Cultura & Società
MOSTRE: DOPO RESTAURI ARRIVA A FIRENZE ‘ATLETA CROAZIA’, BRONZO DI ETA’ ROMANA RECUPERATO IN MAREA A LUSSINO
Ha la bellezza dei Bronzi di Riace e come i celeberrimi bronzi, sfigurato dal mare, ha dovuto subire anni di attente e meticolose cure. Ma certamente ne valeva la pena. Riportato all’antico splendore e corredato da tutta la documentazione che ne racconta la storia avventurosa e il miracoloso restauro, arriva il 1 ottobre a Firenze, unica tappa italiana, “L’atleta della Croazia”, l’imponente e raffinato bronzo di epoca romana recuperato in mare, qualche anno fa, davanti al porto di Lussino. Capolavoro prezioso, hanno sottolineato oggi a Roma il direttore dell’opificio opere dure di Firenze Cristina Acidini e il capo conservatore dei beni culturali della Croazia Miljenko Domijan, perché proprio come i Bronzi di Riace è una delle poche opere d’arte dell’antichità che ci sono state restituite dal Mediterraneo.
Ed è un’opera di straordinaria qualità formale, copia raffinata e pregevole di un archetipo greco oggi perduto. Così come affascinante e avventurosa, sebbene ancora difficile da ricostruire con certezza di particolari, è anche la storia che attraverso lunghissimi secoli, viaggi e peripezie, l’ha portata fino a noi.
Il restauro è stato lungo e molto difficile. Quando è stato ripescato dalle acque del porto di Lussino nel 1999, dopo essere stato individuato nel ’97 da un sommozzatore belga, l’atleta era irriconoscibile, simile ad un ammasso di pietra, la testa staccata dal tronco, gli arti in pessime condizioni. Anche per questo ha fatto notare Domijan, la collaborazione con i tecnici italiani, compreso Giulio Tordi che già aveva lavorato al restauro dei Bronzi di Riace, è stata preziosa e fondamentale. E alla fine i risultati hanno premiato gli oltre quattro anni di minuzioso lavoro dei tecnici dei due paesi, che hanno dovuto mettere a punto anche un sofisticato sistema (una sorta di anima interna) per rimettere in piedi la statua e collocarla come in origine su un piedistallo.
Alto quasi due metri (1,92) il bronzo raffigura un atleta nudo che con la mano destra doveva impugnare uno strigile, ovvero uno speciale strumento in bronzo con una sorta di lingua concava e arcuata usato dagli atleti per detergere l’olio di cui si cospargevano prima delle gare. Il tipo statuario è conosciuto da almeno otto repliche grandi e piccole di età romana, ha spiegato il direttore della sezione archeologica dell’Opificio Maurizio Michelucci. Tra queste la più significativa era sinora quella bronzea conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna, proveniente da Efeso, e doveva derivare quindi da un originale greco ben noto e ammirato nell’antichità. Purtroppo nel caso del bronzo di Lussino lo stigile purtroppo non c’é più. E quindi è difficile dire oggi qual è esattamente l’opera che l’atleta sta compiendo. L’ipotesi più accreditata vi riconosce però un “apoxyomenos”, ovvero un atleta che si sta togliendo via l’olio e il sudore dopo la gara, soggetto raffigurato anche dal grande Lisippo intorno al 325 a.C., anche se nel caso dell’Atleta della Croazia, la statua greca dalla quale è stato derivato il bronzo, dovrebbe essere un po’ più antica, realizzata intorno al 360 a.C. forse da Dedalo di Sicione o da Policleto il Giovane.
L’atleta che vedremo a Firenze invece, ha spiegato Michelucci, dovrebbe essere stato realizzato intorno alla metà del I secolo a.C, dunque in età repubblicana, non in Grecia bensì in qualche ricca città dell’Asia minore, forse su committenza di qualche ricco signore, ma non venne subito esposto forse perché c’erano stati problemi nella fusione. E potrebbe essere stato abbandonato per più di un secolo, forse rotto, sicuramente non più in piedi, tanto che un topolino (la presenza del roditore è stata documentata dalle analisi) si sarebbe allestito al suo interno una comoda tana. Un secolo e mezzo più tardi però qualcuno deve aver deciso di restaurare la statua (anche le prove di questo ritocco sono emerse durante i restauri) per poi spedirla via mare, destinata forse alla villa di qualche facoltoso patrizio lungo la costa dell’attuale croazia, dove non arrivò mai. Era il 110 d.C. La nave che trasportava la preziosa statua incappò probabilmente in una tempesta e il prezioso ma pesante carico finì in mare, chi sa, forse proprio gettato dai marinai per alleggerire l’imbarcazione.
Allestita a palazzo Medici Riccardi, la mostra, che oltre allo straordinario recupero illustra anche i risultati delle ricerche storico archeologiche sul modello originale, sarà aperta dal 1 ottobre fino al 30 gennaio 2007. (ANSA).