Vita Chiesa
Sabato la Messa per Giorgio La Pira, in un libretto le sue parole sulla pace
Sabato 5 novembre, 45° anniversario della morte di Giorgio La Pira, si ripete l’annuale appuntamento con la Messa celebrata nella basilica di San Marco, a Firenze, dove è stato trasferito il suo corpo mortale nel 2007. La concelebrazione eucaristica, alle ore 18, sarà presieduta dal vescovo di Prato. mons. Giovanni Nerbini che ha conosciuto personalmente il Professore, quando questi era ospite di Casa Gioventù, dell’Opera Villaggi di Pino Arpioni.
Per questo anniversario la Fondazione La Pira ha curato un libretto (che verrà distribuito ai partecipanti alla Messa) dal titolo «…e pace in terra agli uomini di buona volontà», che ripropone alcuni brani dell’enciclica di Giovanni XXIII «Pacem in terris» (11 aprile 1962), i commenti rilasciati in quei giorni da La Pira e due interventi recenti di Papa Francesco sul conflitto tra Russia e Ucraina e, più in generale, sul pericolo di un olocausto nucleare e sulla necessità del disarmo.
Nell’introduzione al fascicolo viene indicato il «filo rosso» che lega tutti questi testi. «Stiamo vivendo per certi versi un periodo analogo» a quello del 1962, quando da poco si era sfiorata la guerra nucleare per la crisi dei missili sovietici a Cuba, scrive la Fondazione La Pira. «La guerra, che pensavamo bandita almeno tra i paesi europei, insanguina da oltre otto mesi il nostro continente, provocando lutti da entrambe le parti, violenze inenarrabili contro i civili, distruzioni di ogni sorta». Da qui la ferma convinzione che, «come sostenne La Pira nel caso del conflitto vietnamita», si debba oggi «adottare l’interdictum del giurista romano Gaio vim fieri veto», ponendo fine ad ogni violenza e aprendo la strada «ad una Conferenza internazionale per affrontare la globalità dei problemi». «Di fronte all’ondata di “bellicismo” che sembra non placarsi, arrivando perfino ad ipotizzare l’uso dell’arma nucleare, – conclude la Fondazione La Pira – solo papa Francesco alza la sua voce per denunciare l’assurdità della guerra» e chiedere che «tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili».