Vita Chiesa
Massa Carrara-Pontremoli, ben quattro presepi per il primo Natale da vescovo di fra’ Mario Vaccari
«Quest’anno è il mio primo Natale da vescovo. Il 24 a pranzo, come sempre, sarò a Genova con i miei fratelli e le loro famiglie, con tanti nipoti e anche pronipoti: è bello perché ci sono tre generazioni; purtroppo manca quella dei miei genitori che non ci sono più. Poi, Maria e Giuseppe che non trovano posto nell’albergo e vanno in una grotta riscaldata dagli animali mi riportano all’idea della povertà che il Figlio di Dio ha assunto, che ha voluto toccare con mano: così per la Messa di Natale del giorno sarò nel carcere di Massa; mi avevano invitato per il 26 ma ho proposto il 25 perché per i detenuti è certamente più significativo. La sera invece celebrerò una Messa solenne a Pontremoli; anche i giorni successivi saranno densi di celebrazioni nelle diverse parrocchie in cui mi chiamano».
Così Mario Vaccari, nominato da nemmeno un anno vescovo di Massa Carrara-Pontremoli, ci racconta come sarà la sua prima Natività alla guida di una diocesi. 64 anni il prossimo 5 febbraio, laureato in Economia e commercio ed ex commercialista, ha avuto come si suol dire una «vocazione adulta» che lo ha portato a entrare nell’Ordine dei Frati Minori nel 1991, a emettere la Professione solenne nell’aprile 1997 e a essere ordinato sacerdote l’anno seguente, nella festa dell’Immacolata. Il suo ingresso a Massa come vescovo risale allo scorso 22 maggio.
I suoi ricordi dei Natali dell’infanzia sono simili a quelli di tanti altri bambini: CSiamo – racconta – tre fratelli, con una sorella più grande e due maschi nati a circa un anno e mezzo di distanza l’uno dall’altro, in una famiglia dove si poteva trovare amore reciproco. Si preparavano sia il presepe che l’albero di Natale e alla vigilia c’era l’attesa dell’attesa, cioè del momento in cui si andava a letto lasciando una ciotola di latte e del pane e al mattino in pigiama si andava sotto l’albero, si trovavano i regali, poi si scartavano ed era proprio una festa con i genitori e i fratelli. Da piccoli andavamo a Messa nella tarda mattina poi abbiamo cominciato ad andare anche alla Messa della notte, quindi ci sono i ricordi del clima di festa in parrocchia». C’era però come un dono in più, legato alla presenza del padre: «Vivevamo a Genova ma mio papà lavorava a Ponzano Magra, anche il sabato, quindi di solito tornava solo per la domenica ma per il Natale restava tanti giorni quindi era anche un’occasione per stare più tempo insieme. Poi c’erano anche i miei zii che abitavano al nostro stesso piano: uno era medico e anche nostro pediatra; c’era molta confidenza e andavamo avanti e indietro da una casa all’altra». E c’erano anche le vacanze sulla neve: «Di solito qualche giorno dopo il Natale si partiva per la montagna, che all’inizio, per uno che stava al mare come me, faceva quasi paura, finché pian piano abbiamo cominciato a sciare. Restavamo finché non ricominciava la scuola, dopo l’Epifania. Con l’adolescenza e l’Università ho cominciato ad andarci anche assieme agli amici, con una certa autonomia».
«La mia famiglia – continua mons. Vaccari – era religiosa ma non eravamo inseriti in gruppi né in parrocchia in maniera forte; non ho avuto un percorso parrocchiale classico». Nonostante questo a un certo punto la sua vita ha una svolta, perché dopo 7 o 8 anni di lavoro come commercialista, vivendo anche da solo, alla soglia dei 30 anni arriva la vocazione. E, tra tante cose, anche il suo Natale cambia: «Cominciando a vivere il Vangelo in modo più radicale ho sostituito la montagna con gli incontri internazionali di Taizé, che erano proprio nel periodo dopo Natale e Capodanno: sono andato diverse volte sia a Roma che in Polonia e in Cecoslovacchia. Poi ho cominciato a frequentare la Caritas, alcuni ambienti poveri di Genova e quindi i giorni in cui non lavoravo erano dedicati a festeggiare con queste realtà un po’ più svantaggiate ed escluse. Man mano che cresceva la mia fede passavo il Natale così, poi con i frati è stato ancora un’altra cosa». La gioia del ritrovarsi in famiglia la vive da allora con il pranzo del 24 dicembre, come ricordato all’inizio. Ma nei giorni scorsi, a livello di affetti e amicizie, c’è stata anche una sorpresa a precedere questo suo primo Natale da vescovo: «Una cosa molto bella e particolare, che non mi aspettavo», esclama. «Due miei ex compagni di classe del liceo classico hanno recuperato tutti gli altri, tranne qualcuno che purtroppo è mancato, e abbiamo fatto un pranzo a Genova poi ci siamo fatti gli auguri. Trovarsi dopo 40-50 anni è stato bello; abbiamo ritrovato un legame fortissimo tanto che non finivamo più di raccontarci le cose e non riuscivamo a lasciarci».
E un’altra bella sopresa ha riguardato il presepe di casa: «Siccome un religioso – spiega il vescovo Mario – quando esce dal convento non si porta via niente, a parte i suoi effetti personali, mi sono ritrovato senza presepi e allora giorni fa ho lanciato un appello… Così adesso ho ben quattro presepi, di cui uno fatto da un napoletano che ha preso un tronco trovato sulla spiaggia e lo ha confezionato apposta per me con tutti i personaggi tipici napoletani. Al secondo ha provveduto un prete che ha anche raccolto il muschio e mi ha mandato tutto per farlo, poi una signora che lavora giù nella curia me ne ha fatto uno dentro una specie di campana di vetro; infine me ne hanno regalato uno già pronto. Li ho messi nelle varie stanze e anche nella cappella».
In poche parole come dovrebbe essere, chiediamo, il Natale di un vescovo? «Innanzitutto vissuto in prima persona – replica mons. Vaccari – con l’aiuto sia della liturgia che dalla preghiera. Poi il più possibile vicino alle persone sofferenti, perché vorrei vivere anch’io, come pastore della Diocesi, questa incarnazione del figlio di Dio che si è fatto uomo vicino alle persone più povere». Ma è anche la festa dei più piccoli, c’è o c’è stato qualcosa di particolare per loro? «Ho presieduto – risponde – una bella celebrazione la settimana scorsa con i bimbi delle tre scuole cattoliche di Massa che insieme a insegnanti e genitori hanno riempito la cattedrale. Ho fatto l’omelia andando in mezzo a loro con il microfono e li ho trovati molto attenti e preparati, mi hanno risposto a tante domande».
Gli ultimi giorni prima della festa saranno naturalmente dedicati anche a fare gli auguri, a cominciare dai confratelli vescovi e dai suoi sacerdoti. Non può certo mancare un augurio speciale ai nostri lettori… «Auguro a tutti – conclude mons. Vaccari – di poter vivere nella propria vita, nelle famiglie, nelle comunità questo movimento di discesa del figlio di Dio che non ha considerato un tesoro geloso la sua divinità ma si è svuotato per assumere la nostra umanità fino in fondo a partire da quella più povera e certamente anche quella peccatrice: quindi viene ad abitare nelle nostre zone di ombra, nelle zone oscure dove c’è bisogno davvero di redenzione, di una novità di vita che può essere espressa con le parole di pace, conciliazione e giustizia: ecco, io credo che il senso profondo del Natale sia questo. Quindi auguro a tutti di vivere questo movimento di discesa verso il basso, ciascuno nella propria situazione».