Cultura & Società

TERRA FUTURA: IN 94 MILA A RASSEGNA, CHIUSURA SU «PRIMAVERA» ARABA

(ASCA) – Oltre 94.000 persone hanno visitato «Terra Futura», la mostra-convegno sulla sostenibilità che si è chiusa ieri alla Fortezza da Basso di Firenze. La rassegna ha proposto nell’arco di tre giorni, un’area espositiva con 13 sezioni, 600 aree, 5000 realtà rappresentate; oltre 280 i convegni e seminari con quasi 1000 i relatori intervenuti, 250 i momenti di animazione e i laboratori per adulti e bambini. Promotori dell’evento sono Fondazione culturale Responsabilità Etica onlus per il sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale, insieme ai partner Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete e Legambiente, che danno appuntamento alla prossima edizione dal 25 al 27 maggio 2012. Tanti i temi al centro dei dibattiti: acqua, clima ed energia, informazione, diritto al cibo e giustizia alimentare, diritti e cittadinanza, economia e finanza, pace e sostenibilità. A chiudere la rassegna è stato un concerto di ‘El General’, il rapper e blogger tunisino tra i simboli della rivolta contro il regime. Hamada Ben Amor (questo il vero nome di ‘El General’ è anche finito in carcere per le sue canzoni nel gennaio scorso e rilasciato dopo cinque giorni grazie a una mobilitazione di cittadini. L’ultima giornata è dedicata, tra gli altri temi, alla primavera araba, il grande movimento di emancipazione che ha preso il via nel Maghreb, infiammando poi altre zone del mondo arabo, per chiedere a gran voce libertà e democrazia contro la tirannia dei regimi. Centrale il ruolo delle donne in queste lotte di liberazione partite dal basso. “Ci è stata impedita l’azione in ogni modo – ha raccontato Radhia Benhaj Zekri, presidente dell’Associazione delle donne tunisine per la ricerca sullo sviluppo -. Ci hanno vietato l’accesso allo spazio pubblico, siamo rimaste confinate in piccoli locali, la banca centrale ha bloccato i fondi alle ong e alle associazioni, e la polizia impediva alle giovani, nostra forza vitale, l’accesso alle sedi delle nostre organizzazioni. Così ci siamo dovute organizzare per sopravvivere e per restare operative. A differenza di altre rivoluzioni, quella tunisina è fatta di uomini e di molte donne, che hanno avuto un ruolo importante e all’avanguardia. E hanno pagato caro il loro impegno: sono state arrestate, ferite e uccise”.