulla traccia precisa dell’originale ha creato una cosa nuova, pur rimanendo apparentemente i testi sono molto simili. Bisogna tener presente che di due ritratti identici d’una persona il pittore che conosce la sua arte può ottenere due facce diverse alterando poche linee essenziali del disegno, basta che egli trovi quali sono. Abbiamo esempi famosi di queste operazioni: basta pensare ai concerti di Vivaldi trascritti per organo da J. S. Bach, a famose canzoni arrangiate da pezzi classici, a pezzi classici quali certi temi sinfonici di Beethoven derivati da motivi popolari, all’Imitazione (dalla poesiola La Feuille di A. V. Arnaull) di Giacomo Leopardi, i versi di Virgilio adottati da Dante, quelli di Dante trascritti da Eliot.
In questi casi il brano, l’opera, i versi letteralmente copiati o adattati entrano dentro una nuova tavola di valori e vivono un’altra vita, con nuove valenze, armonia, significati. Gozzano mostra qui un’alta sapienza compositiva lasciando gran parte degli elementi esattamente come sono nell’originale: struttura, metrica, ordine narrativo e dialogico, tensione patetica, interlocutori, elementi diversi.
Abbiamo così una trascrizione sapiente e riuscita di un antico mistero, rivissuto in un vago e rarefatto clima di Art nouveau. Per rileggere la vicenda nella sensibilità sua e in quella del suo tempo ha usato parole diverse, addolcendo il clima, creando un tono più intimo, avvicinando tutto alla nostra epoca variando minimi particolari. Si è guardato bene da alterare il ritornello (elemento caratterizzante della composizione, come anche il canto finale) ma ha sostituito all’antico banditore che nella notte scandiva le ore, il suono del campanile a noi più familiare. Ha lasciato anacronismi come il campanile appunto: nell’originale si trova addirittura una bottega d’orologiaio che a quei tempi avrà venduto clessidre. Ha variato i nomi delle locande per ragioni metriche. Accentua la nota patetica facendo fare la richiesta agli osti per due volte a Maria, così pure aumenta il tono favoloso riempiendo gli alberghi di figure folcloristiche orientali (astronomi, negromanti, magi) che sarebbero venuti con non poca ironia a osservare un fenomeno celeste determinato proprio da coloro che vengono messi da tutti alle porte. Inserisce, secondo il suo sentire, gli animali col bue e l’asino. Dove si scopre l’unghia del leone, vale a dire la capacità di creare, è nel canto finale dove con un ritmo nuovo dei versi e d’invenzione ha riforgiato tutta la materia, a cominciare da quel celebre esplosivo annuncio dell’inizio: È nato! Alleluia! Alleluia! / È nato il sovrano Bambino.