Vita Chiesa

Diocesi Firenze: card Betori a nuovi diaconi, “siate da una parte legati a Cristo dall’altra consegnati ai fratelli e alle sorelle”

L’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, ha ordinato questo pomeriggio sei nuovi diaconi, cinque dei quali stanno avvicinandosi così al ministero del sacerdozio mentre il sesto ha completato il cammino per il diaconato permanente.

Di seguito l’omelia pronunciata dall’arcivescovo

La preghiera del re Salomone, al momento in cui inaugura il tempio di Gerusalemme, ci assicura che Dio pone il suo nome, la sua presenza, tra le mura dell’edificio che gli viene consacrato. Gesù nel vangelo dice alla samaritana che «Viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre» (Gv 4,21). L’ora a cui rinvia Gesù è quella della sua Pasqua, quando il suo corpo immolato sulla croce e trasfigurato nella risurrezione diventa il luogo della presenza di Dio al mondo. La nostra adorazione è rivolta alla persona del Figlio di Dio fatto carne, in cui trascendenza e immanenza si fanno uno e Dio diventa presenza trascendente all’umanità. L’adempimento della salvezza in Cristo ha forse mutato radicalmente il nostro approccio a Dio, negandoci la possibilità di dare concreta visibilità alla sua presenza tra noi? È un interrogativo da sciogliere per non rinnegare la volontà dei nostri padri di erigere questo edificio come luogo del nostro incontro con Dio e di farlo così bello perché fosse un riflesso umano della sua gloria divina.

La proposta che Gesù ci guida in questo mistero: «Viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4,23). Intendiamo bene queste parole, perché esse non giustificano affatto una spiritualità puramente interiore, uno spiritualismo disincarnato che rifugge dal mondo e dai suoi segni. Lo Spirito per il vangelo di Giovanni non è il contrario della realtà esteriore, ma la forza divina che redime l’uomo e lo solleva dalla sua impotenza. E la verità è Gesù stesso, la rivelazione di Dio nella persona del suo Figlio. Il culto in spirito e verità è il culto dell’uomo nuovo che ha accolto la parola di Dio che è Gesù e si è lasciato trasformare dal suo Spirito. Proviamo a leggere tutto questo alla luce della parola di Paolo per cui «il Signore è lo Spirito» (2Cor 3,17), dove diventa chiaro che la vera spiritualizzazione per un cristiano è l’incarnazione.

              Su questa tensione tra trascendenza e presenza si edifica la fede cristiana. È la consapevolezza di come Dio è oltre ogni possibile nostro pensiero ed esperienza, ma al tempo stesso di come Dio si è fatto vicino a noi, fino a diventare uno di noi, fino a rendere noi connaturali a lui. Questo fa sì che i discepoli di Gesù siano parte di questo mondo, ma al tempo stesso siano testimoni di come esso è destinato a una meta che lo oltrepassa, vivendo nel mondo come «stranieri e pellegrini» (1Pt 2,11). Tutto ciò si esprime nel fatto che ciò che fa di questo edificio un luogo dell’incontro con Dio è che esso ospita una Chiesa, il corpo di Cristo che siamo noi, quello sacramentale e quello mistico, ma a sua volta questa Chiesa sente il bisogno di mostrare nei segni il suo essere luogo della presenza di Dio nel mondo.

              La stessa logica di rivelazione e incarnazione, di trascendenza e di storicità presiede alla comprensione cristiana dei ministeri, in particolare del ministero dell’Ordine sacro, che è strumento speciale del farsi presente di Dio tra gli uomini. Su questo dobbiamo riflettere mentre accogliamo questi nostri fratelli nel diaconato.

Il ministero che vi viene conferito, cari Bernardo, Filippo, Francesco, Giovanni, Shalo e Vincenzo, vi inserisce nel mistero stesso di Cristo, Servo del Signore, venuto a comunicare agli uomini il dono della salvezza, e nel contempo vi destina a mettervi al servizio di tutti come promotori della carità nel popolo di Dio. Da una parte legati a Cristo, dall’altra consegnati ai fratelli e alle sorelle, dovrete vivere in voi questa duplice appartenenza alla trascendenza divina e all’immanenza umana, senza tradire nessuna delle due e facendone sintesi in voi, con una vita in cui il dialogo con Dio dovrà intrecciarsi con l’ascolto dell’umanità.

Abbiamo bisogno di un ritorno sempre più coerente a Cristo e a lasciarci guidare da lui in un esercizio perfetto del dono di noi stessi a tutti. È l’anima del vostro servizio ma è al tempo stesso l’orizzonte in cui si pone il servizio formativo del nostro Seminario, di cui oggi celebriamo la Giornata, il servizio che esso svolge verso i giovani che si preparano al sacerdozio, che invochiamo dal Signore numerosi, soprattutto motivati, pronti a lasciarsi plasmare da lui.

              Ci ha ricordato l’apostolo Pietro: «ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio» (1Pt 4,10). Cari fratelli che ci chiedete di essere ordinati diaconi, il ministero non è per voi, ma per i vostri fratelli e sorelle; esso va però custodito da ciascuno come un dono ricevuto e non come un traguardo raggiunto. Ciò che farete nel servizio che vi verrà richiesto lo farete «con l’energia ricevuta da Dio», e questo «perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (1Pt 4,11). Sia la vostra vita trasparenza di Dio, rivelazione della sua trascendenza e del suo amore che si fa storia.

              Una parola, per concludere, per collocare questa celebrazione nel contesto del Cammino sinodale che la Chiesa universale e italiana ci invita a vivere. Esso vuole indirizzare la nostra Chiesa verso un atteggiamento di maggiore ascolto e più intensa partecipazione, al suo interno e verso l’esterno. Mentre ricordiamo come questo luogo sia stato dedicato a Dio, prendiamo coscienza che questa conversione della Chiesa a un sentire più comunionale e più missionario ha la sua radice in una dedicazione più profonda di noi stessi a Dio e al suo Spirito. Lo chiediamo in particolare per voi mentre vi esprimiamo la nostra gratitudine per la vostra generosa dedizione.

 

Giuseppe card. Betori