Cultura & Società
BAMBINI E TV: LA GUERRA NEI LORO OCCHI, «NON NASCONDERE LA REALTÀ E ACCOMPAGNARLI»
Nel decennio 1990-2000 circa 2.100.000 mila bambini sono morti a causa della guerra e nella sola giornata di oggi la stessa sorte è toccata a 547 bambini in tutto il mondo. Spesso queste immagini drammatiche passano sul piccolo schermo, mentre dall’altra parte le statistiche stimano che in Italia 3 milioni di bambini tra i 4 e i 14 anni rimangono ore davanti alla tv a guardare scene di guerra. Sono i dati forniti durante il convegno “La mela di Biancaneve. Variazioni sul tema I bambini e la televisione'” che si è svolto oggi a Firenze per iniziativa del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione tv e minori, dal Corecom della Toscana e dal corso di laurea in media e giornalismo dell’Università di Firenze. In una tavola rotonda dedicata proprio alla “guerra in tv e gli occhi dei bambini” si sono confrontati inviati di tg, esperti di mass media e rappresentanti delle famiglie. L’inviata del Tg1 Tiziana Ferrario ha parlato di “guerre raccontate solo dalla parte di chi le fa, non dalla parte di chi le subisce, come le donne e i bambini”. Al difficile interrogativo su come raccontarle ai bambini presupponendo che dietro le guerre ci sono scelte politiche che costringono i giornalisti a “etiche diverse” – ha risposto citando il consiglio di un noto neuropsichiatria infantile: “Ai bambini non bisogna nascondere la realtà ma dare sempre delle vie d’uscita. Non lasciare che assorbano solo le negatività ma far capire loro che possono fare qualcosa per aiutare gli altri”. Senza tacere sulle responsabilità dei giornalisti Ferrario ha invitato i genitori “a controllare ciò che si fa vedere ai figli””, mentre Luisa Santolini, presidente del Forum delle famiglie, ha ricordato il “diritto delle famiglie a non essere aggredite”. Sul come conciliare diritto di cronaca e diritti dei bambini Santolini ha ricordato la proposta del Forum a “far sì che le famiglie partecipino alla qualità dei programmi”. Secondo Carlo Sorrentino, dell’Università di Firenze, “non possiamo che raccontare il mondo che attraverso la finitezza, da qui l’inadeguatezza della tv e degli altri media”.
“La tv non si può fare con spensieratezza”, ha detto nelle conclusioni Emilio Rossi, presidente del Comitato, “ciascuno deve sentirsi responsabili per la sua parte”. “E guai se pensassimo di vivere solo di tv ha avvertito -, perché non si vive solo della mela, ma anche della famiglia, della scuola, della chiesa, della lettura dei quotidiani, dello stadio, dei concerti, delle biblioteche, delle associazioni. Tutto ciò che può fare ricca la vita. E non credo che la casa del Grande fratello sia un’esemplare di casa ricca”.
Nelle discussioni teoriche c’è chi ha denunciato la tv per “aver ucciso la realtà attualizzando tutti i dati e trasformandoli in informazione”, come ha evidenziato Angela Nava, presidente del Coordinamento genitori democratici. O chi l’ha accusata di fornire immagini stereotipate: “I bambini vengono pensati come un genere, non come individui ha osservato Omar Calabrese, presidente del Corecom della Toscana -. Tra i tanti luoghi comuni presenti in tv c’è l’ingenuità dei bambini, l’eccesso di vezzeggiamento, il linguaggio informe attribuito loro. Così rischiamo di costruire una grande società dell’ipocrisia”.
Silvia Pezzoli, dell’Università di Firenze, ha invece puntato il dito sulla “infantilizzazione degli adulti”, osservazione confermata da Gianfranco Noferi, direttore di RaiSat ragazzi, che riscontra anche nei programmi per adulti una “informazione bambinesca”, con “proposte televisive in cui le generazioni non esistono più”. Da alcuni dati forniti durante il convegno risulta che il 99% dei bambini sotto i 6 anni vede la tv, soprattutto nella fascia serale. Da qui la messa in discussione dell’utilità dei programmi pomeridiani per ragazzi, visto che a quell’ora sono quasi tutti a scuola.