Cultura & Società

COMUNICAZIONE: RAPPORTO CENSIS-UCSI, CRESCE IL CONSUMO MA SI AFFERMA UN «PRESS DIVIDE»

Crescono i “consumi mediatici” degli italiani, si espandono in particolare quei media la cui fruizione è gratuita, all’attenuarsi del “digital divide” si affianca l’affermazione di un “press divide”. Sono alcuni dei risultati dell’8° Rapporto sulla comunicazione Censis-Ucsi, “I media tra crisi e metamorfosi”, presentato questa mattina a Roma. Come già ricordato dalle recenti ricerche al riguardo, la televisione resta il mezzo centrale, utilizzato dal 97,8% della popolazione, con un affermarsi delle nuove forme di Tv: da quella satellitare (+8,1% nel biennio 2007-2009) al digitale terrestre (+14,6%), dalla Tv via internet (che passa dal 4,6% della popolazione al 15.2%) alla mobile Tv (guardata dall’1,7% degli italiani). Tuttavia i dati presentati, ha osservato il direttore generale del Censis Giuseppe Roma, mostrano che “la televisione tradizionale, pur restando centrale, perde la sua unicità e monoliticità”. Non solo perché con più modi di accedere alla Tv si crea “una competizione” e una “ristrutturazione dei consumi”, ma anche per l’affermarsi di strumenti differenti, vecchi e nuovi: la radio (+12,4% di utenti) da una parte, internet (+26,9%) e i cellulari (+12,2%) dall’altra.Tra il 2007 e il 2009, rileva la ricerca, è evidente “la generale espansione dei mezzi gratuiti e la sostanziale battuta d’arresto di quelli a pagamento”: fanno eccezione la tv satellitare e digitale, che continua a crescere, e i quotidiani on line (-3,4% nonostante la fruizione gratuita).I dati più significativi riguardano i cellulari e la carta stampata. Sui primi, a fronte di un uso complessivo che rimane pressoché stabile e che nel 2009 interessa l’85% degli italiani, si nota una crescita dell’utilizzo nelle sue funzioni di base a fronte di un crollo di smartphone (-15,8%) e videofonini (-7,2%, e ora con una percentuale di appena lo 0,8% di utenti). Nel triennio 2006-2009, invece, se il “digital divide” è passato dal 71% al 51,3% (ossia adesso il 48,7% degli italiani ha accesso a internet mentre tre anni fa era poco meno di un terzo della popolazione), è andato crescendo il numero di quanti non utilizzano la carta stampata (passato dal 33,9% al 39,3%). In particolare è quasi triplicata, arrivando al 12,9%, la percentuale di quanti utilizzano internet, ma non i giornali su carta, ed è significativo che tale incremento riguardi “uomini, giovani e istruiti”. “Non si tratta – ha rilevato Roma – solo di una questione di costi”, ma di una disaffezione verso lo strumento: il settore più incerto è quello dei quotidiani, dove il calo delle pubblicazioni a pagamento (-12,2%) non viene compensato dalla free press (+1%).“Il bisogno di avere, da parte del singolo, “una diretta accessibilità alle notizie” è il segnale di “un cambiamento profondo della nostra società” che è andato affermandosi in questo primo decennio del Duemila. Così il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, interpreta il crescente ricorso ai nuovi media e ai social network. “Sembra che il prefisso «ri» – riconoscere, ripensare, riflettere – venga eliminato”, ha aggiunto parlando alla presentazione dell’8° Rapporto sulla comunicazione Censis-Ucsi, “I media tra crisi e metamorfosi”, avvenuta questa mattina a Roma. Un’analisi che va al di là della “crisi della carta stampata”. “Oggi gli interessi si autorappresentano direttamente senza ricorrere alla mediazione delle grandi organizzazioni sindacali” o di categoria, ha osservato il sociologo facendo riferimento ai “big players” dell’economia. Tale “tendenza ad agire direttamente per i propri interessi – ha riconosciuto – è parallela a quella di accedere ai fatti senza mediazioni, né opinioni”. Si tratta di “avere tutto in prima battuta”, segno di un “processo radicale e profondo” in corso nella società.Sir