Cultura & Società
CULTURA, FIRENZE: CONFERENZA NAZIONALE ISTITUTI, CAMBIARE PER CRESCERE
L’eccesso di attenzione alla conservazione fa perdere la capacità di investire nella creatività. Dunque, è necessario ‘change to grow’, cioé cambiare per crescere, partendo dagli istituti per la cultura che devono porsi nei confronti dello Stato “non come questuanti ma come propositori”, non come elementi dicotomici del tessuto culturale ma come rappresentanti delle diversità. E’ cambiare per crescere il messaggio che viene dal VI congresso nazionale degli istituti di cultura che si è concluso oggi al teatro della Pergola di Firenze. Un consesso che ha visto affrontare temi diversi come quello dedicato alle politiche pubbliche del patrimonio culturale. E’ stato Michele Trimarchi, docente a Catanzaro e Bologna di economia della cultura, a lanciare l’ appello ad un cambiamento che porti ad apprezzare il “valore potenziale della creatività italiana”, uscendo dall’ “eccesso di conservazione” per favorire l’ investimento nella creatività. Si avverte sofferenza in settori che si ostinano a rimanere adesivi al passato: la lirica (“In Germania – dice Trimarchi – si danno più opere italiane di quanto in Italia si diano opere tedesche”), la danza e l’ editoria “che ancora si concepiscono come due secoli fa”. Dunque, che fare? “Incentivare la progettazione per attivare scambi con la società” risponde Massimo Pinchera del Centro italiano di ricerche d’informazione sull’ economia pubblica sociale e cooperativa. Per il presidente della Commissione cultura della Camera Pietro Folena quando si utilizza la cultura “la si moltiplica”. “La differenza tra la cultura e le altre merci – osserva – è che la cultura non produce rifiuti. Si moltiplica, é un valore aggiunto. Per questo sostengo da sempre che un euro pubblico per la cultura non è spesa ma è investimento”. Fair use, dice Folena: “un uso aperto della cultura è uno dei grandi temi utili anche per l’ innovazione degli istituti culturali” e in generale per le politiche culturali. “Gli eventi culturali hanno importanza – sottolinea Folena – ma se rimane un ‘eventismo’ e nello stesso tempo non c’é la possibilità di lasciare semi produttivi, officine culturali, si rischia solo di fare operazioni di caccia al consenso da parte delle amministrazioni locali”. Dunque, sottolinea Folena, “ci vuole un grande progetto per la cultura: ci stiamo lavorando, o meglio, ci stavamo lavorando e spero di poter lavorarci ancora: dalla musica all’ arte contemporanea, alle sovrintendenze, dalle biblioteche agli istituti culturali. Bisogna imparare a mettere in rete le istituzioni che oggi sono ottuse, abituate ad una logica frontale”. Parlando degli istituti culturali, Folena ha ricordato come “la diversità culturale deve essere promossa, difesa e tutelata. L’ idea ormai ventennale che tutto deve essere ridotto ad uno scontro dicotomico, tradisce i veri grandi filoni culturali che attraversano questo Paese. Difendere la pluralità degli istituti significa difendere la pluralità delle culture, che non si riducono mai ad una dicotomia”. (ANSA).