Cultura & Società
Antonio Pacinotti e i suoi sogni
di Mauro Del Corso
Non a caso Antonio Pacinotti aveva dato a due suoi quadernetti, oggi conservati alla Domus Galileiana, l’emblematico titolo di Sogni. Che il grande scienziato pisano così commentava nel 1911, in occasione delle solenni celebrazioni tributategli per il cinquantenario del suo anello elettromagnetico: Non avevo ancora nessuna idea precisa su ciò che desideravo ottenere… già mi balenava alla mente l’importanza grandissima che avrebbe avuta la creazione di una macchina capace di trasformare il lavoro meccanico in elettricità. Erano annotazioni le mie, perciò le intitolai Sogni… ero giovane allora ed entusiasta, sognavo… la realtà della vita fu ben diversa.
Una vita passata nel segno della scienza, ma anche di Pisa: dove era nato il 17 giugno 1841, festa del patrono San Ranieri e in cui spegnerà nelle notte a cavallo tra il 24 e 25 marzo 1912, tradizionale inizio del Capodanno Pisano. Figlio di un altro fisico, Luigi, docente all’ateneo pisano, e della contessa Caterina Catanti, di Calci, la sua casa al n. 24 della solenne via Santa Maria si trovava profeticamente annessa al Gabinetto di Phisica technologica et mechanica probanda, diretto dal padre e voluto nel 1840 dal granduca Leopoldo II.
Ammesso all’università a soli quindici anni (con il privilegio di maestri di matematica del calibro di Enrico Betti ed Ottaviano Mossotti, per tacer di altri), già da allora sviluppò la sua passione per gli studi elettromagnetici, giungendo alla geniale intuizione dell’anello, con cui poter generare tensione elettrica imprimendogli una rotazione, e viceversa. Idea che non lo abbandonò neanche durante la guerra d’Indipendenza del 1859, quando, proprio a Goito, capì come perfezionarla. Già a diciannove anni aveva così ideato la dinamo ed il motore a corrente continua, che fece poi inventariare con modestia con il semplice nome di macchinetta elettromagnetica. Prezzo L. 120.
E proprio questa semplicità e modestia, tratti fondanti del suo carattere e profilo di vita, non gli giovarono. Dopo la laurea, presa a vent’anni, tenne insegnamenti all’università di Firenze, all’istituto tecnico di Bologna ed all’ateneo di Cagliari, dal 1873 al 1881, quando successe nella cattedra del padre a Pisa. Già nel 1861, nel corso di una missione a Parigi, aveva visitato le Officine Dumoulin, intrattenendosi a lungo con quel tratto di umana spontaneità che lo distingueva con il capofficina, il belga Zenobio Gramme, che subito colse la genialità della scoperta e la realizzò, registrandola a suo nome, proprio con quegli strumenti che il ventenne professore pisano era andato a cercare all’estero.
Ci volle un contenzioso lungo e difficile tra l’astuto ed ormai ricco inventore d’oltralpe ed il nostro giovane italiano. Ancora nel 1884 il grande scienziato Galileo Ferraris doveva pubblicamente ricondurre a Pacinotti la paternità della macchina elettrica a spirale ma, anche se ancor oggi a Liegi patria del Gramme troneggia una sua statua in memoria della scoperta, alla fine vinse la giustizia (…altri tempi). Che oggi, infatti, non è più in discussione.
Non a caso per la morte di Antonio Pacinotti Accademico dei Lincei, dal 1906 già Senatore del Regno e Consigliere comunale a Pisa Vitttorio Emanuele II scriveva alla vedova: Mi associo di cuore al suo lutto, che è lutto nella scienza, la quale perde nella persona del sen. Pacinotti uno dei suoi più illustri cultori. E sarà lo stesso cardinale Pietro Maffi, il vescovo scienziato, a celebrarne le esequie e tesserne l’elogio funebre nella chiesa di San Sisto in Cortevecchia il 26 marzo 1912.
Anche se, e questa forse è la misura della dimensione umana più bella e più grande di Pacinotti, a vegliarne la salma nella camera ardente furono i suoi studenti. Gli stessi che cercarono poi di far argine, inutilmente, alla folla incontenibile al seguito del feretro che voleva dargli l’ultimo saluto nel Camposanto Vecchio, sulla piazza del Duomo, dove riposa.
Dopo le solenni onoranze nazionali già in vita nel 1911 ed i ricordi del 1941 e del 1991, di nuovo, in questo anniversario del centenario della morte, Pisa ha voluto celebrare questo suo grande figlio e scienziato, con un programma di ampio respiro. L’inizio è stata la commemorazione ufficiale dello scorso 24 marzo, prima in Camposanto Vecchio e subito dopo nell’Aula Magna Storica della Sapienza, con un’iniziativa del Comune, l’Università degli Studi, la Fondazione Galileo Galilei, Gli amici dei Musei e Monumenti Pisani ed il Rotary Club Pisa Pacinotti. Occasione in cui il sindaco Marco Filippeschi ha potuto così fare pubblicamente anche il punto del costituendo Museo della Scienza e della Tecnica la Cittadella galileiana nel complesso dei Vecchi Macelli, destinati anche ad ospitare la mostra pacinottiana che si terrà dal prossimo 22 settembre al 23 ottobre, sotto l’egida del patrocinio del Senato della Repubblica E in occasione della quale sarà edito un numero unico della rivista Amici dei Musei dedicato proprio alla figura ed all’opera di Antonio Pacinotti.